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Medicina generale

A tu per tu con il Dott. Baroncelli sul rachitismo

19 Ott 2016

Questa settimana abbiamo voluto intervistare il Dottor Giampiero Baroncelli che ci ha spiegato tutto del rachitismo e della carenza di vitamina D.

Che cos’è il rachitismo?

Il rachitismo è una malattia dello scheletro che colpisce i soggetti nell’età evolutiva, soprattutto quando il processo di accrescimento scheletrico è maggiore e cioè nei primi 2 anni di vita e durante lo sviluppo puberale.
Oltre ad alcune forme molto rare dovute a mutazioni genetiche, il rachitismo è dovuto ad una carenza di vitamina D o di calcio o di entrambi. Questa condizione prende il nome di “rachitismo nutrizionale”, termine che riflette la sua patogenesi. Tuttavia, nella terminologia tradizionale, per rachitismo si intende una condizione patologica dovuta ad una carenza pura di vitamina D.

La carenza di vitamina D determina una ridotta disponibilità di calcio e fosforo che sono i minerali necessari per la calcificazione della cartilagine di crescita delle ossa. E’ soprattutto la carenza di fosforo, attraverso una mancata apoptosi dei condrociti ipertrofici della cartilagine di crescita, la causa principale delle tipiche alterazioni scheletriche del rachitismo. Inoltre, la carenza di vitamina D causa inoltre una ridotta mineralizzazione della matrice ossea causando l’osteomalacia (ossa molli).

Quindi, nel soggetto in accrescimento, l’osteomalacia si associa al rachitismo mentre si manifesta, da sola, nel soggetto adulto, cioè quando le cartilagini di crescita sono già completamente ossificate. Le lesioni a carico della cartilagine di crescita e della matrice ossea determinano quindi la comparsa dei segni clinici tipici della malattia che sono rappresentati dalle più o meno gravi deformazioni dello scheletro.

 

Perché la mancanza di vitamina D può aumentarne il rischio?

La vitamina D non ha un ruolo diretto sulla mineralizzazione della cartilagine di crescita ma ha una azione fondamentale per stimolare l’assorbimento intestinale di calcio e fosforo e mantenere nella norma i livelli circolanti di questi minerali. Pertanto, le condizioni patologiche che possono associarsi ad una carenza di vitamina D espongono l’individuo in fase di crescita al rischio di sviluppare il rachitismo.

Una insufficiente esposizione solare rappresenta la causa principale che determina una ridotta produzione di vitamina D da parte dell’organismo. Particolarmente a rischio di rachitismo sono i nati da madre con grave carenza di vitamina D, non supplementati con vitamina D nel primo anno di vita e allattati esclusivamente al seno oltre il 6° mese (il latte materno contiene scarse quantità di vitamina D). Anche i soggetti di pelle scura e gli individui che vivono ad elevate latitudini o che essendo affetti da varie disabilità o per scelta personale non si espongono regolarmente al sole rappresentano popolazioni a rischio di carenza di vitamina D. Infine, l’eccessiva copertura del corpo con indumenti, come avviene nelle donne di alcuni gruppi etnici per motivazioni di tipo religioso e culturale, limitando la quantità di superficie corporea esposta al sole, è un altra importante condizione di rischio di carenza di vitamina D.

 

Come si può prevenire?

In generale, una carenza di vitamina D potrebbe essere prevenuta tramite una regolare esposizione alla luce solare. Tuttavia, molti fattori possono interferire con una efficace sintesi cutanea di vitamina D tra i quali il colore della pelle, la latitudine, l’ora del giorno, la stagione e l’età. Oltre a questi fattori anche le abitudini personali, come la quantità di superficie corporea esposta o l’uso di creme protettive che filtrano i raggi UV, possono ridurre l’efficacia dell’esposizione solare. Inoltre, secondo le raccomandazioni dell’Accademia Americana di Pediatria, l’esposizione diretta del lattante al sole non sarebbe indicata nei primi 6 mesi di vita. Pertanto, sulla base di queste limitazioni, non risulta molto pratico, e soprattutto non vi è certezza di efficacia, effettuare la prevenzione della carenza di vitamina D tramite la semplice esposizione al sole, con particolare riguardo al lattante nel primo anno di vita. Inoltre, non è proponibile, data l’invasività ed i costi elevati, la valutazione dei livelli circolanti di 25-idrossivitamina D (metabolita epatico della vitamina D che rappresenta il miglior indice per la valutazione dello stato vitaminico D di un soggetto) in tutti gli individui come test di screening.

Le raccomandazioni di una recente Global Consensus Internazionale sulla prevenzione e gestione del rachitismo nutrizionale, formulate sulla base delle indicazioni dell’Istituto di Medicina degli USA e accettate anche dalla Accademia Americana di Pediatria, consigliano che tutti i lattanti, dalla nascita fino a 12 mesi di vita, indipendentemente dal tipo di allattamento, siano supplementati con almeno 400 UI/die di vitamina D. Dopo il primo anno di vita dovrebbero essere supplementati con vitamina D, alle dosi raccomandate di almeno 600 UI/die, tutti i soggetti che abbiano presentato una carenza sintomatica di vitamina D e che siano stati sottoposti a trattamento, tutti i soggetti (pediatrici e adulti) ad elevato rischio di carenza di vitamina D per fattori o condizioni che ne riducano l’apporto o la sintesi e tutte le donne in stato di gravidanza.

