Update per il Pediatra
Neurofibromatosi

Complicanze della NF1: overview sulle complicanze oncologiche e del metabolismo dell’osso

19 Lug 2023

In questa seconda video-pillola della rubrica Neurofibromatosi si approfondiscono le complicanze oncologiche e del metabolismo osseo.
La disamina delle stesse tematiche viene affrontata nello slide kit a supporto ulteriore del video.

Dott. Gianluca Piccolo
UOSD Neuro-Oncologia – IRCCS Istituto Giannina Gaslini, Genova

 

 

 

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NF1 e rischio oncologico

La neurofibromatosi di tipo 1 (NF1) è una sindrome da predisposizione tumorale, poiché i soggetti affetti hanno un maggior rischio di sviluppare problematiche oncologiche fin dai primi anni di vita.

Sono principalmente coinvolti la cute e il sistema nervoso, sia centrale che periferico. Più raramente vi può essere l’interessamento di apparato emolinfo-poietico, surrene, mammella e tratto gastrointestinale.

Nella maggioranza dei casi i tumori NF1-correlati sono benigni, pur presentando alcuni di essi un potenziale di trasformazione maligno. Risulta pertanto fondamentale garantire sempre la presa in carico presso un centro multispecialistico con esperienza nella patologia, per consentire un’adeguata sorveglianza sia in età pediatrica che adulta.

 

Cute e sottocute

I neurofibromi cutanei sono presenti nella quasi totalità degli adulti con NF1 (se almeno due, costituiscono un criterio diagnostico); sono tumori benigni a sviluppo esofitico, che originano dalle guaine dei nervi periferici. Hanno una consistenza molle, un diametro variabile (da millimetri a 2-3 cm) e una localizzazione preferenziale al tronco. Solitamente a insorgenza nella tarda età pediatrica, tendono ad aumentare progressivamente di numero in età adulta, costituendo un rilevante problema di natura estetica nonché una fonte di infiammazione nelle sedi di frizione. In tali casi è possibile eseguire delle sessioni di chirurgia per l’exeresi di un numero considerevole nella stessa seduta. Non hanno potenziale di trasformazione maligna.

I neurofibromi sottocutanei, anch’essi criterio diagnostico se > 2, non hanno uno sviluppo esofitico, ma possono presentarsi inizialmente sotto forma di “blue-red macules”, ossia delle macule bluastre o rossastre con una sensazione di ridotta consistenza (locus minoris resistentiae) alla digitopressione. Possono causare dolore o parestesie localizzate e tendono ad aumentare con l’età.

Trattandosi in entrambi i casi di segni cutanei diagnostici per patologia e facilmente individuabili con l’osservazione, è fondamentale, in occasione dei bilanci di salute e delle visite dal pediatra, spogliare integralmente il bambino e valutare tutto l’ambito cutaneo, richiedendo una valutazione dermatologica in caso di riscontro di segni di sospetto.

 

Neurofibromi plessiformi

I neurofibromi plessiformi (PNF) sono tumori benigni misti dei nervi periferici, che risultano inglobati in una densa matrice costituita da cellule di Schwann, fibroblasti, monociti-macrofagi. Possono riguardare qualunque distretto corporeo, anche se più spesso si localizzano a livello della regione testa-collo.
Sono considerati dei tumori pressoché connatali, in quanto spesso già presenti (sebbene di piccole dimensioni) nei primi mesi di vita. Hanno una tendenza all’accrescimento durante il periodo infantile e adolescenziale, andando progressivamente a stabilizzarsi nell’età adulta. Si riscontrano in circa il 50% dei pazienti con NF1.

Questi tumori portano con sé un numero cospicuo di problematiche associate:

  • dolore, inizialmente solo alla palpazione ma che può poi diventare cronico, dovuto sia alla sofferenza per compressione delle fibre nervose, sia al rilascio di fattori che creano un microambiente che induce nocicezione;
  • sfiguramento, specialmente quando è coinvolto il volto o il collo, con associate delle problematiche di natura psicologica, rifiuto sociale, stati d’ansia e depressivi;
  • compressione sugli organi circostanti, particolarmente rischiosa se avviene su grossi vasi e vie aeree;
  • ostacolo alle normali attività della vita quotidiana, soprattutto quando localizzati distalmente a livello degli arti superiori o inferiori.

Circa il 10% dei PNF evolve, per lo più in età adulta, nella controparte maligna chiamata tumore maligno delle guaine nervose periferiche (MPSNT), principale causa di exitus nei pazienti con NF1, contribuendo notevolmente all’abbassamento dell’aspettativa di vita, che è in media di circa 15 anni inferiore rispetto alla popolazione generale.

La risonanza magnetica (RM) è il gold standard per la diagnosi e la sorveglianza dei PNF.
In età di transizione è consigliato eseguire una RM a corpo intero con sequenze STIR per quantificare il carico tumorale.
Nel sospetto di una trasformazione maligna di un PNF (ad es. per insorgenza di dolore cronico, rapido accrescimento, modifica delle caratteristiche alla RM), è indicato eseguire un approfondimento con FDG-PET/CT.

