Update per il Pediatra
Nutrizione

Disturbi alimentari e ricerca dell’identità

27 Nov 2023
disturbi alimentari

da Il Medico Pediatra rivista ufficiale della F.I.M.P.

 

 

Mai come nella nostra epoca la ricerca dell’identità si esprime attraverso il corpo: un corpo sempre più manipolato, divinizzato, esibito e utilizza‑ to come manifesto su cui disegnare tatuaggi, inserire piercing, assumendo un ruolo simbolico, all’interno di una comunicazione non verbale. Un corpo, però, sempre meno ascoltato, nella sua essenza naturale legata a equilibri biologici, il quale per trovare attenzione deve percorrere la strada dei sintomi, soprattutto nell’ambito dei disturbi del comportamento alimentare (DCA). Il rimuginare ossessivo sulle forme corporee, tipico dei DCA nasconde il paradosso di un corpo pensato ma non percepito, che fa perdere i confini della stessa identità fisica. Non si può trascurare l’influenza delle chat, delle immagini televisive, dei social network, che propongono una esposizione continua del corpo, con dei modelli spesso irreali e irraggiungibili, e questo rende ancora più complessa la costruzione della identità. Non possiamo affermare che i modelli proposti dalla cultura occidentale abbiano un ruolo patogenetico nella insorgenza dei DCA, ma si definiscono “patoplastici”, poiché suggeriscono la forma da dare a un sintomo, laddove questo rappresenti una sorta di soluzione adattativa in una condizione di disagio profondo, in individui con particolare vulnerabilità. Nei DCA l’idea dominante è quella di un controllo onnipotente del corpo, delle sue funzioni biologiche, perseguendo un modello di magrezza come passaporto verso la felicità, e questo ci rende ragione della loro diffusione. Fin dall’infanzia esiste una esposizione insidiosa a modelli che stigmatizzano l’eccesso di peso e presentano la magrezza come valore positivo. Persino Topolino, è magro e buono, come Pippo e altri personaggi positivi, mentre Gambadilegno e i Bassotti sono grassi e cattivi. Negli ultimi anni, anche altri personaggi dei cartoni animati televisivi hanno progressivamente acquistato le sembianze di corpi sempre più esili e filiformi, e gli eroi positivi e negativi sono associati sempre a ben precise caratteristiche fisiche.

In America i bambini e gli adolescenti passano oltre 6 ore al giorno davanti alla televisione, ai videogames, al computer, ai social media. Il loro uso così prolungato porta a interiorizzare dei messaggi, sia rispetto al consumo di determinati cibi, proposti dalla pubblicità 1, sia riguardo ai modelli estetici. Il modo di dipingere cibo e obesità in televisione ha conseguenze negative sui comportamenti alimentari, e contribuisce alla stigmatizzazione e all’isolamento sociale a cui gli obesi sono spesso portati 2.

La promozione dell’ideale di magrezza, da parte dei Media, costituisce uno dei fattori di rischio per lo sviluppo di un DCA, poiché la pressione culturale verso un ideale di bellezza sempre più magro per le donne e più muscoloso per i maschi, porta a internalizzare questa idea, portando a una insoddisfazione per il corpo, con stati mentali negativi soprattutto tra gli adolescenti, laddove il modello proposto è di difficile attuazione.

L’adolescenza è un periodo di trasformazione, caratterizzato da significativi cambiamenti sul piano fisico, ed è il periodo in cui si delinea quel complesso processo che è la formazione dell’immagine corporea, a cui partecipano diversi elementi, tra cui la famiglia, oltre ai già citati Media 3.

La preoccupazione per le forme corporee porta facilmente a comportamenti disfunzionali rispetto al cibo, e a tutte quelle strategie finalizzate a controllare il peso, fino ad arrivare a delle vere e proprie manifestazioni cliniche di disturbi alimentari con diversi livelli di gravità. I DCA rappresentano una patologia in crescita esponenziale, tanto da costituire una vera e propria epidemia sociale. Si calcola che siano circa 3 milioni i ragazzi che, solo in Italia, soffrono di qualche disturbo dell’alimentazione, e che nel mondo si ammalino decine di milioni di giovani ogni anno, con una maggiore incidenza nel sesso femminile, anche se questo divario tra i sessi si sta gradualmente riducendo 4. Si tratta di patologie gravi, che costituiscono la seconda causa di morte nei giovani tra i 12 e i 17 anni, dopo gli incidenti stradali, e rappresentano attualmente la forma più diffusa di disagio psichico 5.

