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Salute e Sanità

L’allattamento al seno può proteggere (anche) dalla leucemia

10 Giu 2024
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a cura di Piercarlo Salari, pediatra e divulgatore medico scientifico – Milano

 

 

I bambini allattati esclusivamente al seno per almeno tre mesi hanno un minor rischio di sviluppare, nel corso dell’infanzia, leucemia linfoblastica acuta (ALL), la neoplasia più frequente in questa fascia d’età. È la conclusione di un ampio studio di coorte prospettico danese, mirato a verificare osservazioni e dati della letteratura emersi da delle precedenti metanalisi e indagini che avevano già teorizzato un possibile effetto onco-protettivo dell’allattamento materno.

 

La metodologia

Lo studio ha esaminato i dati relativi a oltre 318mila bambini, rappresentativi del 45% dei nati tra gennaio 2005 e dicembre 2018, nel contesto del registro nazionale (il Danish Civil Registration System), che sono stati monitorati fino al 31 dicembre 2020 relativamente all’insorgenza di malattie oncologiche e stratificati in rapporto alla modalità di allattamento e, in particolare, alla durata di quello materno.

 

I risultati

Nel corso del follow-up, pari a 1.679.635 anni-persona, le neoplasie diagnosticate sono state 332 (0,1%) in 194 maschi e 138 femmine, con età media alla diagnosi di 4 anni: 124 (37,3%) sono stati i tumori ematologici, 44 (13,3%) quelli del sistema nervoso centrale, 80 (24,1%) i tumori solidi e 84 (25,3%) le neoplasie maligne di altra natura. I due terzi dei tumori ematologici erano rappresentati dalla ALL.
Rispetto all’intera coorte, i principali elementi caratterizzanti il profilo dei bambini con diagnosi di neoplasia sono risultati il non essere primogenito, l’età della madre superiore a 35 anni e una durata dell’allattamento al seno inferiore a tre mesi (rilevata in un terzo dell’intera popolazione reclutata nello studio). Come anticipato, l’analisi statistica ha evidenziato che l’allattamento al seno esclusivo, se praticato per almeno tre mesi, ha conferito un vantaggio aggiuntivo in termini di riduzione del rischio di ALL nella fascia d’età compresa tra 1 e 14 anni. Tale effetto non è stato invece osservato per il rischio di tumori del sistema nervoso centrale o di tumori solidi. I dati confermano quindi le osservazioni emerse dai dati aggregati di precedenti studi caso-controllo internazionali, riguardanti una popolazione complessiva di oltre 10mila bambini affetti da ALL.

 

L’interpretazione dei dati

L’aspetto più interessante dello studio danese è la spiegazione dell’effetto onco-protettivo dell’allattamento al seno, che gli autori hanno attribuito al suo impatto preventivo nei confronti di una possibile disregolazione immunitaria. Va ricordato che il latte materno conferisce una protezione passiva nei confronti di agenti infettivi ed eventi flogistici grazie al trasferimento di anticorpi e alla modulazione del microbioma intestinale del bambino, elemento chiave per la maturazione del suo apparato difensivo.
Tale ambito di ricerca è dunque di particolare interesse per la Pediatria attuale, che identifica nell’intestino il principale organo immunitario e nella flora batterica che colonizza il tubo digerente – condizionata a sua volta dalla modalità di allattamento – un fattore in grado di plasmare e di orientare la risposta immunitaria sin dalle prime epoche di vita. Tra l’altro, sulla base di un modello sperimentale animale, si è anche ipotizzato che nei topi predisposti lo sviluppo di leucemia potrebbe essere innescato da una perturbazione del microbioma intestinale indotta da antibiotici e non necessariamente da eventi infettivi.
Va inoltre sottolineato che dallo studio danese non sono emerse correlazioni tra il rischio di leucemia e le modalità del parto, primo determinante della composizione del microbiota intestinale: un’osservazione, questa, che richiama ulteriormente l’attenzione del pediatra a una valenza aggiuntiva dell’allattamento materno, non tanto in relazione alla sua precocità di inizio, quanto alla sua durata nel tempo.

 

Osservazioni conclusive

In Europa, nei primi 15 anni d’età, le neoplasie sono la prima causa di morte e nella stragrande maggioranza dei casi la loro eziologia resta sconosciuta, ragion per cui non esistono delle misure preventive stabilite. Il pediatra, dunque, ha una valida ragione in più per raccomandare l’allattamento materno, non limitandosi a stimolarne l’avviamento ma cercando soprattutto di promuoverne la persistenza, forte della conoscenza del singolo contesto familiare e della consapevolezza che ogni neomamma ha sempre bisogno di un sostegno personalizzato, di natura non soltanto pratica e organizzativa ma anche umana e psicoemotiva.

 

Riferimenti bibliografici

 

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