Update per il Pediatra
Salute e Sanità

Abuso e maltrattamento sui minori: la funzione del Pediatra di famiglia nella prevenzione e nella rilevazione dell’abuso

15 Mag 2023

da We People il magazine della rete pediatrica toscana

Elisabetta Cappelli Pediatra di famiglia, Vaiano (Prato), ASL Toscana Centro, SICuPP Toscana;

Monica Pierattelli Pediatra di famiglia, Campi Bisenzio (Firenze), ASL Toscana Centro, SICuPP Toscana

 

Una trentina di anni fa, nell’ambito della formazione specificamente dedicata, i pediatri di famiglia hanno iniziato ad approfondire il fenomeno dell’abuso con un focus specifico sull’abuso fisico e sessuale. Nel 2015 è stato realizzato un Corso Regionale (docente la dottoressa Stefania Losi affiancata da due magistrati) in cui si è affrontato il tema della violenza sui minori con una visione più ampia e più appropriata alla nostra specifica professionalità, che si fonda su una relazione di cure primarie continuativa e duratura con i pazienti e le loro famiglie. Successivamente abbiamo continuato il nostro percorso formativo con corsi dedicati, in sinergia con Associazioni Culturali e Società Scientifiche in presenza e in remoto.

 

PREMESSA

Il pediatra di famiglia ha un ruolo definito da contratti nazionali e regionali. L’universalità delle cure è la caratteristica preziosa che offre l’opportunità a tutta la popolazione di accedere al pediatra, unico specialista che vede regolarmente il bambino e la sua famiglia e ha quindi la possibilità di instaurare con loro un rapporto di fiducia e un’alleanza, ma soprattutto di riconoscere le situazioni familiari a maggior rischio e intraprendere un’opera di sostegno alla famiglia.

Il pediatra attua una medicina d’iniziativa, non interviene quindi esclusivamente “su richiesta” della famiglia, né si limita a gestire da solo le tante problematiche che si possono presentare nel corso di un viaggio lungo 14/16 anni. Grazie ai nuovi modelli organizzativi, allo sviluppo delle nuove modalità di comunicazione e all’ampliamento delle risorse territoriali, oggi “conta su” e “collabora con” una rete di altre figure sociali e professionali, dagli operatori del Consultorio ai medici degli ospedali pediatrici, agli specialisti di altre branche, agli educatori…

 

IL RUOLO DEL PEDIATRA DI FAMIGLIA IN TEMA DI ABUSO

Entrando nello specifico, il ruolo del pediatra di famiglia nel complesso mondo dell’abuso sul minore, che non può prescindere dalla consapevolezza della violenza domestica (esercitata in ambito prevalentemente intrafamiliare), si può sintetizzare in 4 punti:

  • prevenzione;
  • valutazione precoce dei segnali riferibili a un sospetto;
  • attivazione di percorsi di cura e giudiziari;
  • dopo l’evento, condivisione del percorso di cura e sostegno al minore e alla famiglia.

LA PREVENZIONE POSSIBILE

Nell’ottica della prevenzione del maltrattamento, il periodo precedente e immediatamente successivo alla nascita è cruciale per rilevare le condizioni di disagio; un fattore di rischio fino a oggi sottovalutato è proprio la gravidanza che è infatti ritenuta, secondo gli ultimi dati, un evento scatenante o aggravante la violenza sulla donna 1.

È dimostrato che questo comporta un danno neuro- biologico del feto già in utero e spesso si ripercuote anche sulle capacità di accudimento della madre col rischio di distorcere la relazione madre-bambino fin dall’inizio.

I fattori di rischio oramai consolidati che i pediatri di famiglia devono avere presenti sono riassunti nel modello ecologico (Fig. 1).

Questi possono essere appunto di tipo socio-familiare (le famiglie svantaggiate economicamente, quelle sotto stress, quelle isolate socialmente sono a maggior rischio di essere maltrattanti) o più specificamente genitoriali (genitori che hanno malattie fisiche o mentali, deficit cognitivi, che fanno abuso di sostanze possono non essere in grado di rispondere ai bisogni di base del loro bambino o addirittura non esserne consapevoli).