La bulimia nervosa rivela un incremento rispetto alla anoressia, soprattutto in età meno precoce, e sta aumentando l’incidenza del disturbo da alimentazione incontrollata (DAI), connesso a sua volta con l’obesità, in quanto i pazienti che ne sono affetti, fanno delle abbuffate senza mettere in atto metodi di compenso, quali vomito, uso di lassativi e diuretici e iperattività.

Non esiste una delimitazione nosografica netta tra i vari tipi di DCA, poiché si può osservare, nello stesso soggetto, una migrazione del sintomo da una componente all’altra, ed esistono dall’altra parte alcuni disordini alimentari che non soddisfano completamente i criteri diagnostici del DSM-V, per non parlare dell’aumento dei casi a insorgenza sempre più precoce, in età prepubere, soprattutto del disturbo evitante-restrittivo della assunzione di cibo (ARFID), spesso di difficile riconoscimento e diagnosi da parte dei pediatri.

Dopo la pandemia questi numeri sono ulteriormente aumentati, e si calcola che ci sia stato un incremento del 30% dei DCA a partire dal periodo delle restrizioni legate all’isolamento, associati a un aumento di casi di autolesionismo, fino al suicidio, come espressione di un disturbo post-traumatico 6.

Non si possono sottovalutare, inoltre, soprattutto in età evolutiva, le gravi conseguenze della malnutrizione legata ai DCA, a livello organico, sulla crescita e sull’equilibrio endocrino-metabolico e neuro-psichico, con danni spesso irreversibili, se non si interviene tempestivamente in maniera appropriata.

 

Inquadramento nosografico

La pratica clinica ha bisogno di classificazioni nosografiche che aiutino a inquadrare la patologia anche in termini di gravità, allo scopo di impostare una terapia adeguata.

Nei DCA si rivela difficile far rientrare le mutevoli manifestazioni del disturbo all’interno di algoritmi decisionali, tanto è vero che è stato necessario rivedere le classificazioni codificate nel DSM-IV, dove la maggior parte dei DCA finivano nel gruppo dei non altrimenti specificati (EDNOS), allargando i criteri diagnostici, nel DSM-V, dove trova finalmente dignità nosografica anche il DAI, precedentemente inquadrato tra gli EDNOS 7.

Le forme che osserviamo oggi sono ormai lontane dalle descrizioni classiche, e frequenti sono i disturbi sottosoglia, le forme miste, quelle associate a quadri psicopatologici, a disregolazione emotiva, ed è difficile codificare i disturbi su livelli nosografici separati e autonomi, poiché essi si collocano in un continuum fenomenologico, lungo una scala di gravità dal punto di vista clinico, dove esiste un comune denominatore di fondo, rappresentato dal nucleo psicopatologico ossessivo centrato sul cibo e sulle forme corporee, che si declina poi in manifestazioni fenomenologiche differenti.

Scompare, nel DSM-V, il criterio dell’amenorrea, non perché essa non sia presente, ma poiché l’abbassamento della età di insorgenza, con bambine in età prepubere, l’aumento di incidenza nei maschi, non ne faceva più un criterio di inclusione per la diagnosi.

Compaiono, per la prima volta, i DCA dell’infanzia, proprio a causa dell’aumento della loro incidenza e, forse, anche delle capacità diagnostiche che permettono di intercettare manifestazioni patologiche in precedenza misconosciute. Abbiamo delle vere e proprie forme di anoressia (AN) e bulimia (BN) in età evolutiva precoce, insieme al DAI, fortemente associato all’obesità infantile, oltre alla PICA, al disturbo da ruminazione e all’ARFID.

Le manifestazioni cliniche dei DCA dell’infanzia, per quello che riguarda AN, BN e DAI, sono molto simili a quelle dell’adolescente e del giovane adulto, con comportamenti restrittivi, vomito e altre strategie di compenso quali iperattività, gli stessi tratti di personalità perfezionistici, ritiro sociale, irritabilità, disregolazione emotiva.

