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Update per il Pediatra
Infettivologia

Resistenza agli antibiotici: il passato potrebbe essere una risorsa da valorizzare

25 Set 2023
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dott. Antonio D’Avino
Pediatra di famiglia, Presidente nazionale Federazione Italiana Medici Pediatri (FIMP)

 

La resistenza agli antibiotici (ABR) è considerata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità una fra le tre più importanti minacce per la salute pubblica del XXI secolo, insieme alla crisi climatica e alla tendenza a rifiutare i vaccini. Alla luce della situazione attuale, le domande di seguito proposte permetteranno di poter tracciare una riflessione approfondita su tale tematica e la possibilità di mettere in luce alcuni punti chiave, utili forse anche per uno scenario futuro.

 

Perché l’abuso di antibiotici e la conseguente selezione di batteri resistenti resta una criticità quanto mai sentita anche in Pediatria, soprattutto in tema di infezioni respiratorie?

Innanzitutto è bene ricordare che le infezioni respiratorie sono normalmente distinte in base alla localizzazione: alta (distretto nasale, faringe, orecchio medio e laringe) e bassa (bronchi e polmoni) e comportano delle notevoli implicazioni socioeconomiche, in particolare per quanto riguarda la perdita di ore di lavoro dei genitori e l’assenteismo scolastico. Nelle infezioni delle alte vie aeree la prescrizione di antibiotici è spesso inappropriata, in quanto nell’80% dei casi l’eziologia è virale (Coronavirus, Rhinovirus, Adenovirus, virus parainfluenzali e virus respiratorio sinciziale sono i patogeni più noti): i batteri entrano in gioco soprattutto nelle infezioni complicate e croniche. Inoltre, la maggior parte delle infezioni si autolimita e non richiede dei trattamenti specifici: spesso sono i genitori a sollecitare gli antibiotici in contesti che richiederebbero soltanto una vigile attesa. Diversa è naturalmente la situazione di bambini che, per problematiche specifiche, quali per esempio immunodeficienze, sono esposti a un maggior rischio di forme gravi con decorso prolungato.

 

Lo scenario che si delinea per il futuro è reso ulteriormente problematico dalla carenza di nuovi antibiotici: può essere il caso di rivalutare molecole consolidate?

In effetti, all’orizzonte non si profilano delle innovazioni di rilievo per quanto riguarda gli antibiotici e questo richiama ancora una volta la problematica dell’inappropriatezza: gli antibiotici dovrebbero essere prescritti soltanto dopo la dimostrazione dell’effettiva eziologia batterica di un episodio infettivo e non su base empirica. Poiché nella pratica non è facile il raggiungimento di questo obiettivo, un’alternativa praticabile potrebbe essere l’utilizzo di principi che, per quanto datati, hanno mantenuto un proprio ruolo nell’armamentario terapeutico e offrono al pediatra il duplice vantaggio di maneggevolezza e di tollerabilità.

 

Come si potrebbe convincere il pediatra di famiglia a “guardare al futuro ricapitalizzando l’eredità del passato”?

Proprio questo argomento potrebbe diventare uno spunto per nuovi progetti di ricerca clinica, grazie alla disponibilità di centinaia di pediatri sperimentatori in grado di costruire una rete di sentinelle territoriali. Del resto in altri ambiti, quale per esempio la Dermatologia, proprio per contrastare l’ABR si fa spesso ricorso a molecole storiche, con un razionale di alternanza e di sistematica rotazione temporale: lo stesso criterio potrebbe trovare applicazione anche in altri campi, come quello infettivologico, sulla base dell’acquisizione di evidenze ad hoc, in grado di rivalutare principi attivi datati ma non per questo privi di interesse e soprattutto di potenzialità.

 

Si può fare qualche esempio concettuale?

Il pediatra, come accennato, si ritrova talvolta sotto una pressante richiesta di terapia antibiotica, che viene spesso intesa dai genitori, sempre meno disposti ad accettare i tempi fisiologici imposti dal tipico decorso di un’infezione, come una sorta di panacea. L’utilizzo di classi e di principi attivi differenti da quelli attualmente gravati da tassi elevati di resistenza, quali per esempio chemioterapici ad azione battericida, potrebbe assicurare in ogni caso efficacia nella gestione di alcuni patogeni e, quando per esempio impiegati per via rettale, contribuire a superare i noti problemi di palatabilità di altri preparati, oltre a ovviare alle oggettive difficoltà di somministrazione in caso di inappetenza, nausea o vomito o magari di bambini piccoli o poco collaboranti. Un’ulteriore opportunità per il pediatra, sempre legata alla prescrizione di farmaci “maturi”, potrebbe essere proprio quella di promuovere una sensibilizzazione sull’ABR: la comunicazione con i genitori è un presupposto essenziale nella pratica quotidiana e, in questo caso, diventa anche un efficace veicolo di cultura e un prezioso strumento di educazione sanitaria, che, attraverso una diffusione capillare e autorevole nelle famiglie, può diventare uno spunto di correzione di atteggiamenti sbagliati e associati a conseguenze di proporzioni planetarie, come l’abuso di antibiotici.

 

Bibliografia di approfondimento

 

 

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