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Il punto su: associazione amoxicillina-acido clavulanico nel paziente pediatrico. Domande & Risposte

17 Apr 2023
Gola-bambina

Stefano Geraci

Pediatra, Cascina (PI) 

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L’amoxicillina è un antibiotico beta-lattamico a spettro intermedio che, rispetto ad altri antibiotici della sua classe, viene assorbito meglio quando assunto per bocca.
È usata spesso in associazione con l’acido clavulanico, situazione in cui si rivela un potente inibitore degli enzimi beta-lattamasi, impedendo la distruzione degli antibiotici beta-lattamici come l’amoxicillina stessa e ampliandone così lo spettro d’azione.
Nei neonati e nei bambini, l’uso di questa associazione è opportuno nel trattamento di varie infezioni. A tal proposito si evidenziano in questo articolo i casi in cui tale associazione può risultare vantaggiosa, fornendo alcune indicazioni relative al dosaggio normalmente consigliato.
Approfondiremo anche il problema della resistenza agli antibiotici, complesso e legato a varie cause, tra cui l’uso inappropriato di questi farmaci.

 

Associazione amoxicillina-acido clavulanico nel paziente pediatrico: in quali patologie è bene che sia utilizzata?

L’amoxicillina è un antibiotico beta-lattamico a spettro intermedio, batteriolitico, appartenente alla famiglia delle aminopenicilline e impiegato nel trattamento delle infezioni da batteri sensibili Gram-positivi e Gram-negativi. È il farmaco di prima scelta all’interno della sua classe, perché assorbito meglio quando assunto per bocca rispetto ad altri antibiotici beta-lattamici.

Molto spesso l’amoxicillina è utilizzata in associazione con l’acido clavulanico, un antibiotico aminoglicosidico che utilizzato da solo ha una scarsa potenza antibatterica, ma che in associazione mostra un’utile proprietà. Esso, infatti, è un potente inibitore delle beta-lattamasi, enzimi prodotti da molti batteri Gram-negativi, e dello Staphylococcus aureus. L’acido clavulanico impedisce così la distruzione degli antibiotici beta-lattamici (penicilline, cefalosporine) e ne amplia l’attività e lo spettro d’azione nei confronti di molti ceppi resistenti.

È opportuno utilizzare la terapia con amoxicillina e acido clavulanico nei neonati e nei bambini per trattare le seguenti infezioni:

  • infezioni dell’orecchio medio e dei seni nasali (otiti e sinusiti);
  • infezioni del tratto respiratorio (polmonite);
  • infezioni a carico dei denti (ascessi);
  • infezioni del tratto urinario basso (cistiti);
  • infezioni della pelle e dei tessuti molli (impetigine, infezioni da ustioni, infezioni da morsi o ferite);
  • infezioni delle ossa e delle articolazioni.

 

Qual è il dosaggio normalmente consigliato di amoxicillina-acido clavulanico per le più comuni infezioni delle vie respiratorie? In quali situazioni è raccomandato un dosaggio più elevato?

La terapia antibiotica con amoxicillina-acido clavulanico ad un dosaggio di 80-90 mg/kg/die può essere presa in considerazione nelle sinusiti acute e nelle faringotonsilliti acute.

Le sinusiti acute sono patologie determinate da un’infiammazione sintomatica dei seni paranasali e della cavità nasale. In età pediatrica sono meno comuni rispetto a quanto accade negli adulti perché i seni non sono ancora completamente sviluppati. I principali sintomi sono le secrezioni nasali, l’ostruzione o la congestione nasale, il dolore dentale o facciale unilaterale e spesso anche la tosse.

Le faringotonsilliti acute, invece, sono patologie caratterizzate da un’infiammazione che coinvolge la faringe e le tonsille. Nella maggior parte dei casi sono causate da un’infezione di tipo virale (Rhinovirus o virus influenzali o parainfluenzali), ma in tre bambini su dieci possono essere di origine batterica.

Tengo a precisare che la posologia suggerita può essere variata e in particolare il dosaggio va aumentato quando ci troviamo davanti ad un’infezione grave, portando le somministrazioni quotidiane da due volte a tre, per una durata del trattamento talvolta prolungata fino a dieci o addirittura quattordici giorni.

Dati scientifici di letteratura hanno messo in evidenza la possibilità di utilizzare con buoni risultati amoxicillina-acido clavulanico anche nella terapia delle infezioni delle CAP (polmoniti acquisite in comunità) in età pediatrica, al dosaggio di 90 mg/kg/die in due oppure tre somministrazioni al giorno in base alla gravità del quadro clinico.

È da precisare che dopo i cinque anni di età i patogeni principali alla base delle CAP sono il Mycoplasma e la Chlamydia, per i quali è opportuno considerare la terapia antibiotica con i macrolidi.

La terapia antibiotica associata amoxicillina-acido clavulanico si può consigliare anche nell’OMA, ossia nell’otite media acuta, un’infezione dell’orecchio medio che si verifica principalmente nei bambini di età inferiore ai cinque anni, in genere come complicanza di un’infezione virale delle alte vie aeree.

Insorge con dolore acuto auricolare (mono o bilaterale), febbre (≥38° C) e presenza o meno di secrezione auricolare. La terapia antibiotica d’elezione è l’amoxicillina (80-90 mg/kg/die), ma talvolta è opportuno consigliare l’associazione amoxicillina-acido clavulanico (80-90 mg/kg/die), affinché l’acido clavulanico possa potenziare l’effetto della suddetta penicillina.