Nelle forme di AN e BN pediatrici, non va sottovalutato il campanello di allarme dell’alimentazione selettiva, che può presentarsi in età molto precoce, fin dallo svezzamento.

Anche se i DCA sono inquadrati come disturbi mentali, sono innegabili le loro problematiche a livello fisico, spesso sottostimate, immediatamente conseguenti al comportamento alimentare e alle pratiche eliminative compensatorie (purging), e che influenzano a loro volta negativamente l’outcome 8, considerando anche che, insorgendo in età evolutiva, alla riduzione del peso si associa un arresto della crescita staturale e un mancato raggiungimento del picco di massa ossea che induce una grave osteoporosi, anche per la concomitanza dell’ipogonadismo ipogonadotropo, e il deficit dell’IGF1.

La bulimia, che si presenta di solito a una età meno precoce della AN, può rappresentare l’evoluzione di quest’ultima, caratterizzata sempre dalla stessa ossessione per il peso e le forme corporee, che nella AN si esprime attraverso la restrizione e il controllo estremo dell’apporto calorico, mentre nella BN si ha la perdita del controllo con abbuffate compulsive, seguite da metodi di compenso. La differenza tra AN e BN sta nella diversa proporzione tra controllo e difficoltà di mantenere lo stesso. Nella BN abbiamo spesso associazione con multicompulsività verso alcol, sostanze, shopping, scatenata per lo più da emozioni negative. Nella BN l’intensa ideazione su cibo e corpo, si associa a una incertezza identitaria che porta a una sensazione di vuoto interiore, la cui angoscia richiede che venga colmata con cibo, alcol, droghe 9.

Anche la BN si associa a complicanze mediche importanti, soprattutto legate alle pratiche eliminatorie, quali le callosità sul dorso delle mani (segno di Russel), l’ipertrofia delle ghiandole salivari, l’erosione dello smalto dentale, oltre alle lesioni esofagee. L’abuso di diuretici e lassativi espone poi ai disordini elettrolitici, soprattutto ipopotassiemia e ipocloremia, con conseguenze cardiovascolari spesso molto gravi 10.

Più che sforzarsi di far rientrare i DCA in categorie nosografiche, sottolineandone le differenze, sarebbe invece più opportuno ricercarne le caratteristiche comuni, soprattutto la condivisione dello stesso nucleo psicopatologico, con un pensiero invasivo che non cambia tra maschi e femmine, tra adulti o adolescenti, che sia una AN o BN o DAI. L’elemento patognomonico della diagnosi di DCA, non è il peso o la messa in atto di pratiche disfunzionali, non sono particolari esami ematochimici o strumentali, ma è un dato clinico che emerge dal semplice colloquio col paziente. Alla domanda “Quanto pensi al peso e al corpo?”, se la risposta è “continuamente… giorno e notte…” allora possiamo pensare a un DCA.

Il DAI si sta diffondendo sempre di più, in maniera preoccupante anche tra gli adolescenti, accompagnandosi frequentemente con disturbi dell’umore. L’abbuffata, non seguita da pratiche eliminatorie, fa sì che si arrivi alla obesità, con le relative complicanze organiche. Le diete restrittive possono rappresentare un fattore di rischio, soprattutto in bambini e adolescenti, e questo deve suggerire una riflessione sull’approccio nutrizionale corretto all’obesità infantile 11.

I sistemi cerebrali che regolano la gratificazione e il piacere, sono alla base dei comportamenti compulsivi. La ricerca del cibo ha una forte coloritura emozionale, funzionale alla sopravvivenza della specie, ma oggi, nel mondo occidentale, intorno al cibo, piacere accessibile ed economico, si consuma la battaglia tra desiderio e necessità di controllo, con divieti e restrizioni che finiscono per innescare meccanismi di perdita del controllo stesso.

Le problematiche che oggi osserviamo nel comportamento alimentare e nelle patologie a esso associate, vanno ricercate nella complessa interazione tra l’essere umano, immutato nel tempo e l’ambiente che si sta modificando a ritmo frenetico. In nessuna epoca storica si è mai avuta una tale disponibilità di cibo e un allarme così elevato rispetto alle patologie legate agli eccessi alimentari.

L’approccio terapeutico ai DCA, quindi, non può focalizzarsi sulla rieducazione alimentare, ma deve coinvolgere una ristrutturazione del soggetto, nella sua complessità, considerando il carattere multifattoriale della malattia, con interventi terapeutici integrati 12.