In passato l’unica opzione di trattamento per i PNF era la chirurgia, con l’obiettivo di ridurne il volume (per le caratteristiche infiltrative con estensione tentacolare dei PNF nei tessuti circostanti, una exeresi radicale è raramente ottenibile). Da alcuni anni sono in fase di studio e di approvazione nuovi farmaci, appartenenti alla classe degli inibitori della via di segnale della MAP-chinasi, che si possono assumere quotidianamente per bocca e che hanno mostrato negli studi clinici un buon controllo dell’accrescimento, con una frequente riduzione volumetrica e un buon controllo del dolore; purtroppo, al momento non è dimostrata una pari efficacia nel ridurre il rischio di trasformazione maligna in MPNST. I principali eventi avversi correlati alla terapia si manifestano prevalentemente a livello cutaneo (rash, acne, infiammazione e infezione periungueale), gastrointestinale (dispepsia e diarrea) e con un incremento asintomatico dei valori ematici di creatinchinasi. In Italia la somministrazione di alcuni di questi farmaci è al momento possibile solo presso centri di riferimento per la patologia, in quanto non ancora in commercio.

 

Sistema nervoso centrale

Circa il 25% dei pazienti con NF1 sviluppa nel corso della vita un tumore del sistema nervoso centrale.
Il più frequente è il glioma delle vie ottiche (OPG), un tumore a comportamento benigno, con diagnosi in età infantile (in media a 4-5 anni di vita) e localizzazione più frequente lungo le vie ottiche anteriori (talvolta bilateralmente) e regione chiasmatica. Circa il 20% dei bambini con NF1 svilupperà almeno un OPG nel corso della vita.
Solitamente il primo segno è il calo dell’acuità visiva, presente all’esordio in circa il 50% dei casi; nella restante metà dei casi sono pressoché asintomatici. Pertanto, tutti i pazienti con una diagnosi o un sospetto di NF1 dovrebbero effettuare una visita oculistica annuale (almeno fino al compimento degli 8 anni) da un oculista pediatrico o neuro-oftalmologo con esperienza in NF1. La valutazione oculistica dovrebbe prevedere visus (con metodica adeguata all’età), fundus oculi, test pupillari, valutazione della motilità oculare estrinseca e, quando il paziente collabora sufficientemente, un campo visivo.
Negli ultimi anni nei centri di riferimento è sempre più utilizzata un’altra metodica chiamata OCT (optical coherence tomography), che misura lo spessore dello strato di fibre nervose retiniche. È un esame rapido, eseguibile non appena il bambino inizia a collaborare (solitamente dai 3-4 anni), facilmente confrontabile di anno in anno. La riduzione di spessore è considerato un indice di sofferenza del nervo ottico, spesso dovuto alla presenza retrostante di un glioma.
Gli OPG in NF1 hanno un comportamento ben diverso dai casi sporadici (ossia in soggetti non sindromici): infatti, nei pazienti NF1 le dimensioni del tumore possono variare nel tempo, con dei periodi di crescita alternati a stabilità e talvolta anche a una riduzione del volume; inoltre è scarsa la significatività prognostica della captazione di mezzo di contrasto alla RM.
Per quanto riguarda la terapia, l’opzione chirurgica solitamente non è percorribile per l’alto rischio di complicanze sull’apparato visivo e sulla regione ipofisaria; la radioterapia in generale è sempre controindicata nella NF1 per l’alto rischio di tumori secondari.
È da sottolineare come, a differenza dei gliomi sporadici dei nervi ottici (non associati a NF1), solo un sesto dei pazienti NF1 con OPG avrà necessità di sottoporsi a chemioterapia, con buone percentuali di successo nell’interrompere la crescita del tumore (sebbene purtroppo non sia efficace nel migliorare il visus).

Oltre agli effetti sulla vista, se l’OPG coinvolge la regione chiasmatica, si possono associare deficit ormonali (specie di GH e TSH) e insorgenza di pubertà precoce. Dato il maggior rischio di pubertà precoce, intrinseco alla NF1, è importante in occasione delle visite pediatriche monitorare l’altezza, valutare lo sviluppo sessuale e, in caso di dubbio (ed es. incremento del volume testicolare, comparsa di leucorrea, velocità di crescita eccessiva), riferire il paziente a un centro di endocrinologia pediatrica.

Dopo gli OPG, i tumori più frequenti sono i gliomi di basso grado come gli astrocitomi pilocitici, che si possono localizzare a livello emisferico, cerebellare, nel tronco e più raramente a livello spinale. Hanno un comportamento per lo più indolente, pur potendo dare metastasi a distanza o formare delle cisti con effetto compressivo sui tessuti e sui circuiti circostanti. La loro gestione prevede un connubio di neurochirurgia e chemioterapia. Sono purtroppo possibili anche tumori a comportamento più aggressivo, che tipicamente insorgono nella maggiore età ma raramente possono colpire anche i bambini (es. gliomi pediatrici di alto grado, ex glioblastoma, e astrocitoma anaplastico con caratteristiche piloidi).

