Cannabis

Uso clinico della cannabis terapeutica

Autori: Roberto Barale, Daniele Corlazzoli, Francesco Crestani, Pier Luigi Davolio, Nicomede Di Michele, Pierdomenico Maurizi, Paolo Poli
Coautori Marzia Corini, Poli, Antonella Mencucci

Disponibilità: ESAURITO
ISBN: 978-88-3379-204-0
Anno: 2020
Caratteristiche:

2020 • 16,5×23,5 cm • 96 pagine • brossura

Descrizione

La storia della Cannabis a uso terapeutico nella medicina moderna è ancora tutta da scrivere e sarebbe stato pretenzioso farlo con questa pubblicazione, la prima prodotta dalla Società Italiana di Ricerca sulla Cannabis, nata cinque anni fa per iniziativa di Paolo Poli.

Questo, dunque, non è un libro in senso classico, quanto piuttosto un compendio delle attuali conoscenze sull’uso della Cannabis a scopo terapeutico, non solo dal punto di vista medico e farmacologico, ma anche legale e culturale.

Meglio così, forse, perché se oggi si volesse scrivere la vera storia della Cannabis terapeutica in Italia bisognerebbe parlare soprattutto di pregiudizi politici e di speculazioni commerciali, che non sono propriamente gli argomenti di una società medico-scientifica. Anche se da questi non si può prescindere per capire quale sia il presente e il futuro della Cannabis terapeutica nel nostro Paese. Definirla una storia caotica sarebbe poco. Per moltissimi anni non c’è stata una legge quadro, oltre alla legge sugli stupefacenti del ’90, che in base alla Convenzione ONU del 1961 dichiara illegale la produzione, il possesso e il consumo della Cannabis, ma autorizzando il suo utilizzo a scopo medico, in particolare nella terapia del dolore, là dove i farmaci tradizionali non hanno efficacia. Una normativa che ha indotto le regioni, titolari della politica sanitaria, a legiferare ciascuna a modo suo. La solita Italia a macchia di leopardo, dove di qua i medici prescrivono la Cannabis e le regioni la rimborsano, e di là non sanno neanche cosa sia. Sempre ammesso che la Cannabis terapeutica fosse effettivamente disponibile, perché il primo provvedimento che ne autorizza l’importazione arriva nel 2006. Bisogna aspettare altri dieci anni per arrivare a una sorta di normativa quadro da parte del Ministero della Salute, con l’indicazione delle patologie per le quali è ammessa la prescrizione del principio attivo della Cannabis e l’individuazione dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, dell’Esercito, come produttore nazionale. Due passi nella direzione giusta, ma alla fine piccoli piccoli e non risolutivi.

Tra il principio politico e la legge che lo applica, in Italia, di solito c’è sempre una distanza enorme. E nel caso della Cannabis a uso medico è stato lo stesso. Perché poi la prescrivibilità si allarga a ogni tipo di patologia a discrezione del medico, e così la rimborsabilità, a discrezione delle Regioni. La Cannabis di importazione viene contingentata e si stabilisce un prezzo massimo per la vendita delle infiorescenze di Cannabis nelle farmacie che non lascia alcun margine di profitto, se non le costringe a lavorare in perdita. I quantitativi prodotti dallo Stabilimento Militare non bastano e la qualità della prima Cannabis di stato, la FM2, seppur discreta, non arriva a quella dei prodotti importati dall’Olanda, dalla Svizzera o dal Canada. Come sempre, è il caos. I medici sono liberi di prescriverla, ma i pazienti fanno una fatica terribile a procurarsi la Cannabis. Le farmacie che vendono il prodotto si contano ancora sulle dita di una mano anche nelle regioni con la normativa più favorevole. E tutto questo in un paese che, né più né meno degli altri, fa largamente, e illegalmente, uso di Cannabis a scopo ricreativo: il 10% della popolazione tra i 15 e i 64 anni, circa cinque milioni di italiani, di cui almeno 500 mila consumatori abituali, o cronici. Se poi ci mettiamo anche la paradossale storia della Cannabis “legale”, con tutte le capriole normative che sono seguite, e la sentenza recentissima della Cassazione che rende non più punibile la coltivazione della Cannabis in casa, anche se in piccole quantità, si capisce perché non si può ancora scrivere una storia della Cannabis terapeutica in Italia.

Ritagliandosi uno spazio tra i mille cavilli della legge sugli stupefacenti da qualche anno è apparsa sul mercato una Cannabis che non ha principi attivi stupefacenti (essenzialmente il THC) o ne ha in minima quantità, ma che è ricca di altri principi, come il CBD, il cannabidiolo, che ha comunque delle proprietà terapeutiche riconosciute. Sono spuntati negozi come funghi in ogni città e si è creato rapidamente un mercato assai lucroso. Bruscamente fermato dai magistrati, ma che il governo si è impegnato a regolamentare nel 2020 con una nuova normativa. Intanto i negozi restano aperti e il commercio della Cannabis “legale” dilaga online, dove si possono acquistare prodotti con le più svariate percentuali di CBD. I clienti aumentano, illusi che quella Cannabis faccia bene, funzioni per i dolori o altre malattie, mentre la Cannabis terapeutica, per la quale medici e pazienti conducono da decenni una battaglia, considerandola spesso l’unico rimedio contro malattie gravi, è tutt’altra cosa. Nemmeno lontanamente paragonabile. La stregoneria, che offre prodotti miracolosi, contro la scienza, dove ci si batte per individuare le tipologie di Cannabis più adatte alle patologie, dosando THC e CBD in maniera mirata. Si crea infatti un sistema dove dovrebbero convivere una Cannabis con diversi quantitativi di THC e CBD, prodotta con protocolli che garantiscono purezza e stabilità, prescritta dai medici e rimborsata dallo Stato, ma con disponibilità ridotta, con una Cannabis “legale” senza THC, prodotta non si sa come e in vendita libera, una Cannabis “ricreativa” teoricamente senza un mercato e una Cannabis illegale per lo spaccio. Un sistema dove il settore più penalizzato è proprio quello della Cannabis a uso medico, che rischia di rimanere imbrigliato nella regolamentazione rigida della produzione. Il tutto a scapito della ricerca scientifica e dei pazienti. Nella speranza di poter raccontare presto una storia diversa, con questo libro facciamo almeno il punto sulla situazione con diversi approfondimenti. Dal punto di vista medico, veterinario, farmaceutico, legale e anche storico. Perché anche se ci stiamo ostinatamente rifiutando di scriverne il futuro, l’uso della Cannabis a scopo terapeutico fa parte da sempre della storia dell’umanità.

Mario Sensini
Corriere della Sera

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