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Salute e Sanità

Nuove linee guida americane spiegano al pediatra come promuovere uno stile di vita sano

11 Apr 2024
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a cura di Piercarlo Salari, pediatra e divulgatore medico scientifico – Milano

 

In passato la “vita all’aria aperta”, come probabilmente ricorderanno i pediatri con maggiore esperienza, rientrava spesso tra le prescrizioni, con pari dignità delle terapie farmacologiche: una raccomandazione incontrovertibile, suggerita dalla saggezza popolare e scientificamente validata dall’efficacia sinergica di attività motoria ed esposizione al sole, quest’ultima fondamentale per la sintesi della vitamina D. L’attenzione e la promozione di un corretto stile di vita sono purtroppo scemate negli ultimi decenni, per riacquistare oggi un rinnovato interesse. Non sorprende perciò la recente pubblicazione di un “clinical report” dell’Accademia Americana di Pediatria, mirato a fornire delle specifiche direttive per contrastare e per prevenire i fattori di rischio di malattie fisiche e mentali notoriamente favorite da errori comportamentali sempre più diffusi sin dalle prime epoche di vita. Errori che attualmente non sono più circoscritti alle scelte alimentari, ma che permeano tutti gli ambiti della quotidianità.

 

Perché occorrono delle linee guida aggiornate

Il nuovo clinical report sostituisce il precedente, pubblicato 9 anni fa, e sottolinea la centralità del pediatra nella promozione di uno stile di vita dinamico e sano in tutte le finestre dell’età evolutiva, in una prospettiva multidimensionale e nell’ambito di un modello socio-ecologico (in relazione ai determinanti sociali della salute, che si declinano in più livelli: individuale, interpersonale, istituzionale, comunitario e giuridico). Nella realtà americana – dalla quale quella europea non appare poi così distante – l’emergenza sociosanitaria non è più rappresentata soltanto dall’incremento dei casi di obesità, ma anche dalla concomitanza e dalla sovrapposizione di complesse problematiche biopsicosociali, gravate da ricadute sia cliniche sia psichiatriche. Emerge dunque la necessità di fare chiarezza, sia ridefinendo le strategie di prevenzione sia scardinando i messaggi e i falsi miti salutistici sdoganati e amplificati dai media.

 

Dalla valutazione della crescita alla prevenzione dell’obesità

La crescita, intesa come sviluppo psicofisico, è un indicatore fondamentale di salute nei bambini e negli adolescenti e richiede pertanto un monitoraggio sistematico, con un particolare riguardo al contesto familiare e a eventuali indizi rilevanti, quali per esempio lo stato di povertà, l’incremento ponderale eccessivo nel primo anno di vita (suggestivo di rischio di sviluppo successivo di obesità) o troppo rapido nelle epoche successive, l’esposizione prenatale al fumo, il tempo di sonno breve, la depressione, le difficoltà di sviluppo con comparsa di disabilità, un’alimentazione ipercalorica e l’impiego eccessivo di antibiotici nei primi due anni di vita. Nell’ambito del peso corporeo è importante l’impiego di un linguaggio corretto e rispettoso, al fine di evitare stigmatizzazione e pregiudizi: per esempio, l’espressione “bambino con obesità” è preferibile a “bambino obeso”, come pure è raccomandato l’impiego di termini positivi e motivanti al posto di valutazioni percepite come denigratorie e colpevolizzanti. L’approccio è sempre centrato sulla famiglia e spetta al pediatra non soltanto veicolare messaggi e modelli corretti a tutti i caregiver, ma anche saper personalizzare e rendere assertivo il proprio stile di comunicazione, proponendo ai genitori, più che delle soluzioni immediate, dei modelli comportamentali autorevoli e coinvolgenti.

 

Dall’attività fisica alla salute mentale

Se l’alimentazione corretta del bambino presuppone un’adeguata formazione e informazione di base dei genitori, per promuovere uno stile di vita sano e attivo occorre prestare attenzione ad altri aspetti fondamentali. Il primo è naturalmente l’attività fisica, a cui nella fascia d’età 3-5 anni si dovrebbero destinare 15 minuti ogni ora e, nelle epoche di vita successive, almeno 60 minuti al giorno (3 volte a settimana in caso di attività di intensità moderata o vigorosa). Nel corso dell’infanzia compito essenziale del pediatra è quello di stimolare lo sviluppo della motricità grossolana, l’“alfabetizzazione corporea” e la pratica non tanto di uno sport singolo, ma di più attività strutturate, di gradimento per il bambino e ancor più per l’adolescente. Per quanto riguarda il sonno, valgono le raccomandazioni dell’American Academy of Sleep Medicine e della National Sleep Foundation, che indicano la durata ottimale in relazione all’età e invitano il pediatra a fornire delle indicazioni ai genitori e a trattare opportunamente eventuali disturbi. Lo “screen time” e il corretto utilizzo dei device rappresentano un altro elemento di particolare rilevanza, sia per contrastare la sedentarietà e prevenire l’obesità, sia per trarre i migliori vantaggi dall’impiego – ormai inevitabile – della tecnologia, sia per evitare possibili ripercussioni di un abuso sulle performance scolastiche, sull’autostima, sul tono dell’umore e, più in generale, sulla sfera emotiva e relazionale. È evidente che l’impegno del pediatra deve essere complementato dai servizi e dalle istituzioni, ma l’obiettivo delle linee guida è quello di evidenziare il suo ruolo nel fornire alle famiglie il supporto e la spinta motivazionale, affinando la capacità di anticipare i bisogni e di creare, ove necessario, le condizioni predisponenti a un cambiamento comportamentale.

 

Conclusione

Benché elaborate in uno scenario caratterizzato da delle specifiche peculiarità, necessità e fragilità sociali, strutturali e assistenziali, nelle linee guida americane si ritrovano numerosi spunti e potenzialità applicative anche per la nostra realtà nazionale. In particolare, si possono trarre due conclusioni generali: innanzitutto l’obesità non si configura più soltanto come una problematica clinica da gestire e da prevenire, bensì come la manifestazione emblematica di una condizione di alterazione e di sofferenza fisica e psico-comportamentale, promossa da una complessa multifattorialità. A livello speculativo si può affermare che essa sia la più concreta espressione del mancato raggiungimento degli obiettivi di salute e, pertanto, la misura di un fallimento a cui i pediatri per primi devono cercare di porre rimedio. In secondo luogo, a corollario di tale affermazione, va sottolineata la necessità di un approccio educazionale in senso olistico, ossia mirato a tutti i componenti dello stile di vita. Un approccio che soltanto il pediatra, forte della conoscenza della storia clinica del proprio paziente, ma anche del suo ambiente familiare, può essere in grado di perseguire con la dovuta sistematicità, persistenza e accortezza.

 

Riferimenti bibliografici

 

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