Ci sono anche fattori di rischio per caratteristiche fisiche o comportamentali dei singoli bambini: quelli con basso peso alla nascita o nati prematuri, con problemi di salute complessi o con disabilità sono a maggior rischio di abuso e trascuratezza.

Date queste premesse ne consegue che il focus sulla prevenzione del maltrattamento richiede che il pediatra di famiglia faccia emergere i rischi individuali, familiari, psicosociali fin dai primi incontri ambulatoriali anche con domande dirette, nel rispetto della relazione con la famiglia. Chiedere se ci sono problemi in famiglia o personali non deve essere ritenuta un’invasione della privacy ma una conoscenza indispensabile (Tab. I) 2. Lo strumento principale a disposizione dal pediatra rimane quindi il bilancio di salute, il primo dei quali, all’accoglienza della nuova famiglia, diventa una vera e propria presa in carico. In questa occasione, oltre all’anamnesi completa familiare, ostetrica, neonatale che va sempre registrata, all’esame obiettivo del bambino è fondamentale il colloquio con i genitori. In definitiva nell’ottica della prevenzione del maltrattamento dobbiamo in particolare accogliere e occuparci anche delle preoccupazioni dei genitori e osservare attentamente le interazioni genitori/figlio.

È proprio dall’insieme di tutti gli elementi che possiamo trarre indicazioni su eventuali situazioni di maggior rischio e definire un programma individualizzato, per esempio controlli più frequenti o indicazioni sulla cura del bambino che siano tempestive e tagliate su misura.

 

Su questa linea di intervento preventivo si basano le linee anticipatorie 3.

Si tratta di indicazioni utili che vengono fornite in occasione dei numerosi bilanci di salute dei primi 3 anni di vita, per condividere coi genitori la conoscenza dello sviluppo del bambino, sottolineando ai loro occhi le sue capacità, valorizzando le competenze che ha già acquisito e spiegando quello che ancora non è in grado di fare. Sono anche un’occasione per guidare e rinforzare le loro capacità genitoriali.

Informare sulle fasi dello sviluppo è essenziale per evitare aspettative irragionevoli e incidere positivamente sullo stile genitoriale. Con maggiori competenze, i genitori possono aumentare la loro autostima e il senso di autoefficacia, lo stile parentale può diventare più autorevole e più responsivo, l’uso di punizioni fisiche può diminuire e l’ambiente familiare risultarne arricchito.

Un impiego efficace di questo strumento richiede l’abilità di scegliere, tra molte, le informazioni che “in quel momento” sono utili “a quel singolo bambino”.

Un’efficace linea anticipatoria, quindi, deve essere adeguata all’età, appropriata per quel bambino e per quella famiglia, selezionata in base alla priorità in quel momento.

Fondamentali le indicazioni sulla comprensione e la gestione dei comportamenti tipici di alcune fasi della crescita del bambino (che possono risultare per gli adulti in qualche modo “sfidanti”) che mettono in crisi i genitori e possono essere il trigger del maltrattamento (Tab. II) 4.

Ci riferiamo per esempio al pianto, ai risvegli notturni, alle “bizze” nelle epoche successive…

Un esempio di violenza agita sin dai primissimi giorni di vita è proprio lo scuotimento energico del neonato che piange in maniera inconsolabile: il pianto può esasperare i genitori che rischiano di scaricare così la propria frustrazione nel tentativo di calmare il bambino. Forse non immaginano neanche il rischio di provocare un grave danno cerebrale, se non addirittura la morte (Shaken Baby Syndrome o Trauma Abusivo del Capo).

Il pediatra di famiglia e i pediatri del Punto Nascita in reciproca sinergia sono le figure quindi più idonee per identificare i possibili fattori di rischio, mostrandosi disponibili ad accogliere i dubbi e le preoccupazioni dei genitori, informandoli del significato del pianto nel neonato.

