Update per il Pediatra
Allergie

Allergeni importati: qual è lo stato dell’arte in Italia?

11 Dic 2023
allergia-bambini

Da Rivista Italiana di Allergologia e Immunologia Pediatrica, organo ufficiale SIAIP

 

Abstract

Gli allergeni “importati” possono essere coinvolti in varie reazioni allergiche con connotati inusuali ed inaspettati. Nello specifico, possono essere coinvolti nella patogenesi di rinocongiuntivite allergica, asma, allergia alimentare, allergia a veleno di imenotteri. Il riscontro di allergie respiratorie causate da allergeni importati è riconducibile, per esempio, sia alla diffusione casuale tramite le correnti aeree che alle pratiche commerciali che hanno introdotto specie non native nel nuovo contesto geografico. Un esempio è rappresentato dall’ Ambrosia artemisiifolia L. (ambrosia comune), pianta originaria del Nord America e che è attualmente nella parte occidentale della Lombardia. Ulteriori esempi dell’influenza del cambiamento climatico sono rappresentati dalla variazione della concentrazione pollinica nell’area Toscana Nord-Ovest e in Trentino Alto-Adige. La cannabis può rappresentare un ulteriore esempio di allergene importato, in considerazione del non infrequente uso di questa sostanza anche negli adolescenti. Al momento attuale, non esiste un elenco validato di potenziali allergeni alimentari importati.  Essi derivano perlopiù da alimenti etnici, riconducibili soprattutto alla cucina cinese/giapponese, messicana/latino-americana, araba/mediorientale, del sud-est asiatico e africana. Una novità è la recente autorizzazione all’immissione di quattro farine di insetti nel mercato europeo e quindi italiano: Acheta domesticus, Tenebrio molitor, Alphitobius diaperinus, Locusta migratoria. Inoltre, l’associazione tra cambiamento climatico, introduzione accidentale tramite il traffico commerciale aereo e assenza nell’ecosistema di destinazione di nemici naturali, ha causato la comparsa di uno specifico imenottero, la Vespa Velutina o Calabrone asiatico, in Europa e in Italia. In conclusione, eventi esterni ascrivibili all’azione dell’uomo, come il cambiamento climatico e l’introduzione di piante, alimenti e imenotteri non autoctoni tramite il commercio hanno contribuito alla problematica degli allergeni importati. L’allergologo pediatra ha il compito di porre una corretta diagnosi in modo da orientare nel migliore dei modi il percorso diagnostico e terapeutico.

Parole chiave: allergeni importati, ambrosia artemisiifolia, cannabis sativa, alimenti etnici, vespa velutina

 

Introduzione

Le malattie allergiche rappresentano un gruppo di condizioni causate dalla ipersensibilità del sistema immune verso gli allergeni presenti nell’ambiente 1. Queste malattie includono l’allergia alimentare, la rinite allergica, l’asma, la dermatite atopica, l’allergia a insetti e farmaci. In linea teorica, qualsiasi allergene può scatenare una reazione allergica. Le IgE giocano un ruolo fondamentale nello scatenamento, sviluppo e cronicizzazione della risposta infiammatoria allergica. Le IgE si legano ai recettori ad alta affinità FcεRI espressi sulla superficie dei mastociti e dei basofili e sui recettori a bassa affinità espressi sulle cellule B e altre cellule ematopoietiche. Nel corso della iniziale esposizione antigenica, le cellule dendritiche presentanti l’antigene sensibilizzano le cellule T “naive” verso l’allergene e indirizzano il loro sviluppo in T-helper (Th2). Questo induce la produzione di citochine infiammatorie (Il-4 e IL 13) che amplificano la risposta allergica. Ripetute esposizioni allergeniche determinano un cross linking delle IgE sulla membrana dei mastociti e dei basofili, con conseguente degranulazione cellulare dei mediatori della allergia (istamina, leucotrieni, triptasi, ecc.). Nella pratica clinica, gli allergeni comuni sono rappresentati da pollini, spore fungine, acari della polvere domestica, epitelio di animali, alimenti, prodotti biologici e veleno di imenotteri 2. Allo stesso tempo, potenzialmente tutte le sostanze presenti nell’ambiente possono fungere da allergeni che possono causare una reazione allergica 3. Gli allergeni “importati” da paesi esteri possono quindi essere coinvolti nelle reazioni allergiche con connotati inusuali e inaspettati 3. Nello specifico, possono essere coinvolti nella patogenesi di rinocongiuntivite allergica, asma, allergia alimentare, allergia a veleno di imenotteri.

