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Dermatologia

Dermatite atopica moderata-grave: quali novità per il pediatra

16 Feb 2024

Da Rivista Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica, organo ufficiale SIAIP

 

Riassunto

La dermatite atopica (DA) è una malattia infiammatoria cronica cutanea che colpisce milioni di bambini in tutto il mondo. La patogenesi della malattia è multifattoriale e comprende fattori genetici, immunologici e ambientali. La disregolazione immunitaria, la disfunzione della barriera cutanea e la disbiosi del microbioma cutaneo sono i tre meccanismi patogenetici principali. Attualmente, la DA moderata-grave ha un enorme impatto psicologico ed economico sia sui pazienti sia sulle loro famiglie. Negli ultimi anni, nuove evidenze hanno portato a una maggiore comprensione della patogenesi della DA, specialmente per quanto riguarda le forme moderate/gravi. Queste nuove conoscenze, insieme allo sviluppo di terapie innovative e “personalizzate”, hanno il potenziale di offrire una migliore gestione della malattia e dei suoi diversi outcome, con una ricaduta positiva sia nei bambini affetti che nei loro caregiver. Questa revisione riassume l’attuale stato dell’arte per quanto riguarda la patogenesi e la gestione della DA moderata-grave, incluso un focus sulle nuove terapie attualmente in fase di studio. Ulteriori studi permetteranno in futuro di ottimizzare e personalizzare le strategie di trattamento, valutando la sicurezza ed efficacia a lungo termine di tali molecole.

Parole chiave: dermatite atopica moderata-grave, farmaci biologici, pediatria, terapie personalizzate

 

Dermatite atopica: definizione, epidemiologia e diagnosi

La dermatite atopica (DA) è la più comune malattia infiammatoria cronica cutanea dell’età pediatrica. A oggi, i più recenti studi epidemiologici stimano una prevalenza di circa il 16,5% nella popolazione pediatrica italiana1 e una prevalenza mondiale molto variabile2 stimata attorno al 30%3. L’andamento della patologia è tipicamente intermittente-recidivante, con momenti intercritici interrotti da riacutizzazioni e lo sviluppo, nel tempo, di una progressiva evoluzione verso la cronicizzazione4.

La diagnosi di DA è clinica e si può avvalere dell’applicazione dei criteri modificati di Rajka4 (Tab. I), rammentando che l’eczema ha una distribuzione specifica per età: fino ai 2 anni di vita, volto, cuoio capelluto e superficie estensoria degli arti rappresentano le sedi tipiche, mentre a partire dai 2 anni le lesioni tendono alla lichenificazione e si collocano prevalentemente a livello delle pieghe di arti superiori e inferiori4. In seguito, con l’adolescenza le lesioni tendono a distribuirsi a livello di testa, collo, pieghe antecubitali e fosse poplitee, assumendo un aspetto maggiormente xerosico e lichenificato (Box 1)5,6. Più recenti rispetto agli storici criteri di Rajka sono i criteri proposti dall’American Academy of Dermatology, dove si è aggiunto il concetto dell’immuno-endotipo tra le caratteristiche principali7.

 

 

È sempre necessaria un’attenta valutazione clinico-anamnestica da parte di personale esperto, volta a escludere eventuali diagnosi differenziali5 (Tab. II).

Il danno di barriera cutanea, la disregolazione immunitaria e la disbiosi del microbioma cutaneo rappresentano i principali pilastri della patogenesi della DA (Fig. 1).

 

 

 

Il danno di barriera cutanea

La perdita di integrità cutanea è riconosciuta da tempo come uno dei meccanismi cardine nello sviluppo della DA8. La cute dei soggetti affetti si caratterizza infatti per un’aumentata perdita di acqua per via transdermica; inoltre mostra una composizione lipidica epidermica alterata, come l’accumulo di acidi grassi a catena corta e la riduzione degli acidi grassi a catena molto lunga, il che porta a un’organizzazione lipidica aberrante negli strati extracellulari, con conseguente ulteriore aumento della perdita di acqua transepidermica (TEWL) e possibile penetrazione di allergeni9,10.

Inoltre, la ridotta quantità di sfingosine e proteine stabilizzatrici di membrana conduce a una perdita dei fattori naturali di idratazione (NMF)8 e a un’alterata attività delle proteine costituenti, le cosiddette giunzioni strette, quali la claudina4. Infine, struttura lipidica e microbioma hanno un rapporto reciproco molto stretto: mentre la lunghezza della catena e il livello di idrossilazione e saturazione dei lipidi del sottocute contribuiscono alla predominanza di microbi specifici nella pelle sana, anche la disbiosi microbica cutanea può, per converso, influenzare la composizione di profili lipidici aberranti nella pelle con DA 11.

