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Alimentazione

La psicologia dei consumi – intervista all’esperto G. Graffigna

31 Ott 2018

Qualsiasi processo decisionale non è facilitato dagli stimoli a cui siamo soggetti, l’alimentazione in primis. Secondo Guendalina Graffigna, del Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano “è anche uno dei pochi ambiti in cui l’individuo può continuamente riprogettarsi e decidere. Purtroppo la molteplicità dei messaggi attuali confondono, invece di rassicurare. La nutrizione fa vibrare le corde primordiali della vita, ma anche della morte. Capire le dinamiche alla base delle scelte alimentari non è opzionale”.

Il compito della psicologia dei consumi applicata all’alimentazione è proprio questo. Ne parliamo nell’intervista seguente.

Possiamo tracciare una linea temporale di sviluppo della psicologia dei consumi applicata all’alimentazione? E qual è la situazione italiana?

La psicologia sociale ha, da sempre, affrontato questa tematica. Kurt Lwein la trattò all’inizio del 1900. Lo psicologo, emigrato negli USA in epoca nazista, elaborò (insieme ad un gruppo di studio) una strategia di comunicazione motivazionale che aveva convinto le massaie americane ad utilizzare le frattaglie, che venivano spesso scartate, tramite lezioni di cucina. La disciplina dei consumi ha, invece, raggiunto l’Italia negli anni ’70-’80, con studi motivazionali destinati alle ricerche di mercato.

Come inquadrare la psicologia del consumatore nella scelta di un alimento?

L’alimentazione investe tutte le sfere della persona, dalla salute alla socialità, e stimola reazioni emozionali; per questo motivo la scelta alimentare viene spesso dettata dall’impulso del momento. Un esempio: nel dopoguerra, con l’aumento della partecipazione femminile al mondo del lavoro, si riduce il tempo dedicato alla casalinga. L’industria alimentare per la prima volta introduce i preparati in busta per le torte. All’inizio fu un flop, dato che le consumatrici avevano remore e sensi di colpa nell’acquisto. Fu interpellato lo psicologo psicodinamico Ernest Dichter che propose una soluzione: una base semipreparata a cui bisognava aggiungere anche qualche ingrediente fresco (tra cui le uova). Lo scenario cambiò radicalmente ed il prodotto ebbe successo. Questo perché da un lato il dover aggiungere un ingrediente compensava il senso di colpa, dall’altro giocava un ruolo inconscio proprio l’ingrediente, l’uovo, alimento nutriente e legato alla fertilità e alla nascita.

Gli elementi che portano al consumo di un alimento sono numerosi: il ricordo di precedenti consumi, le emozioni suscitate, l’influenza del gruppo sociale a cui si appartiene.

Come comprendere il consumatore che aderisce a comportamenti alimentari rigorosi?

Nell’attuale società possiamo inquadrare scelte come il veganesimo o la popolarità dei cibi “senza qualcosa” come un’espressione del consumatore della sua individualità e capacità di scelta: nel momento in cui sceglie il consumatore è al centro del mondo e si sente appagato. Spesso, però, queste scelte non sono la conclusione di un percorso di conoscenza guidato da soggetti terzi preparati.

Per approfondire l’argomento leggi l’intervista sull’ultimo fascicolo di Alimentazione, Prevenzione e Benessere. 

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