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Allergie

Gestione dell’anafilassi: aggiornamento pratico per il pediatra (con particolare riferimento all’anafilassi da alimenti)

19 Lug 2023
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Da Rivista Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica, organo ufficiale SIAIP

 

 

Riassunto

L’anafilassi è una reazione di ipersensibilità sistemica a rapida insorgenza solitamente IgE mediata, a possibile esito fatale, causata da un rapido rilascio di mediatori, preformati e non, da mastcellule e basofili.

In età pediatrica gli alimenti sono fra le cause più comuni di reazioni anafilattiche, seguite dai farmaci. Le manifestazioni cliniche possono insorgere con alcuni sintomi prodromici che precedono sintomi a carico della cute o delle mucose, dell’apparato respiratorio, gastrointestinale, cardiovascolare e neurologico. La diagnosi si basa essenzialmente su criteri clinici. Il trattamento consiste nel pronto riconoscimento dei segni e sintomi di una reazione anafilattica, seguito poi dalla rapida somministrazione di adrenalina intramuscolo, farmaco di prima scelta assoluta per la sua rapidità ed efficacia, preferibilmente tramite autoiniettore facile da utilizzare in pazienti opportunamente addestrati. Gli antistaminici sono utili solo nel trattamento dei sintomi cutanei (orticaria e prurito in particolare), mentre i cortisonici vengono consigliati per il trattamento dello shock e dell’asma assieme ai beta-2-agonisti per via inalatoria. È importante, infine, ricordare che, dopo il primo intervento medico, le reazioni anafilattiche impongono l’immediato ricovero in ospedale per l’ottimizzazione della terapia e per il monitoraggio, nelle ore successive, di eventuali riposte protratte o bifasiche che, seppure non frequenti, possono comunque mettere a rischio la vita del paziente.

Parole chiave: anafilassi, allergia IgE-mediata, adrenalina, autoiniettore

 

Introduzione

L’anafilassi è una reazione di ipersensibilità sistemica a rapida insorgenza, potenzialmente pericolosa per la vita, che richiede interventi di emergenza. 

Negli ultimi anni la letteratura internazionale ha prodotto molti articoli sull’argomento e, in particolare negli ultimi due, diverse importanti associazioni allergologiche e rianimatorie internazionali hanno pubblicato Linee Guida o Position Paper sull’argomento. Scopo del presente articolo è di fornire, alla luce della più recente letteratura, un aggiornamento pratico per il pediatra sulla diagnosi e terapia dell’anafilassi, con particolare riferimento a quella da alimenti che rappresenta la forma di anafilassi più frequente.

Nella maggior parte dei casi, l’anafilassi è una reazione IgE-mediata che porta al rilascio, da parte dei mastociti e dei basofili, di mediatori preformati, neoformati (a partire dalla parete cellulare) e citochine, responsabili delle manifestazioni cliniche. D’altro canto, anche reazioni immunologiche IgG-mediate o legate all’attivazione del complemento, mediante la formazione di immunocomplessi che portano alla degranulazione delle mastcellule, possono causare anafilassi. Ne sono esempio le reazioni in corso di emotrasfusioni o di somministrazione di IgG e.v. in bambini con immunodeficienza 1.

In età pediatrica gli alimenti rappresentano il principale fattore scatenante per una reazione anafilattica, seguiti dai farmaci e quelli maggiormente coinvolti cambiano a seconda dei vari studi, probabilmente in rapporto alle abitudini alimentari. In Italia, secondo uno studio multicentrico di qualche anno fa, gli alimenti più frequentemente coinvolti sono latte, uova, pesci e grano nei primi anni di vita, crostacei e legumi nell’età scolare, arachidi noci, grano e cereali in generale in tutta l’età pediatrica 2. Tra i farmaci responsabili i più comuni sono gli antibiotici betalattamici e i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) 3,4. Anche il veleno di imenotteri è in grado di scatenare reazioni anafilattiche. Vi sono poi alcuni cofattori che costituiscono fattori aggravanti, in grado di far evolvere una reazione allergica in anafilassi, come ad esempio lo sforzo fisico, lo stress, le infezioni, l’esposizione a farmaci antinfiammatori non steroidei e l’alcool 4. Quando la causa resta sconosciuta, si parla di anafilassi idiopatica. 

Sono noti anche meccanismi non immunologici alla base di reazioni anafilattiche, come la degranulazione diretta dei mastociti scatenata da sostanze quali il mannitolo, la morfina, mezzi di contrasto e.v., o l’attivazione del complemento con formazione di anafilotossine. Tali reazioni precedentemente catalogate come reazioni anafilattoidi, oggi sono classificate come anafilassi non allergica. 

Indipendentemente dalla patogenesi, i sintomi dell’anafilassi sono identici e normalmente coinvolgono cute e mucose, l’apparato respiratorio e quello gastrointestinale.

 

Qual è l’epidemiologia?