Secondo alcuni Autori, tra cui il sottoscritto, la supplementazione con vitamina D dovrebbe essere continuata in modo attivo in tutti i bambini anche nel secondo anno di vita ai dosaggi raccomandati (almeno 600 UI/die) indipendentemente dalla esposizione solare, dai fattori di rischio e dal tipo di alimentazione (latte materno o vaccino). Comunque, anche i soggetti allattati con latti di crescita, che non assicurano una completa copertura degli apporti raccomandati di vitamina D, dovrebbero essere supplementati con vitamina D durante il secondo anno di vita. La supplementazione con vitamina D è infatti in grado di assicurare la copertura degli apporti raccomandati riducendo quindi il rischio di ipovitaminosi D o rachitismo ad insorgenza nel secondo anno di vita.
Nei soggetti affetti da patologie croniche o da condizioni che alterino la sintesi o il metabolismo della vitamina D le dosi di vitamina D potrebbero essere più elevate rispetto a quelle che sono invece sufficienti nel soggetto sano.

Come si riconosce nel bambino?

I segni clinici classici del rachitismo sono ben noti e sono caratterizzati soprattutto dalle tipiche lesioni scheletriche. Queste sono maggiormente evidenti a carico dei polsi (“polsi rachitici”), delle coste (“rosario rachitico”), delle ginocchia (“ginocchia rachitiche”) e delle caviglie (“caviglie rachitiche”); queste sedi scheletriche appaiono slargate per una ipertrofia della cartilagine di crescita che non è andata incontro ad una normale calcificazione. Nei casi gravi possono essere colpite anche le vertebre con insorgenza di gravi forme di cifosi e/o di scoliosi.

Oltre a queste manifestazioni i soggetti affetti da rachitismo possono mostrare alcune alterazioni scheletriche più strettamente legate all’osteomalacia che si presentano soprattutto con deformazioni a carico delle ossa del cranio, come la craniotabe (o craniomalacia, cioè rammollimento delle ossa del cranio), la platibasia dell’occipite (appiattimento della base del cranio), le bozze frontali, la craniosinostosi (fusione prematura di una o più suture craniche), il caput quadratum o la ritardata chiusura della fontanella anteriore, degli arti inferiori (varismo, valgismo o deformità multiple) e del torace (solco di Harrison, deformità, asimmetrie).

Durante l’adolescenza la carenza di vitamina D è piuttosto insidiosa poiché la sintomatologia è spesso modesta o del tutto assente. I sintomi più frequenti sono rappresentati da dolori ossei e/o muscolari generalizzati o localizzati (prevalentemente al dorso, agli arti inferiori o alle ginocchia); possono associarsi incurvamento degli arti inferiori, ipotonia muscolare e facile affaticamento.

Alle lesioni a carico dello scheletro possono associarsi segni generali, come deficit di accrescimento staturo-ponderale, ipotonia muscolare, fino a a quadri di vera e propria miotonia, irrequietezza, irritabilità, eccessiva sudorazione del capo, anomalie dei denti come l’ipoplasia dello smalto, o alterazioni ematologiche come anemia, piastinopenia, ecc. Una complicanza molto temibile di un grave deficit di vitamina D è rappresentata dall’ipocalcemia acuta che si può manifestare con cardiopatia dilatativa, che può portare anche al rapido decesso, convulsioni, laringospasmo, broncospasmo, tetania, ecc.

 

Inizia ad essere sempre più diffuso anche qui in Italia?

Il rachitismo da deficit di vitamina D veniva considerato alcuni anni fa come una patologia di interesse ormai storico. Tuttavia, i casi di rachitismo sono in aumento non solo in alcuni paesi in via di sviluppo ma anche nei paesi industrializzati, inclusa l’Italia. Nei paesi in via di sviluppo le cause principali che ne hanno determinato la ricomparsa sono rappresentate dalle scarse condizioni socio-economiche, la malnutrizione, la povertà, il deficit materno di vitamina D, l’allattamento materno prolungato ed esclusivo, l’assenza di programmi di supplementazione con vitamina D e le diete a scarso contenuto di calcio. Nei paesi industrializzati la popolazione a maggior rischio di rachitismo da deficit di vitamina D è quella dei figli degli immigrati.

Infatti, mentre i casi di rachitismo da deficit di vitamina D sono molto rari nei bambini italiani, in conseguenza della efficace supplementazione con vitamina D consigliata dai pediatri, alcuni dati epidemiologici hanno messo in evidenza che la maggioranza dei pazienti con rachitismo da deficit di vitamina D osservati nel nostro Paese sono di origine nord-africana, provenienti soprattutto dalla zona costiera e dalle zone settentrionali subsahariane, o di varie etnie della ex- Jugoslavia, Albania o dell’Est Europeo. In questi pazienti è stato dimostrato che l’allattamento al seno prolungato ed esclusivo oltre il 6° mese in assenza di adeguata supplementazione con vitamina D, soprattutto nei bambini con elevata pigmentazione cutanea, rappresenta il più importante fattore di rischio per l’insorgenza di rachitismo da deficit di vitamina D. E’ stato rilevato che i figli degli immigrati spesso non vengono supplementati con vitamina D, nonostante il consiglio del pediatra, poiché i genitori ritengono che la sua somministrazione sia superflua o non hanno disponibilità economiche per acquistarla.

I periodici controlli dal pediatra e la regolare somministrazione di prodotti di vitamina D a basso costo potrebbero rappresentare la strategia migliore per la riduzione della prevalenza del rachitismo da deficit di vitamina D nei figli di immigrati che vivono nel nostro paese.

A cura di Silvia Maculan

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