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Dermatologia

La dermatite atopica: una lenta e silenziosa evoluzione tra nuove acquisizioni e prospettive di approccio

18 Mag 2023
dermatite-atopica-bambini

a cura di Piercarlo Salari, pediatra e divulgatore medico scientifico – Milano

 

Non passa inosservata, è la dermopatia infiammatoria più frequente, ha un andamento cronico-recidivante, non è confinata alla sola età pediatrica e nel corso degli anni ha mostrato un incremento di incidenza costante e ubiquitario. Sono queste, in estrema sintesi, le cinque prerogative principali della dermatite atopica (DA). “Nella popolazione infantile essa registra una incidenza tra il 12-20%, mentre negli adolescenti e negli adulti supera l’8%” ricorda Antonio Cristaudo, Direttore del Dipartimento di Clinica e Ricerca Dermatologica dell’Istituto Dermatologico San Gallicano (Roma), che ha recentemente organizzato un convegno sul tema. “Circa i due terzi dei casi si verificano entro i primi sei mesi di vita, ma può persistere o perfino comparire de novo in età adulta, con quella forma denominata Adult onset atopic dermatitis. Probabilmente lo stile di vita e i fattori ambientali sono alla base dell’aumento della sua prevalenza, che oggi risulta più elevata di due o perfino tre volte rispetto al secolo scorso in tutti i Paesi del mondo, e non solo in quelli occidentali”.

 

Aggiornamento di fisiopatologia

Nella memoria dei pediatri probabilmente la DA, sulla base delle reminiscenze accademiche, si traspone in una sintetica concettualizzazione di malattia prevalentemente di natura allergica, il cui esordio si colloca per lo più nei primi sei mesi di vita sotto forma di allergia alimentare, che poi scompare per evolversi nella marcia atopica, culminante nello sviluppo di una sintomatologia essenzialmente respiratoria. “Di fatto sappiamo che in alcuni pazienti la DA persiste e può caratterizzarsi con fenotipi clinici differenti” osserva Cristaudo. “Com’è noto la DA interessa lo strato corneo della cute, ma due teorie riconducono il suo primum movens a dinamiche differenti: l’una, infatti, ritiene che l’innesco della patologia abbia luogo nella cute, sensibilizzando il sistema immunitario per poi riverberarsi sull’epidermide, secondo una direttrice polarizzata dall’esterno all’interno; l’altra teoria, al contrario, ipotizza che la DA sia l’espressione di una problematica originariamente immunologica, destinata a trasferirsi in un secondo tempo all’epidermide”. Il comun denominatore è l’alterazione della barriera cutanea, responsabile della penetrazione di sostanze che, a loro volta, con l’intervento del sistema immunitario, attivano un processo infiammatorio che si automantiene nel tempo. In questo articolato complesso di interazioni mediato da sottopopolazioni linfocitarie e citochine proinfiammatorie si inserisce poi il ruolo del microbioma cutaneo, sul quale la ricerca si è concentrata nell’ultimo decennio. “L’elemento centrale per il paziente, più dell’aspetto e dell’estensione delle lesioni, resta in ogni caso il prurito, di cui è bene tenere conto nella gestione della malattia” commenta Cristaudo.

 

Dal primo sospetto alla gestione terapeutica

Benché la diagnosi sia clinica, il primo elemento da tenere in considerazione è la familiarità: “il riscontro in fratelli o sorelle di allergie e di segni minori, come per esempio una pelle più secca e la comparsa di prurito, devono indurre a osservare il paziente con maggior attenzione” suggerisce Cristaudo. “Va precisato che esistono due forme di DA: una intrinseca, che spesso interessa esclusivamente la cute senza altri sintomi e segni di allergia, incluso l’aumento delle IgE; l’altra estrinseca, la forma più frequente nel passato, che esordisce per lo più con allergia alimentare e procede con la marcia atopica. Questa differenziazione è fondamentale a livello pratico, in quanto non tutti i bambini con DA devono essere sottoposti a una dieta di esclusione”. Le manifestazioni possono variare a seconda della fascia d’età: “tipicamente, nei primi mesi sono interessati il cuoio capelluto e il volto, in epoca preadolescenziale e adolescenziale la piega antecubitale e il cavo popliteo, nell’adulto il viso, il collo e le mani” prosegue Cristaudo. “Al di là di segni patognomonici, come quello di Dennie-Morgan, è bene ricordare che ci si può imbattere in fenotipi differenti, quale l’eczema nummulare e l’eczema microbico, che in passato non era considerato quale possibile manifestazione associata alla DA. Può inoltre verificarsi la coesistenza della DA con altre dermatosi immunomediate: tra queste, in particolare, la psoriasi ha dato forte impulso alla ricerca farmacologica, portando all’individuazione di farmaci biologici efficaci anche nella DA”.

Per quanto riguarda la terapia è importante sottolineare innanzitutto che l’approccio dermocosmetico è complementare a quello farmacologico, in quanto consente di migliorare la capacità di difesa della pelle. “In presenza di forme di DA refrattaria e di particolare gravità si profilano nuove opzioni di intervento grazie all’introduzione di anticorpi monoclonali, quale dupilumab, di gestione ospedaliera, utilizzabili già a partire dai sei anni d’età”.

 

L’importanza di un PDTA dedicato: il modello del San Gallicano

Nel corso del 2021-2022 l’Istituto Dermatologico San Gallicano, “ha progettato e realizzato un percorso di diagnosi, trattamento e cura (PDTA) dedicato ai pazienti affetti da dermatite atopica di tutte le età – sottolinea il Direttore Scientifico Aldo Morrone – con l’obiettivo di offrire loro la possibilità di giungere alla terapia più appropriata.” In tale percorso, il primo a essere sviluppato, i pazienti, dopo l’invio da parte del pediatra di famiglia o del medico di medicina generale, vengono presi in carico e guidati attraverso la fase diagnostica, di comunicazione della diagnosi e della terapia prescritta, gestendo anche i casi più gravi grazie a una equipe multidisciplinare di specialisti. “In pratica presso l’Istituto San Gallicano – aggiunge Marina Cerimele, Direttore Generale IFO (Istituti Fisioterapici Ospitalieri) – i pazienti trovano un team di specialisti in grado di comprenderli, di indirizzarli nel percorso diagnostico-terapeutico più appropriato, offrendogli la possibilità di accedere a tutti i trattamenti attualmente disponibili, compresi i farmaci biologici più innovativi”. Il PDTA è dunque garanzia di continuità: “deve nascere al di fuori dell’ospedale, proprio per consentire al paziente, con il coordinamento del pediatra di famiglia, di interfacciarsi con più professionisti, quali il gastroenterologo, l’endocrinologo, il pneumologo e lo psicologo, essendo la DA una malattia sistemica che deve essere affrontata in una prospettiva di collaborazione tra pediatra, genitori e centro clinico” commenta Cristaudo. “A tale scopo è fondamentale l’educazione terapeutica che, come dimostra la letteratura scientifica nell’ambito di altre patologie, quale l’asma, consente di ridurre i ricoveri e l’uso di farmaci, con vantaggi rilevanti sul piano sia clinico sia economico. La scuola dell’atopia è nota da tempo e oggi, grazie a serious game e app, si possono utilizzare nuove ed efficaci modalità per veicolare informazioni e insegnare operazioni di routine, come per esempio la corretta applicazione di una crema”.

 

Bibliografia

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