La frequenza degli episodi di anafilassi non è chiara. L’estrema variabilità nella sua definizione limita l’attendibilità degli studi epidemiologici. Quel che è certo è che l’incidenza e la prevalenza sembrano aumentate negli ultimi 10-20 anni. Resta da discutere se tale aumento sia dovuto a un effettivo incremento delle reazioni anafilattiche o a una maggior sensibilizzazione dei clinici e, di conseguenza, a un significativo miglioramento nel riconoscimento delle manifestazioni cliniche 5.

Pubblicazioni recenti evidenziano come l’incidenza globale di anafilassi sia compresa tra 50 e 112 episodi per 100000 persone in un anno, mentre la prevalenza varia dallo 0,3 al 3,1% 6-8. L’incidenza globale tra i bambini è stimata da 1 a 761 casi per 100.000 persone/anno. I dati europei riportano che più di un quarto dei casi di anafilassi avviene prima dei 18 anni 9. L’età maggiormente interessata è la fascia tra gli 0 e i 4 anni, anche se la mortalità è più frequente in età adolescenziale. Uno studio retrospettivo condotto negli Stati Uniti ha rilevato che gli accessi in Pronto Soccorso per anafilassi sono aumentati del 101% tra il 2005 e il 2014 e i ricoveri per lo stesso motivo sono aumentati del 37,6%. Lo stesso trend in aumento è stato riscontrato anche in Europa, nel Regno Unito e in Australia, quest’ultima al primo posto nell’incidenza delle ospedalizzazioni per anafilassi 7,10. Altri articoli, invece, sembrano dimostrare che la sua prevalenza negli ultimi 10-20 anni è rimasta stabile negli USA, in Australia e nel Regno Unito 11.

L’evitamento dei fattori scatenanti può essere difficile e il tasso di recidiva dell’anafilassi è abbastanza elevato (57 episodi/100 pazienti/anno) 12. Nonostante gli aumenti dei ricoveri, il tasso di mortalità globale per anafilassi rimane stabile tra 0,33 e 0,80 per milione di adulti l’anno. Nel complesso, i decessi correlati all’anafilassi rappresentano circa l’1% dei ricoveri e lo 0,1% degli accessi per anafilassi in Pronto Soccorso 13. 

In età pediatrica i dati sull’anafilassi fatale sono pochi e variabili da paese a paese 11. Nel Regno Unito, dove dal 1992 esiste un registro nazionale per l’anafilassi fatale, il tasso di mortalità è più che dimezzato negli ultimi 20 anni 14. In uno studio statunitense è stato riportato che il 6,7% di 2458 decessi correlati all’anafilassi dal 1999 al 2010 era provocato dall’ingestione di alimenti, contro il 59% attribuito a farmaci 15. Questi dati sono in linea con quelli relativi alla mortalità osservata in Francia e Australia 16,17. 

I fattori associati a un rischio più elevato di anafilassi fatale scatenata dall’ingestione di alimenti includono l’età adolescenziale, una storia di pregressa reazione, l’allergia al latte, nocciola, arachidi e anacardo, la presenza di asma bronchiale e l’assenza di sintomi cutanei 3,18.

 

Quali sono le Manifestazioni cliniche?

L’anafilassi è la più grave delle reazioni allergiche, molte volte pericolosa per la vita. Il suo quadro clinico può includere tutti i segni clinici e/o i sintomi che possono comparire nel corso di una reazione allergica. Ogni segno o sintomo in realtà non è specifico dell’anafilassi e nemmeno di una reazione allergica in generale e per questo la sua diagnosi non è sempre facile. Sono indicativi di anafilassi, come vedremo in seguito, solo quelli più gravi che segnalano la possibile evoluzione verso l’insufficienza respiratoria, lo shock e il conseguente arresto cardiorespiratorio. 

Il quadro clinico dell’anafilassi può insorgere con alcuni sintomi prodromici come il prurito, il bruciore delle mani, dei piedi, della regione anogenitale o la sensazione di ansia e/o disorientamento (i bambini piccoli a volte interrompono la loro attività e appaiono agitati) che precedono l’insorgenza dei sintomi più classici a carico della cute o delle mucose, dell’apparato respiratorio, gastrointestinale, cardiovascolare e neurologico. 

La cute e le mucose sono l’apparato più frequentemente interessato con la comparsa di eritema, pomfi, prurito, fino all’orticaria generalizzata talora con angioedema. Le manifestazioni compaiono anche in sedi distanti dall’eventuale contatto con l’allergene. 

Le vie respiratorie rappresentano un’altra sede frequentemente coinvolta nella reazione allergica. La sintomatologia può iniziare con starnuti, secrezione e ostruzione nasale, tosse e wheezing e/o stridore laringeo fino alla comparsa di difficoltà respiratoria rilevante. L’asma compare più frequentemente nei bambini che già ne soffrono. Nel bambino l’esito fatale è determinato, nella maggior parte dei casi, proprio dall’insufficienza respiratoria, diversamente dall’adulto dove invece è più frequentemente causato dalla compromissione cardiovascolare. 