Durante i bilanci di salute dei primi anni ci sarà anche la necessità di parlare delle “punizioni fisiche”, alla luce dei dati che vedono i genitori ricorrere a schiaffi o botte come normale modalità educativa, ancora molto diffusa. Il pediatra è un professionista ascoltato: spiegare ai genitori l’inutilità delle percosse come mezzo educativo, il danno che ne può derivare e proporre strategie disciplinari efficaci dovrebbero essere alcuni degli argomenti da affrontare nel corso delle visite ambulatoriali.

 

VALUTAZIONE PRECOCE DEI SEGNALI DI ABUSO

Nella valutazione precoce dei segnali riferibili a un sospetto di maltrattamento è indispensabile per il pediatra “conoscere per riconoscere” e la lettura di ogni singolo indicatore (fisico, comportamentale, emotivo) va contestualizzata e connessa con tutti gli elementi che emergono dal quadro complessivo.

Sappiamo che Il maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia interessa tutte le fasce d’età e che la patologia delle cure rimane tutt’oggi la prima causa, seguita dalla violenza assistita, dal maltrattamento psicologico, da quello fisico e solo in ultimo dall’abuso sessuale. Sappiamo anche che un grave ostacolo alla percezione, al riconoscimento e alla doverosa presa in carico per il pediatra di famiglia e in generale per tutti gli operatori è il profondo disagio che il fenomeno comporta 5. Incredulità, negazione, rimozione sono le comuni reazioni che quest’ipotesi ci suscita.

Dobbiamo invece sempre essere consapevoli che esiste la possibilità che un nostro assistito viva l’esperienza della violenza, anche se sotterranea, non clinicamente manifesta e che spesso si tratta di un fenomeno intrafamiliare.

La trascuratezza (neglect) è la forma più frequente di abuso ma è spesso sottovalutata.

Viene definita come “incapacità a provvedere allo sviluppo del bambino in tutti i suoi aspetti: salute, educazione, sviluppo emozionale, nutrizione protezione e condizioni di vita sicure, nel contesto delle risorse ragionevolmente disponibili alla famiglia e che causi o abbia un’alta probabilità di causare un danno alla salute del bambino o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale” 6.

Per la sua relazione con le famiglie, il pediatra avrebbe una posizione privilegiata per identificarla ma la valutazione ai fini della segnalazione è molto difficile: l’adeguatezza delle cure è un continuum in cui si va dall’ottimo al totalmente inadeguato e l’area grigia è molto ampia. Alcune omissioni sono preoccupanti solo quando si verificano ripetutamente (ad esempio scarsa igiene, assenze ingiustificate da scuola, mancata adesione alle cure proposte, mancato rispetto degli appuntamenti medici e del calendario vaccinale…), altre sono così gravi che è sufficiente un solo episodio per avere esiti mortali (il bambino di pochi anni lasciato solo in casa che cade dal terrazzo, il lattante lasciato solo in vasca che annega…).

Tutte le informazioni che possiamo ottenere dalle visite ambulatoriali e da un colloquio mirato ci permetteranno di avere un’immagine più dettagliata del fenomeno e di non giudicare affrettatamente, prima di aver esaminato e valutato una serie di circostanze.

È quindi necessario che il pediatra di famiglia, comunque, si attivi per dare concretezza a un intervento: in alcune situazioni potrà essere sufficiente un colloquio ambulatoriale, in altre dovrà fare una segnalazione per attivare la rete assistenziale territoriale che dispone di risorse sociali, economiche, educative, sanitarie per la protezione dei bambini in questa difficile sfida. Solo in alcune condizioni dovrà arrivare a fare denuncia.

 

VIOLENZA ASSISTITA

È una vera e propria forma di maltrattamento sui minori, al pari della violenza direttamente subita, spesso misconosciuta, sottovalutata, financo negata. È fare esperienza, direttamente o solo percependone gli effetti, della violenza fisica, ma anche psicologica, agita su figure affettivamente significative.