Una volta danneggiata, la barriera diventa impropriamente permissiva nei confronti di allergeni e irritanti ambientali, scatenando la risposta infiammatoria cutanea e predisponendo allo sviluppo di sensibilizzazioni allergiche. Tra i componenti della barriera cutanea più rilevanti è annoverata la filaggrina (FLG), una proteina strutturale dell’epidermide che risulta frequentemente mutata nei soggetti affetti da DA12,13. Le forme monomeriche di FLG sono prodotte a seguito del clivaggio del precursore profilaggrina, da parte di specifici enzimi, quali la callicreina 5 e la SASPasi14,15. La funzione biologica della FLG è quella di assicurare l’integrità cutanea tra i cheratinociti prevenendo la perdita d’acqua transepiteliale8. La FLG consente, inoltre, di mantenere il pH cutaneo a valori fisiologici (circa 5) per la pelle; attraverso questi meccanismi chiave, il pH riveste un ruolo regolatorio chiave per la difesa antimicrobica, l’omeostasi della barriera cutanea, il controllo dell’infiammazione e la mediazione del prurito. Il pH della pelle esercita questi effetti sia direttamente sia indirettamente, in base all’asse pH-serin proteasi e al recettore proteasi attivato 2, ostacolando la proliferazione locale di microrganismi nocivi8,16.

Al contrario il pH cutaneo tendenzialmente basico, che è caratteristico della DA, ha perciò una moltitudine di effetti negativi: promuove la crescita batterica dannosa, porta a un’alterata difesa antimicrobica, a un’alterata sintesi dei lipidi, all’aumentata attività proteasica e all’attivazione del recettore 2 attivato dalla proteasi (PAR2)17. Un maggiore squilibrio del pH cutaneo e della TEWL tra cute lesionale e peri-lesionale è associato infatti a una maggiore probabilità di riacutizzazione della malattia.

La FLG, come detto, fornisce fattori idratanti naturali composti da prodotti della sua degradazione (ovvero, aminoacidi liberi, acido urocanico e acido pirrolidina carbossilico), fondamentali per le funzioni della barriera. Pertanto, è intuitivo che mutazioni a carico del gene FLG si associno allo sviluppo di xerosi cutanea e a un incrementato rischio di sviluppare precocemente DA in età pediatrica12. I microorganismi presenti sulla cute richiedono acqua, fonti di carbonio, azoto, macro- e microelementi. L’acqua è fondamentale per la crescita microbica sulla pelle e la quantità di acqua disponibile per supportare questa crescita è definita come attività dell’acqua (aw). L’attività dell’acqua varia da 0 (nessuna disponibilità di acqua gratuita) a 1,0 (tutte le molecole d’acqua sono libere)18. L’attività dell’acqua influenza fortemente la crescita dei microrganismi. Ad esempio, S. aureus è in grado di crescere fino a un’aw di 0,83, mentre S. epidermidis è meno resistente (ovvero, incapace di crescere sotto un’aw di 0,87) e P. fluorescens non è in grado di crescere al di sotto di un’aw di 0,97. Pertanto, la quantità di acqua disponibile nelle diverse aree cutanee determina in parte quale tipo di germe può abitare quella sede. Poiché la pelle secca favorisce la crescita di stafilococchi potenzialmente invasivi, inibendo di contro la crescita di organismi commensali come gli stafilococchi coagulasi negativi, l’aspetto più importante per tenere sotto controllo l’infiammazione della pelle è non lasciare che la pelle si secchi, il che chiarisce bene l’importanza di una skin care corretta19.

Infine, le citochine di tipo 2 come interleuchina (IL) 4 e IL13 agiscono in sinergia, riducendo sia l’espressione di FLG (con riduzione, sulla cute lesionale, dei livelli di acido urocanico e piroglutamico), sia l’espressione dei geni della β-defensina umana (HBD-2 e -3). IL-4 e IL-13 inibiscono anche l’espressione delle elongasi degli acidi grassi (ELOVL 3 e 6) che aumentano la lunghezza della catena degli acidi grassi C16-C20, contribuendo a inibire la generazione di acidi grassi C24-C32 e ceramidi20. Anche i peptidi antimicrobici come defensina LL-37 (catelicidina), β-defensine e dermicidina sono presenti a livelli ridotti nella cute lesionale.

 

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