 

Allergia respiratoria

Il riscontro di allergie respiratorie causate da allergeni importati è riconducibile sia alle correnti aeree che alle pratiche commerciali che hanno introdotto specie non native nel nuovo contesto geografico 4. Una volta introdotto il seme di una pianta in una nuova area, molteplici fattori sono coinvolti nella diffusione del suo allergene pollinico, come l’urbanizzazione e il cambiamento climatico. Infatti, tali fattori possono influire sulla tempistica, quantità e allergenicità del polline sia locale che importato. Nello specifico, maggiori concentrazioni di anidride carbonica e temperature più elevate, possono aumentare la quantità di polline e indurre stagioni polliniche più lunghe. È dimostrato che l’allergenicità del polline può aumentare sia in conseguenza ai cambiamenti climatici che per l’interazione con gli inquinanti atmosferici 5,6. Un esempio è rappresentato dall’Ambrosia artemisiifolia L. (ambrosia comune) (Fig. 1), pianta originaria del Nord America, che si è sviluppata in Europa negli ultimi decenni 7. In Italia, essa è attualmente presente nella parte occidentale della Lombardia 8. L’ambrosia è una pianta che predilige il clima temperato e prolifera in aree asciutte, soleggiate ed erbose, in suoli sabbiosi, argini di fiumi, bordi stradali e campi abbandonati 9. In generale, l’ambrosia necessità di un clima molto caldo per attecchire e rilasciare i suoi pollini 10. A livello climatico, l’area del Mediterraneo sembra adatta solo all’attecchimento e alla sopravvivenza dell’ambrosia, non favorendo la sua fioritura. Tuttavia, la facilità di crescita dell’ambrosia, l’assenza di nemici naturali, la sua resistenza agli erbicidi, l’elevata variabilità genetica delle popolazioni invasive fanno sì che in alcuni paesi, come Olanda, Belgio e area del Mediterraneo, i pollini di ambrosia siano presenti in quantità maggiore rispetto a quanto atteso 11-14. In Italia, l’ambrosia è stata segnalata per la prima volta nel 1901 in Piemonte, essendo giunta in Lombardia negli anni ’40 ed essendosi diffusa successivamente in maniera consistente a partire dagli anni ’80. Attualmente, l’area nord-ovest di Milano e il sud di Varese sono le aree dove l’ambrosia è maggiormente presente 15. Il polline dell’ambrosia è estremamente allergenico e può produrre da 100 milioni a 3 miliardi di granuli di polline 16. Nei soggetti allergici all’ambrosia si possono sviluppare sintomi di rinite e asma 17. Le strategie terapeutiche sono sovrapponibili a quelle delle altre allergie respiratorie indotte da pollini: evitamento dell’allergene, terapia medica, immunoterapia allergene specifica 18. In presenza di elevati livelli di CO2, l’ambrosia produce maggiore quantità di pollini. Allo stesso tempo, il cambiamento climatico comporta un aumento del periodo di pollinazione dell’ambrosia. Tenendo in considerazione questi fattori è possibile che la produzione di polline di ambrosia possa aumentare significativamente in futuro, così come il suo impatto su rinocongiuntivite allergica e asma 19,20. Un ulteriore esempio di impatto del cambiamento climatico a livello ambientale è rappresentato dal cambiamento nelle concentrazioni delle muffe e dei pollini prevalenti nell’area Toscana Nord-Ovest dal 2010 al 2019. Nello specifico, è stato rilevato in tale area un aumento della concentrazione dei pollini di ambrosia, graminacee e delle spore di alternaria e una diminuzione della concentrazione dei pollini di betulla e cupressaceae 21. Contestualmente, in Trentino Alto-Adige è stato osservato una aumento della concentrazione del polline artemisia 22. Il connotato aerobiologico di aumento di concentrazione di specifici pollini presenta specifiche ricadute sulla pratica clinica, in quanto può esacerbare la sintomatologia allergica nei soggetti affetti 20.