Per rilevarla, il pediatra di famiglia deve avere chiaro che nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di violenza intrafamiliare sulla madre dell’assistito.

È oramai acclarata una serie di certezze: la violenza assistita interessa tutte le classi sociali e le diverse appartenenze culturali, non è raro che diventi poi anche “subita” e che abbia un’altissima probabilità di indurre esiti a breve, medio e lungo termine sulla salute.

Il bambino/adolescente che vive in casa questa tipologia di violenza deve infatti comunque mettere in atto una serie di strategie di adattamento per garantire la propria sopravvivenza psicologica, in un ambiente pericoloso con genitori inaffidabili, cercando di controllare situazioni imprevedibili.

La violenza assistita determina un vero e proprio stress tossico configurandosi come un ACE (evento avverso dell’infanzia). Non è facile per il pediatra di famiglia portare alla luce queste situazioni, molto più frequenti di quanto si possa immaginare nelle loro tante sfumature. È comune che la madre possa sottovalutare l’impatto derivante da questo tipo di esposizione, ritenendo che i figli, se non direttamente coinvolti, non vengano danneggiati da ciò che accade. Non è rara la percezione che se il bambino “dorme ed è in un’altra stanza o non è presente” sia inconsapevole di quello che avviene. È possibile che la vergogna, la paura impediscano una comunicazione diretta della violenza sia al medico dimedicina generale che al pediatra.

Quando in ambulatorio si presentano bambini con problemi fisici, psicologici o relazionali ricorrenti occorre prendere in esame anche questa evenienza: i segnali di malessere e disagio psicologico del bambino vittima di violenza assistita appartengono a tutte le aree di funzionamento dell’individuo.

Il pediatra di famiglia deve ricordare anche che il coinvolgimento dei bambini nella violenza domestica può avvenire non solo durante la convivenza dei genitori ma anche nella fase di separazione (evento di cui siamo spesso messi al corrente) o anche dopo.

La maggior parte degli adulti vittima di violenza è disponibile a parlare e a raccontare se percepisce la disponibilità all’ascolto o capisce dalle nostre parole che consideriamo la violenza domestica come un problema che ci riguarda. Mostrarsi interessati, aprire il dialogo con un generico “come va in casa?” può essere l’incipit di una rivelazione.

 

ABUSO FISICO

Il pediatra di famiglia può trovarsi nella condizione di dover pensare all’abuso di fronte a:

  • lesioni fisiche suggestive;
  • dichiarazioni del bambino (al medico o ad altra persona che riferisca al medico);
  • dichiarazione dei genitori;
  • dichiarazioni di terze

In genere all’ambulatorio del pediatra di famiglia arrivano i casi meno eclatanti: difficilmente si ha a che fare con lesioni gravi e/o fortemente suggestive. Proprio per questo è necessario annotare in cartella ogni tipo di lesione o ogni dichiarazione che possa

anche lontanamente configurare un sospetto di abuso fisico. Il rapporto continuativo e di fiducia potrebbe favorire la rivelazione di ogni forma di violenza. I criteri di raccolta dell’anamnesi e dell’esame obiettivo sono gli stessi del Pronto Soccorso. Indispensabile trovare il tempo adeguato, garantire la riservatezza e l’ascolto

attivo, con domande aperte. Mai porre domande dirette che rischiano di condizionare le risposte sia degli adulti che dei minori. Se il bambino è in grado di rispondere, cercare di evitare le influenze (verbali e non) da parte dell’adulto accompagnatore. La visita va eseguita preferibilmente in presenza di un altro operatore, che rappresenta anche una sorta di tutela giuridica.

Vanno documentate le condizioni generali e descritte tutte le lesioni. Da non perdere di vista l’atteggiamento degli adulti e mai lasciar trapelare sospetti o fare insinuazioni, mai interpretare le risposte, mai improvvisarsi investigatori.