 

Ulteriori tumori

Altre patologie tumorali che hanno una maggior incidenza nella NF1 rispetto alla popolazione generale sono la leucemia mielomonocitica giovanile (JMML), il feocromocitoma – soprattutto nei giovani adulti – per la sorveglianza del quale si raccomanda a partire dalla età adolescenziale il monitoraggio costante dei valori di pressione arteriosa, i tumori stromali gastrointestinali (GIST) e, nelle donne, il cancro della mammella, per il quale si raccomanda una sorveglianza con risonanza magnetica mammaria a partire dai 30 anni.

Riassumendo, i segni di allarme per patologia tumorale che devono far inviare con priorità bambini e ragazzi con NF1 al centro di riferimento sono:

  • calo repentino dell’acuità visiva;
  • comparsa improvvisa di strabismo o nistagmo;
  • insorgenza di elementi suggestivi per pubertà precoce;
  • prima crisi epilettica;
  • ipertensione arteriosa.

 

 NF1 e alterato metabolismo osseo

Alla NF1 si associano numerose alterazioni ossee, alcune delle quali considerate dei veri e propri criteri diagnostici, quali:

  • la displasia dello sfenoide;
  • la scoliosi, che può essere distrofica (più grave) o non distrofica;
  • la displasia delle ossa lunghe.

Le ossa più frequentemente coinvolte in quest’ultimo fenomeno sono la tibia e il perone, che possono subire un progressivo incurvamento anterolaterale; spesso la tibia incurvata andrà incontro a frattura, con difficoltà di guarigione e conseguente fenomeno della pseudoartrosi.
Pur non essendo tra i criteri diagnostici, le alterazioni toraciche anteriori, come il pectus excavatum (più usuale) e il carinatum sono più frequenti nella NF1 rispetto alla popolazione generale. Inoltre, circa il 50% delle NF1 sviluppa nel corso della vita osteopenia o osteoporosi, con un significativo incremento dell’incidenza di frattura delle ossa lunghe e morbilità.
È da sottolineare come tali manifestazioni scheletriche siano un unicum nell’ambito delle rasopatie, gruppo di patologie di cui fa parte la NF1, accomunate dall’alterata attività della medesima via di conduzione del segnale intracellulare.

Numerosi studi sono stati condotti sia in vitro che in vivo (su topi knockout per gene NF1) per ricercare le cause di queste manifestazioni scheletriche peculiari.
Tra le ipotesi patogenetiche ricordiamo:

  • la minore attività fisica svolta dai bambini con NF1;
  • la ridotta esposizione solare (perché spesso sconsigliata, nonché probabilmente per una certa ritrosia di alcuni pazienti a esporre la propria cute in pubblico);
  • l’insufficienza di vitamina D (in parte conseguenza dell’osservazione precedente), che riguarda fino a oltre il 60% dei pazienti testati, con un’associata riduzione della densità minerale ossea;
  • l’inattivazione del secondo allele del gene NF1 per seconda mutazione somatica (la cosiddetta loss of heterozigosity), con completa assenza di neurofibromina; questo determinerebbe una iperattivazione degli osteoclasti, con conseguente rimaneggiamento e alterazione della matrice ossea;
  • un’aumentata escrezione di FGF23 (Fibroblast Growth Factor 23) da parte degli osteociti che hanno perso entrambe le copie del gene NF1, causa di osteomalacia ipofosfatemica; essa si caratterizza per dei bassi livelli di fosfati nel sangue e un’incrementata escrezione renale, con anomala mineralizzazione ossea e diffusa osteopenia;
  • un incremento significativo dei valori ematici TGF β1, che causa iperattivazione del pathway di SMAD, con la conseguente differenziazione patologica degli osteoclasti e degli osteoblasti a favore del riassorbimento osseo. Queste ultime tre ipotesi sono state al momento dimostrate solo su modelli murini.

Va purtroppo evidenziato come gli studi clinici siano stati effettuati su coorti di pazienti con età, condizioni cliniche e gravità del fenotipo molto eterogenee; non è infatti a tutt’oggi dimostrata relazione univoca neppure tra la diagnosi di NF1 e l’insufficienza di vitamina D, né tantomeno tra i bassi valori di vitamina D e la ridotta densità minerale ossea in questi pazienti.

È probabile che la combinazione di scarsa esposizione solare, ridotti livelli ematici di vitamina D, insufficiente attività motoria e variazioni nella secrezione dei fattori che regolano la differenziazione delle cellule dell’osso concorrano tutti insieme a determinare le alterazioni del metabolismo osseo nei pazienti con NF1. Le alterazioni di maturazione degli osteoblasti e di attività degli osteoclasti e la riduzione della massa ossea concorrono verosimilmente alla gravità delle deformità ossee, soprattutto nei punti di maggior carico (tibia e colonna vertebrale).

Sebbene l’entità delle displasie scheletriche potrebbe essere correlata a fattori genetici ed epigenetici, la dimostrazione recente di un’associazione con i processi di formazione e di riparazione ossea può potenzialmente fornire dei target per nuovi approcci terapeutici.

 

Bibliografia

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