 

 

La cannabis rappresenta un altro esempio di allergene importato che assume una certa rilevanza anche in ambito pediatrico, in considerazione al frequente uso negli adolescenti 23-24. La Cannabis sativa è una pianta originaria dall’Asia, che fiorisce dalla fine dell’estate all’inizio dell’autunno (Fig. 2) L’importazione, e quindi l’utilizzo, di cannabis sativa è aumentato rispetto agli scorsi decenni; contestualmente, si è osservata un’aumentata incidenza di allergia alla cannabis 25. In Italia, il Ministero della Salute regolamenta la sua dispensazione ai pazienti, indipendentemente dalla procedura di acquisizione (tramite aziende regolarmente autorizzate o tramite la procedura autorizzativa ministeriale – DM 11 febbraio 1997), che deve avvenire come preparazione magistrale su prescrizione non ripetibile del medico curante, redatta secondo quanto previsto dalla legge 94/98. A ogni modo, la cannabis sativa è la droga ricreativa più diffusa al mondo ed è quindi diffusa la sua coltivazione illegale 26. Il polline di cannabis analogamente ad altri pollini è in grado di provocare reazioni allergiche per inalazione. Il periodo di fioritura nelle coltivazioni all’aperto inizia di solito a metà luglio e dura 6-8 settimane. Nelle coltivazioni indoor invece il periodo di fioritura è dipendente dall’esposizione alla luce, e inizia quando i cicli di luce vengono impostati con 10-12 ore di oscurità. Le potenziali manifestazioni cliniche associate all’esposizione al polline di cannabis sono rappresentati da rinite, congiuntivite, orticaria da contatto, asma e, in casi molto rari, anche shock anafilattico 26. Infatti, i semi di canapa da cui deriva la cannabis possono essere ingeriti dando sintomi di allergia alimentare mentre il contatto con la polvere di cannabis può causare i sintomi di un’allergia professionale alla cannabis, quali dermatiti da contatto e asma 27-29.

 

 

La patogenesi delle reazioni allergiche alla cannabis è legata sia all’esposizione ad allergeni propri della cannabis sativa che a reazioni nei confronti di allergeni cross-reattivi con alimenti vegetali strutturalmente simili. Nello specifico, la cannabis contiene un allergene, Can s 3 che appartiene alle non-specific Lipid Transfer Protein (ns-LTP) ed è presente in verdura e frutta, tra cui pesca, mele, pomodori, melanzane, castagne, mandorle, noci. Nei soggetti sensibilizzati alla LTP della cannabis, per un meccanismo di cross-reattività, si possono avere reazioni di cross-reattività con LTP presenti in frutta e verdura. Questa sindrome prende il nome di “sindrome cannabis-frutta-verdura” 30. Inoltre, è stata dimostrata la presenza di allergeni cross-reattivi anche con cereali, tabacco, latex, vino, birra 31. La diagnosi di allergia a Cannabis Sativa si basa, sull’anamnesi, spesso non facile da raccogliere a causa dell’utilizzo illegale di tale sostanza, e sullo skin prick test, i cui estratti vengono in genere allestiti da gemme schiacciate, foglie, e fiori della pianta 26. In ogni caso, la mancanza di estratti commerciali e di test in vitro standardizzati e validati non consente un adeguato work-up diagnostico di allergia alla cannabis. La terapia non differisce da quella delle altre forme di allergie respiratorie o alimentari. Sono stati riportati anche sporadici casi di immunoterapia allergene specifico intramuscolo o sottocutanea con cannabis sativa, a oggi senza solida dimostrazione di efficacia 25.

 

 

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