 

Percorsi terapeutici

Palazzo Francisci, a Todi, in Umbria, è stata la prima struttura pubblica residenziale in Italia, dedicata al trattamento dei DCA, che segue un approccio terapeutico integrato, multiprofessionale, interdisciplinare. Psicologi, medici, educatori con un lavoro di equipe, portano avanti obiettivi terapeutici finalizzati non solo a riportare il peso nella norma e migliorare le condizioni organiche ma, soprattutto, ad aiutare la mente a liberarsi del pensiero ossessivo che la pervade. Riabilitazione nutrizionale e psicologica devono andare di pari passo, in un percorso che dura mediamente dai 3 ai 5 mesi, nel quale viene coinvolta anche la famiglia, specialmente per pazienti in età evolutiva. In questo momento, l’esigenza più sentita è quella di creare percorsi diagnostico-terapeutici omogenei e condivisi, nelle varie strutture che si occupano dei DCA, per permettere un intervento tempestivo e appropriato, evitando dispersioni e perdite di tempo che sono la causa principale della cronicizzazione dei disturbi alimentari 5.

 

Conclusioni

I DCA rappresentano un grave problema di salute pubblica ed è prioritario affrontare il problema di come ridurre la morbilità e la mortalità, che risulta essere la più elevata tra i vari disturbi psichiatrici.

La diagnosi precoce e una tempestiva presa in carico del paziente all’interno di una equipe interdisciplinare, sono il primo passo fondamentale, poiché la prognosi è direttamente correlata con il tempo che intercorre tra l’insorgenza dei primi sintomi e l’inizio di una terapia adeguata e specifica.

Molto si deve fare, invece, nel campo della prevenzione che deve essere indirizzata, nelle fasce a rischio, non a una sorta di “educazione alimentare” o a aumentare le informazioni sul DCA, come purtroppo viene spesso fatto, inducendo frequentemente un rinforzo di comportamenti disfunzionali, ma considerando il disturbo come espressione di un disagio psichico adolescenziale, fare dei progetti allargati al benessere psico-fisico, tenendo conto dei contesti culturali e sulla costruzione di una stima di sé.

Occorre coinvolgere, in questo compito, accanto alle agenzie sanitarie, anche quelle non sanitarie, quali la scuola, le società sportive, le palestre, le scuole di danza…

È importante che gli interventi educativi siano finalizzati a promuovere un benessere psico-fisico legato alla accettazione di sé, attraverso una costruzione dell’identità che non passi esclusivamente attraverso l’immagine corporea.

 

Bibliografia

  1. Klesges RC, Isbell TR, Klesges LM. Relationship between dietary restraint, energy intake, physical activity, and body weight: a prospective analysis. J Abnorm Psychol 1992;101:668-674.
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  3. Hogan MJ, Strasburger VC. Body image, eating disorders and the media. Adolesc Med State Art Rev 2008;19:521-546,x-xi.
  4. Ministero della Sanità. Commissione di studio per l’assistenza ai pazienti affetti da Anoressia e Bulimia Nervosa. Annali della Sanità Pubblica (Nuova Serie) 1998;III(1,2,3):9-20.
  5. Dalla Ragione L, Vicini M, De Santis C, et al., I disturbi della nutrizione ed alimentazione: un’epidemia nascosta. Risultati del progetto CCM-Azioni Centrali del Ministero della Salute-Segretariato Generale. Roma. Ministero della Salute 2021.
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  8. Bertelloni S, Gravina G, Marucci S, et al. Anoressia nervosa: l’approccio nella fase acuta. Adolescentologia 2010;5:27-33.
  9. Marucci S, Dalla Ragione L. L’anima ha bisogno di un luogo. Milano: Tecniche Nuove 2007.
  10. Agras WS. Disorder of eating: anorexia nervosa, bulimia nervosa and binge eating disorder, Manual of Psychotherapy. Shader & Little Brown 1994.
  11. Babio N, Canals J, Pietrobelli A, et al. A two-phase population study: relationships between overweight, body composition and risk of eating disorders. Nutr Hosp 2009;24:485-491.
  12. Cuzzolaro M. Anoressie e bulimie. Bologna: Il Mulino 2004.

 

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