Update per il Pediatra
Leucodistrofia Metacromatica

Il pediatra e la leucodistrofia metacromatica: una diagnosi da non mancare

7 Set 2022
Stefano Bruni, pediatra, Direttore Medico Orchard Therapeutics

 

La leucodistrofia metacromatica (MLD) è una malattia neurometabolica genetica rarissima. Si calcola che in Italia nascano ogni anno non più di sei bambini affetti da questa malattia estremamente grave (non più di tre affetti dalle forme più gravi e ad esordio nei primi anni di vita).

Nonostante la sua estrema rarità, i pediatri non possono non conoscere o non saper riconoscere questa patologia, poiché ad oggi è disponibile una terapia e altre sono in fase di sperimentazione. Alla fine del 2020, infatti, la Commissione Europea ha approvato la commercializzazione in Europa della prima innovativa terapia genica per la MLD.

La MLD appartiene al gruppo delle leucodistrofie, rare malattie genetiche che colpiscono prevalentemente la sostanza bianca cerebrale.

È una malattia da accumulo lisosomiale a eredità autosomica recessiva, a carattere neurodegenerativo progressivo, causata nella maggior parte dei casi dal deficit dell’enzima arilsolfatasi A (ARSA). L’ARSA metabolizza il 3-solfato cerebroside (solfatide), un componente importante della guaina mielinica degli oligodendrociti nel sistema nervoso centrale e delle cellule di Schwann nel sistema nervoso periferico. Le implicazioni di tale deficit enzimatico sono:

  • l’accumulo di solfatidi (la categoria di sfingolipidi maggiormente rappresentati nella mielina) nei lisosomi di oligodendrociti, cellule di Schwann e neuroni;
  • l’accumulo di solfatidi anche a livello di colecisti, fegato e reni;
  • la conseguente demielinizzazione progressiva del sistema nervoso centrale e periferico, a seguito dell’accumulo dei solfatidi e dei loro metaboliti nella mielina;
  • il deterioramento progressivo e per lo più rapido delle funzioni neurocognitive e motorie.

In rapporto all’età di insorgenza, che condiziona la gravità del quadro clinico, si identificano:

  • una forma tardo-infantile (ad insorgenza tra i 6 e i 30 mesi), più grave e più frequente (50-60% dei casi);
  • una forma giovanile (20-30% dei casi), distinta a sua volta in precoce (esordio dopo i 30 mesi e prima di 7 anni) e tardiva (esordio dai 7 ed entro i 16 anni);
  • una forma adulta (esordio dai 17 anni), che riguarda circa il 15-20% dei pazienti affetti da MLD.

Prima dell’inesorabile exitus, l’evoluzione della malattia comporta una serie di complicanze che determinano un notevole impatto sia sul bimbo malato che sulla sua famiglia, ma anche sul medico che di loro si prende cura. Con il progredire della patologia, infatti, regrediscono le abilità linguistiche, cognitive e motorie (grossolane e fini); il bambino sviluppa spasticità, dolore, convulsioni e compromissione della vista (fino alla cecità) e dell’udito. Compare disfagia, cui consegue la necessità di un supporto all’alimentazione (in genere fornito nelle fasi finali per via enterale tramite gastrostomia). Nelle fasi terminali i bambini presentano spasmi tonici, postura decerebrata, inconsapevolezza generale di ciò che li circonda e hanno bisogno di un supporto alla respirazione.

La diagnosi dev’essere sospettata sulla base dei sintomi clinici, aspecifici e comuni a molte malattie neurometaboliche e neurodegenerative (in particolare con coinvolgimento della sostanza bianca) o neuromuscolari, e possibilmente prima del progressivo deterioramento neuromotorio, cognitivo e comportamentale, irreversibile. La MLD infatti si caratterizza per un’esordio ad età molto variabile, seguito da una fase di rapida progressione dei sintomi che rende la “finestra” per un eventuale intervento terapeutico molto stretta.

Il sospetto clinico deve essere successivamente confermato da parte di centri con una competenza specifica mediante esami di laboratorio e strumentali (escrezione urinaria di solfatidi, dosaggio dell’attività dell’enzima ARSA, RM cerebrale, test genetici molecolari, alcuni specifici esami elettrofisiologici).

È importante indirizzare immediatamente il bambino su cui grava il sospetto diagnostico di una patologia neurometabolica verso un centro con una comprovata esperienza nella diagnosi e nella gestione delle malattie neurometaboliche. Questo allo scopo non solo di evitare l’esecuzione di esami inutili, non mirati e spesso costosi, ma anche di una più rapida presa in carico del paziente con patologia del neurosviluppo da parte del team di esperti del centro.

Nelle gravidanze a rischio (esiste la possibilità di ricorrenza della malattia all’interno di una stessa famiglia) può essere effettuata la diagnosi prenatale tramite villocentesi o amniocentesi. Non è invece ancora disponibile a livello nazionale uno screening neonatale per la MLD.

La disponibilità di un trattamento autorizzato da EMA e di recente anche da AIFA, la cui efficacia è strettamente dipendente dalla precocità della diagnosi, come pure la contemporanea apertura di trial clinici miranti alla messa a punto di altri trattamenti per la MLD, giustificano dunque e impongono ogni sforzo per diagnosticare la malattia il più rapidamente possibile. Ma a prescindere dalla disponibilità di un trattamento curativo per il bambino stesso, la diagnosi precoce di un caso di MLD permette comunque di offrire:

  • una consulenza genetica ai genitori;
  • la possibilità di accelerare un percorso diagnostico in fase pre-sintomatica per i fratelli più piccoli, già nati ma che ancora non presentano sintomi, così che questi possano essere avviati ad un trattamento tempestivo;
  • l’opportunità di sottoporre tempestivamente i bimbi malati e già sintomatici ai trattamenti palliativi più appropriati per migliorarne quanto più possibile la qualità di vita, laddove non siano più eleggibili per un trattamento eventualmente disponibile, approvato o sperimentale;
  • la possibilità di essere indirizzati verso uno specifico percorso di presa in carico presso un centro specializzato.

Alla luce di quanto illustrato, il pediatra, il primo a vedere il bambino e dunque il primo a poter sospettare un decorso anomalo del suo sviluppo neuromotorio e cognitivo, è una figura essenziale non soltanto nel processo diagnostico, ma anche nella gestione della famiglia e della quotidianità del proprio paziente affetto da MLD, in particolare dopo la diagnosi o dopo un eventuale trattamento.

La dottoressa Francesca Fumagalli (Unità di Immuno Ematologia pediatrica, Ospedale San Raffaele, Milano) e la dottoressa Federica Deodato (UO Patologia Metabolica, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma) descrivono il caso emblematico di due sorelline affette da MLD, la cui diagnosi è stata posta in periodi diversi della loro vita con la conseguenza di un decorso completamente diverso della malattia.

 

 

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