La causa solitamente è virale, ma può anche essere batterica e i principali batteri interessati sono: Streptococcus pneumoniae, Haemophilus influenzae, Moraxella catarrhalis, Streptococcus pyogenes e, solitamente nei neonati, Escherichia coli e Staphylococcus aureus.

 

Quali sono i vantaggi nell’utilizzo dell’associazione rispetto alla sola amoxicillina?

L’acido clavulanico impedisce la distruzione degli antibiotici beta-lattamici, in quanto capace di inattivare degli enzimi – chiamati beta-lattamasi – prodotti da alcuni ceppi batterici per difendersi dall’azione dell’antibiotico. In questo modo, lo spettro di azione dell’amoxicillina viene ampliato e la molecola riesce a svolgere la sua attività anche nei confronti di ceppi resistenti. È possibile, quindi, contemplare l’utilizzo dell’associazione amoxicillina-acido clavulanico in pazienti che presentino fattori di rischio che li predispongano a contrarre un’infezione resistente agli antibiotici, come:

  • l’utilizzo eccessivo o inappropriato di antibiotici in passato, in quanto i batteri che sopravvivono all’antibiotico possono sviluppare resistenza;
  • il contatto con persone infette;
  • le malattie croniche o immunosoppressive (diabete, cancro o HIV), che rendono i pazienti più vulnerabili ai batteri resistenti;
  • la chirurgia, specialmente se il paziente ha subito interventi ripetuti;
  • le cure ospedaliere prolungate, a causa dell’esposizione del paziente a diversi tipi di batteri, spesso resistenti.

 

L’associazione amoxicillina-acido clavulanico può essere utilizzata anche nella terapia delle infezioni urinarie?

Le infezioni del tratto urinario inferiore si verificano quando gli agenti patogeni, risalendo dall’uretra, raggiungono la vescica e superano le difese immunitarie, con conseguenti danni parenchimali e risposta infiammatoria.

La maggior parte delle infezioni del tratto urinario basso è causata dal batterio Escherichia coli (più raramente Klebsiella spp., Streptococcus agalactiae, Enterococcus spp., Pseudomonas aeruginosa) e si riconosce per sintomi come la difficoltà ad urinare, l’aumento della frequenza delle minzioni, il dolore ad urinare o a defecare oppure l’incontinenza/enuresi.

La terapia è indicata quando sono presenti le suddette manifestazioni cliniche e l’esame delle urine (anche semplicemente strisce o stick) è positivo, cioè vi è la presenza di leucociti oppure esterasi leucocitaria e/o nitriti. Nella maggior parte dei casi è sufficiente effettuare soltanto un esame delle urine, raramente è necessaria anche l’urinocoltura.

La nitrofurantoina, somministrata per cinque giorni, è il principale antibiotico raccomandato per tali forme. Tuttavia, la formulazione pediatrica in sciroppo potrebbe non essere ampiamente disponibile ed è attualmente costosa per cui, anche sulla base delle recenti linee guida pubblicate dall’AIFA con il titolo “Manuale degli antibiotici AWaRe”, si preferisce prescrivere l’associazione amoxicillina-acido clavulanico, che si somministra solitamente per cinque giorni alla dose di 80-90 mg/kg/die, suddivisa in due somministrazioni, una ogni 12 ore.

 

Quali raccomandazioni suggerisce per contrastare l’insorgenza di resistenze batteriche?

Come si sostiene da tanto tempo, non c’è necessità di assumere gli antibiotici per malattie comuni come il raffreddore, mentre sarebbe opportuno attendere qualche giorno per capire se altri tipi di infezioni delle vie respiratorie sono causati da virus o batteri. Se la patologia è virale, infatti, non solo gli antibiotici non sono efficaci, ma il loro uso inappropriato potrebbe favorire lo sviluppo di ceppi batterici resistenti agli antibiotici stessi.

Questo fenomeno si verifica quando un batterio, che di solito potrebbe essere ucciso con un antibiotico, inizia a sopravvivergli; ciò accade perché i batteri si “allenano” a resistere alle molecole degli antibiotici: più le incontrano, più imparano a combatterle, a volte sviluppando mutazioni e smettendo di rispondere alle terapie.

Il problema della resistenza agli antibiotici è molto complesso e riconosce varie cause:

  • l’aumentato e a volte inappropriato uso di questi farmaci;
  • l’uso eccessivo di antibiotici in zootecnia e in agricoltura;
  • una maggiore diffusione dei ceppi resistenti, dovuta a un aumento dei viaggi e degli spostamenti internazionali.

Purtroppo, dei circa 30mila decessi europei legati ad antibiotico-resistenza, circa un terzo si registra proprio in Italia.

Per tale motivo è importante che:

  • sia il pediatra a scegliere se dare l’antibiotico e quale somministrare;
  • si siano compresi bene la dose e la durata di somministrazione del farmaco;
  • si concluda sempre il ciclo prescritto, anche se dopo pochi giorni il bimbo starà meglio (proprio per evitare ricadute e quindi un nuovo ciclo di antibiotici);
  • si riferisca sempre eventuali e possibili effetti collaterali quali diarrea, sonnolenza, irritabilità, rash cutanei.

Infine, un mio vivace consiglio, al fine di ridurre al minimo la farmacoresistenza: veicoliamo il più possibile messaggi diretti alle famiglie attraverso i social e, quando possibile, anche tramite la TV!

 

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