Update per il Pediatra
COVID-19

Cosa si prospetta per i bambini dopo la pandemia?

14 Feb 2022

Intervista al professor Gian Luigi Marseglia, Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università degli Studi di Pavia presso la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo

a cura di Piercarlo Salari, pediatria e divulgatore medico scientifico – Milano

 

Nei tempi più recenti l’impatto del Covid sui bambini è risultato sorprendentemente maggiore rispetto alle aspettative e parallelamente si è registrata una recrudescenza delle tipiche malattie febbrili dell’infanzia: si tratta di due eventi interpretabili come frutto di mera casualità oppure espressione di fenomeni strettamente intercorrelati sotto il profilo epidemiologico? Abbiamo sottoposto questo interrogativo, per un approfondimento, al professor Gianluigi Marseglia, Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università degli Studi di Pavia presso la Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo.

 

I bambini stanno ora pagando un tributo inaspettatamente più gravoso per il Covid. La sua esperienza è in linea con questo riscontro?

Sì, ma per una migliore comprensione della realtà può tornare utile un rapido excursus storico. Presso il nostro centro, allestito nel febbraio 2020 come primo reparto Covid pediatrico avevamo osservato che, a dispetto di un impatto clinico apparentemente modesto, se non forse all’assenza di ripercussioni, sui bambini, il nuovo Coronavirus poteva dare luogo a complicanze serie, di cui è emblematica la sindrome infiammatoria multisistemica (MISC); alcune manifestazioni cutanee isolate, suggestive di vasculite periferica, per quanto frequenti, sono state spesso sottovalutate per il loro carattere limitato e  transitorio la loro evoluzione differente rispetto all’adulto. Abbiamo poi dimostrato che i bambini si caratterizzano per una carica virale molto elevata e, analogamente a quanto si verifica in altre situazioni, costituiscono una fonte di contagio di notevole rilevanza. Va inoltre ricordato che la chiusura delle scuole ha comportato nei piccoli una ridotta circolazione del virus, che invece ha colpito selettivamente la popolazione anziana e gli individui fragili, diabetici o affetti da varie comorbilità. Si spiega così perché il Covid è rimasto per lo più settorializzato e solo apparentemente ha risparmiato l’età pediatrica.

 

Quale eredità ha lasciato dall’esperienza della pandemia?

L’evoluzione del virus a mio parere ha seguito proprio l’evoluzione che gli epidemiologi dell’Istituto Superiore di Sanità avevano previsto. La variante omicron, molto molto più infettante del virus selvaggio, sopraggiunta in concomitanza della riapertura delle scuole, ha comportato un’impennata dei contagi nei bambini, che si sono così configurati come la fascia non protetta nei cui confronti quale il virus ha esercitato maggiormente la propria pressione selettiva: la campagna vaccinale, d’altra parte, era inizialmente mirata alla copertura di anziani e adulti e soltanto in un secondo tempo è stata estesa all’età pediatrica. In definitiva abbiamo avuto la dimostrazione di quanto l’andamento dell’epidemia sia stato fortemente condizionato dalle strategie intraprese e da come è cambiata nel tempo la popolazione di soggetti suscettibili.

 

Qual è stato lo scenario delle infezioni “classiche”?

Per la prima volta, nella mia esperienza ultraquarantennale, nel 2020, non ho osservato l’epidemia da virus respiratorio sinciziale (RSV): questo patogeno, infatti, con la chiusura degli asili nido, non ha avuto modo di diffondersi; la stessa esperienza è riportata dai colleghi dell’emisfero australe, a riprova del fatto che il RSV non è circolato. Per la stessa ragione l’incidenza dell’influenza stagionale è letteralmente precipitata. Quest’anno, invece, abbiamo riscontrato una ripresa straordinaria dell’infezione da RSV.

 

Nei genitori la febbre evoca ancora lo spettro del Covid: in che modo il pediatra dovrebbe evitare di farsi travolgere dalla loro ansia?

Il primo aumento della temperatura corporea porta istintivamente i genitori a sospettare che si tratti di Covid, il cui quadro clinico, però – giova ricordarlo – è alquanto eterogeneo nei bambini, come avevamo riportato sin dall’inizio della pandemia in un articolo pubblicato su Jama Pediatrics nel 2020. Per questa ragione, per il pediatra, di fronte a una sintomatologia sospetta, è fondamentale escludere in prima battuta la diagnosi di Covid, facendo ricorso al test di screening. Fermo restando il fatto che il Covid, in generale, non deve generare apprensione, ma richiede cautela soltanto in particolari contesti, come la persistenza di febbre elevata e in soggetti in età adolescenziale, obesi o affetti da altre patologie concomitanti. I pediatri dovrebbero poi incentivare la vaccinazione dei bambini, per scongiurare sia lo sviluppo di complicanze gravi e non prevedibili, quale la MISC, sia il rischio di un focolaio epidemico locale che comporti un temporaneo ritorno alla didattica a distanza.

 

Cosa si prospetta per l’immediato futuro?

Siamo reduci da un evento epocale che ci ha fatto riflettere su come una nuova patologia abbia cambiato in maniera incisiva la nostra strategia comportamentale e la gestione sanitaria. Questa esperienza, però, non sarà definitivamente conclusa quando le mascherine non saranno più necessarie: al pari di molti patogeni, infatti, anche il Coronavirus persisterà. Non escludo che probabilmente sarà raccomandata una vaccinazione annuale, come nel caso dell’influenza. Starà a noi non dimenticare, anzi mettere in pratica, la lezione impartita dal Covid, a partire dal rispetto delle regole igieniche basilari e dalla considerazione di come il singolo individuo, con il proprio modo di essere e rapportarsi agli altri, possa contribuire alla diffusione di un virus all’interno della comunità. La Medicina insegna che possono sorgere malattie del tutto sconosciute, così come altre, vecchie, possono scomparire o viceversa riemergere: dovremo, insomma, rassegnarci a convivere con il SARS-Cov-2, consapevoli dell’importanza della prevenzione e al tempo stesso attenti alle conseguenze che una malattia può comportare sull’intera società e non soltanto limitatamente al suo impatto sanitario.

 

 

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