I sintomi gastrointestinali possono manifestarsi con iniziale prurito orale e/o bruciore della lingua, dolori addominali, nausea, vomito o diarrea. La compromissione gastrointestinale di per sé non è pericolosa per la vita, ma in ogni caso deve mettere in allerta perché può associarsi alla comparsa di una compromissione cardiovascolare probabilmente legata a un aumento della permeabilità intestinale con perdita di liquidi nei tessuti, oltre che con la diarrea 2. 

L’iniziale interessamento cardiovascolare è meno facile da rilevare per i genitori, perché si manifesta con tachicardia, cui può seguire ipotensione arteriosa, aritmie, bradicardia. L’interessamento cardiaco e respiratorio contribuisce alla comparsa dei sintomi neurologici, come malessere ingravescente, iporeattività o agitazione nei bambini più piccoli, fino alla sensazione di mancamento e perdita di coscienza. Alla risoluzione dell’evento può seguire cefalea. 

Quello che deve indurre a sospettare la presenza di una reazione anafilattica è, nella maggior parte dei casi, l’insorgenza dei sintomi immediatamente dopo, o comunque al massimo qualche ora dopo, un possibile stimolo allergenico, quale ad esempio l’ingestione di un alimento inusuale o comunque comunemente allergizzante, la somministrazione di un farmaco, la puntura di un insetto, ecc. Infatti, come detto sopra, l’anafilassi è, nella maggior parte dei casi, legata a una reazione allergica di tipo IgE mediato responsabile di reazioni immunologiche di tipo “immediato”.

Il tempo trascorso tra l’assunzione del sospetto allergene e la comparsa dei sintomi è quindi uno dei criteri principali da tenere in considerazione nel sospetto di un’anafilassi e quanto è più breve, tanto maggiore è la probabilità che la reazione allergica possa evolvere in modo importante e pericoloso per la vita. La latenza temporale dipende anche dal tipo di allergene responsabile: in una casistica di soggetti deceduti per anafilassi i decessi si verificavano già entro 1-2 minuti (più comunemente entro 5’) dalla somministrazione del farmaco parenterale, entro 2-10 minuti (più comunemente entro 10-15’) dalla puntura dell’insetto o dall’assunzione del farmaco per via orale, entro 10-20 minuti dall’assunzione dell’alimento (più comunemente entro 30’). Molto raramente è stato segnalato un arresto cardiorespiratorio oltre le 4 ore dall’iniziale esposizione all’allergene 19.

 

Qual è la definizione di anafilassi più appropriata e quali i criteri diagnostici?

La definizione dell’anafilassi è cambiata nel tempo e tuttora viene continuamente discussa e aggiornata nei diversi documenti (Tab. I), così come i criteri clinici indispensabili per facilitare una corretta diagnosi e la necessità o meno di iniziare l’approccio terapeutico.

 

 

A complicare ulteriormente il problema, vi è il fatto che il quadro clinico dell’anafilassi può essere estremamente variabile nei vari soggetti e anche nello stesso soggetto in diversi episodi e che, pur essendo potenzialmente pericolosa per la vita, regredisce nella maggior parte dei casi spontaneamente anche senza terapia adeguata, mentre l’anafilassi fatale si può verificare nonostante una terapia adeguata 20. 

Per cercare di uniformare la diagnosi di anafilassi, nel 2006 nel corso di un Simposio Internazionale 21 sono stati proposti dei criteri che puntano sulla sensibilità a discapito della specificità (questo può giustificare l’aumento delle diagnosi di anafilassi riportate da alcuni studi epidemiologici), ma con l’obiettivo di uniformare il più possibile gli studi e favorire un precoce ricorso all’adrenalina intramuscolo. 

I criteri clinici indicativi di anafilassi, proposti nel 2006, sono stati confermati successivamente anche nella pubblicazione dei Practice Parameters sull’Anafilassi del 2020 e quindi tuttora validi 22. Questi indicano che l’anafilassi è molto probabile in presenza di uno dei tre criteri clinici riportati nella Tabella II.

 

 

Questi criteri sono definiti “classici” perché includono le più frequenti modalità con cui si manifesta l’anafilassi, ma gli autori, sin dall’inizio, hanno precisato che l’anafilassi può manifestarsi anche con presentazione precoce, flushing generalizzato, con un sintomo isolato quale l’ipotensione improvvisa in un paziente senza evidenza di esposizione agli allergeni o con presentazione classica, ma a seguito di uno stimolo non allergico, come l’esercizio fisico. Tali criteri sono stati ritenuti efficaci nel diagnosticare l’anafilassi con una sensibilità del 95% 3.

Recentemente questi criteri sono stati ridiscussi e modificati dalla WAO Anaphylaxis Committee 20 che, allo scopo di renderli più semplici, ha accorpato i primi 2 criteri e integrato il terzo criterio dell’improvvisa ipotensione con un’improvvisa crisi di asma o compromissione laringea dopo contatto con allergene noto (Tab. III).

 

 

 

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