Rispetto alla gestione integrata di una équipe specialistica dedicata tipica del Pronto Soccorso, è chiaro che il pediatra potrebbe trovarsi incerto e in difficoltà. È quindi indispensabile che siano forniti ai pediatri di famiglia indirizzi, mail e numeri di riferimento di cui disporre per poter attivare in tempo reale servizi sociali, servizi dell’Azienda, servizi specialistici sulla violenza, centri antiviolenza, tribunali, polizia postale… cioè riferimenti concreti.

Quanto detto sopra è ancora più vero nel sospetto di un abuso sessuale: dobbiamo sempre ricordare che non esistono profili tipici di bambini abusati sessualmente né di adulti abusanti, che la maggioranza delle violenze avviene in ambito familiare e che tra la piccola vittima e l’abusante c’è spesso un “segreto”.

 

ATTIVAZIONE DEI PERCORSI DI CURA E GIUDIZIARI

L’articolo 357 del Codice Penale definisce il medico convenzionato con l’ASL un pubblico ufficiale e quindi, anche nel solo sospetto, deve tutelare il suo assistito utilizzando il referto, la denuncia o la segnalazione.

Questo permette di attivare percorsi sociali o giudiziari. Ci preme sottolineare che il pediatra di famiglia non ha il compito di verificare il sospetto, cioè di entrare in merito “alle indagini”, e non deve raccogliere elementi di prova che competono alla Magistratura Penale, che procede ad accertamenti mantenendo il segreto istruttorio nella fase iniziale dell’indagine.

 

CONCLUSIONI

Continuiamo a credere nel ruolo determinante del pediatra di famiglia soprattutto nella prevenzione del maltrattamento. Questo ci invita a investire ancora di più nella formazione trasversale in questo settore: conoscenze, sviluppo di abilità comunicative mirate, capacità di lavorare in équipe. Tutto ovviamente con un’ottica di condivisione con gli altri professionisti di una rete contro la violenza non ancora integrata.

Il fenomeno dell’abuso nella sua complessità reale si sta ulteriormente complicando. Sta emergendo nei nostri ambulatori un’altra faccia della violenza nella fascia scolare/adolescenziale: quella online.

 

BIBLIOGRAFIA

1 Apollonio MG, Berardi C, Paglino A, et al. Il maltrattamento all’infanzia. Manuale per gli operatori dell’area pediatrica. Roma: Il pensiero Scientifico Editore 2020.

2 Lane WG. Prevention of child maltreatment. Pediatr Clin North Am 2014;61:873-888.

3 Montecchi F. Dal bambino minaccioso al bambino minacciato. Gli abusi sui bambini e la violenza in famiglia: prevenzione, rilevamento e trattamento. Milano: Franco Angeli 2005.

4 Schmitt BD. Seven deadly sins of childhood: advising parents about difficult developmental phases. Child Abuse Negl 1987;11:421-432.

5 Tredicesimo Rapporto sulla violenza di genere in Toscana anno 2021. Un’analisi dei dati dei centri e delle reti antiviolenza.

6 WHO Report of the Consultation on Child Abuse Prevention. Geneve: 1999.

 


Leggi tutto il fascicolo ABUSO E MALTRATTAMENTO SUI MINORI(pdf)

 

In questo fascicolo:

Il fenomeno e le dimensioni del maltrattamento sui minori

Il Servizio GAIA

L’importanza di un background medico-legale nel percorso diagnostico

Le esperienze avverse (ACEs) e i meccanismi di risposta al trauma

La Rete Regionale Codice Rosa

La collaborazione tra Servizio Sociale Ospedaliero e Servizio Sociale Territoriale

Le esperienze dell’AOU Pisana e dell’AUSL Nord Ovest

Le esperienze dell’AOU Senese e dell’AUSL Toscana Sud Est

La funzione del Pediatra di famiglia nella prevenzione e nella rilevazione dell’abuso

La formazione agli educatori, agli insegnanti e ai sanitari: una risorsa per una diagnosi precoce

“Non scuoterlo!” Campagna di sensibilizzazione contro la Shaken Baby Syndrome

Elaborare il trauma: non lasciamoli soli

 

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