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Medicina generale

Microbioma e infezioni virali: dall’influenza al Covid-19

12 Nov 2020

Le infezioni respiratorie sono tra le principali cause di ricovero e mortalità in particolare nel paziente anziano. In questo contesto, il microbioma intestinale e respiratorio, la cui alterazione è correlata ai concetti di inflammaging e immunosenescenza, condiziona la suscettibilità dell’anziano alle infezioni.

Studi recenti dimostrano che infezioni virali, come l’influenza e l’infezione da virus respiratorio sinciziale, determinano squilibri del microbioma intestinale (disbiosi) anche in assenza di virioni a livello locale. La disbiosi intestinale è uno dei principali fattori che influenza la risposta adattativa contro i patogeni respiratori, favorendo le polmoniti post-virali. Le infezioni virali agiscono inoltre sul microbioma respiratorio determinando un aumento nelle alte vie respiratorie di patogeni quali Staphylococcus aureus e Streptococcus pneumoniae. Questo fenomeno comporta un aumento del rischio di polmoniti batteriche, associate all’infezione virale. Le infezioni virali, tramite metaboliti del microbioma, agevolano inoltre il passaggio da patobionti a patogeni; un esempio è l’interazione tra il virus influenzale e lo Streptococcus pneumoniae con inibizione del biofilm e stimolazione delle batteriochine. È possibile che una più approfondita conoscenza di questi meccanismi possa permettere di prevenire sovrainfezioni batteriche durante le epidemie virali.

Vaccinazione anti-influenzale e microbioma

L’influenza nell’anziano è associata a un maggior rischio di complicanze e mortalità. Per questo viene promossa la vaccinazione, la cui efficacia nell’anziano talvolta può risultare inferiore rispetto al soggetto di età giovane. In effetti, una ridotta efficacia protettiva della vaccinazione potrebbe essere dovuta, almeno in parte, alla disbiosi che si osserva nel microbioma durante l’invecchiamento e alle modifiche della risposta adattativa. Una recente metanalisi riporta che l’impiego di probiotici migliora la risposta immunitaria alla vaccinazione anti-influenzale, anche se ulteriori studi sono necessari per chiarire il meccanismo biologico di tale fenomeno. Uno studio recente condotto sui conviventi di pazienti affetti da influenza virale ha dimostrato un’associazione significativa tra tipo di microbioma respiratorio, in particolare di alcuni oligotipi, e un aumentato rischio d’infezione influenzale. Questi dati suggeriscono un ruolo importante del microbioma nell’andamento clinico dell’influenza; ulteriori studi sono comunque necessari a chiarire i meccanismi fisiopatologici di tali osservazioni.

Covid-19 e fragilità

La recente pandemia COVID-19 ha reso evidente e tragicamente tangibile la definizione di fragilità: condizione di aumentata vulnerabilità dell’individuo, determinata da alterazioni fisiopatologiche di natura multisistemica, caratterizzata da una ridotta capacità a reagire a situazioni di stress, con un aumentato rischio di eventi negativi, quali ospedalizzazione e morte. La fragilità è una condizione multidimensionale, in quanto fattori clinici, biologici, funzionali e psico-sociali ne determinano l’insorgenza e l’andamento clinico. Per questo, modernamente, i metodi di diagnosi e cura dell’anziano fragile prevedono l’approccio clinico multidimensionale. La difficile gestione del COVID-19 nell’anziano, documentata da una morbilità severa e da una mortalità decisamente superiore rispetto ai soggetti affetti da COVID-19 di età giovane o adulta, riconosce molteplici fattori: l’assenza di terapie specifiche, problemi correlati alla fragilità, come la presenza di multimorbidità e disabilità funzionali e cognitive, la necessità di un supporto assistenziale, da parte di familiari o altri caregivers, ostacolato grandemente dal regime d’isolamento, ed il rischio di eventi avversi legati alla polifarmacoterapia. Questo ultimo fattore soprattutto complica l’impiego di terapie sperimentali (vedi l’idrossiclorochina e gli immunosoppressori) e aumenta l’interesse verso approcci più “ecologici” e gravati da minori effetti collaterali, inclusi interventi sul microbioma intestinale.

Microbioma e Covid-19

Alcuni recentissimi studi suggeriscono un’associazione significativa tra infezione da SARS-CoV-2 e insorgenza di disbiosi del microbioma intestinale, come confermato dal riscontro di diarrea severa (riportata nel 2-36% dei casi) e la presenza di virioni SARS-Cov-2 in campioni fecali in soggetti affetti da COVID-19. Inoltre, le alterazioni nel microbioma intestinale, caratterizzate da un aumento di germi patogeni opportunistici e deplezione di batteri commensali protettivi, risultano associate a livelli fecali di SARS-Cov-2 e a severità dei sintomi da COVID-19, e caratteristicamente persistono anche dopo l’eliminazione del SARS-Cov-2 e la risoluzione dei sintomi di malattia.

Di grande interesse è l’osservazione che la severità delle manifestazioni cliniche sia associata ad età avanzata e comorbidità, elementi entrambi legati all’inflammaging e ad alterazione della composizione quali- e quantitativa del microbioma intestinale. Per questo è stato ipotizzato che un intervento volto a rafforzare la barriera intestinale e a ridurre lo stimolo infiammatorio mediante l’adozione di una dieta ad alto carico di fibre e di alimenti fermentanti potrebbe essere utile nel contenere i sintomi gastrointestinali da COVID-19. Uno studio cinese ha riscontrato una disbiosi con riduzione significativa di Lactobacillus e Bifidobacterium in pazienti con COVID-19; tuttavia il significato clinico di tale riscontro non è ancora definito. Per quanto riguarda i dati sull’impiego di probiotici nel COVID-19, i risultati a disposizione sono ancora troppo scarsi per poterne trarre indicazioni cliniche. Attualmente, infatti, il razionale per un impiego di probiotici nella malattia COVID-19 deriva da evidenze indirette. L’impiego di probiotici convenzionali “alla cieca” non sembra essere raccomandabile finché non si comprende più a fondo la patogenesi dell’infezione da SARS-CoV-2 e i suoi effetti sul microbiota intestinale. Tuttavia è probabile che una strategia di intervento mirata a modulare il microbiota intestinale possa essere uno degli approcci terapeutici del COVID-19 e delle sue complicanze.

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