Medicina di Famiglia e Specialistica
Metabolismo

Aggiornamento sul ruolo della vitamina D nella prevenzione dell’osteoporosi

11 Mar 2022

da Vitamin D UpDates

Stefano Berardi, Francesco Paolo Cantatore

Clinica Reumatologica, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche,
Università di Foggia

Negli ultimi anni i possibili molteplici effetti positivi (antineoplastici, cardioprotettivi, immunomodulanti ecc.) della vitamina D hanno suscitato crescente interesse e un incremento delle pubblicazioni scientifiche (e non) al riguardo, ma hanno anche sollevato perplessità sulla sua utilità nella prevenzione dell’osteoporosi, a seguito dei risultati discordanti presenti in letteratura, al di là dei ragionevoli dubbi sugli effetti extrascheletrici.

L’osteoporosi impatta pesantemente sul sistema sanitario: in Italia ne sono affette circa 3.5 milioni di donne e 1 milione di uomini, l’incidenza aumenta con l’età (il costante invecchiamento della popolazione comporta un incremento dei casi). A partire dai 50 anni cresce progressivamente l’incidenza delle fratture da fragilità, che diventa equiparabile a quella di ictus e carcinoma mammario 1. I costi annui riconducibili a tali fratture (gestione in acuto e disabilità a lungo termine) aumentano con l’invecchiamento della popolazione. È necessaria un’adeguata strategia di prevenzione, utilizzando al meglio le risorse.

NOTA 96 

La recente Nota AIFA 96 regolamenta la prescrizione a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) dei composti con indicazione “prevenzione e trattamento della carenza di vitamina D” nell’adulto nell’intento di far collimare la necessità di raggiungere sufficienti livelli di vitamina D con quella di contenere le spese di prescrizione dei prodotti a base di vitamina D.

Dall’aggiornamento al giugno 2021 (a 20 mesi dalla sua introduzione) del monitoraggio AIFA sull’andamento dei consumi della Nota 2 si evince, relativamente ai farmaci in Nota, un contenimento della spesa sostenuta dal SSN del 25% rispetto ai periodi precedenti, con poco significativi incrementi dei consumi e della spesa degli analoghi della vitamina D non in Nota. Sono valutazioni generali e preliminari, considerando l’eterogenea situazione “pre-Nota” nelle varie Regioni e l’altrettanto eterogenea risposta “post-Nota”, sono necessari approfondimenti specifici e a lungo termine. In tutte le fasce di età (tranne la 0-10 anni) c’è stata una riduzione dei consumi (anche tra i giovani adulti, verosimilmente eccessivi). Tuttavia, la maggiore riduzione riguarda la classe di età 40-60 anni, specie nel sesso femminile, ma anche la fascia 60-80 anni (Tab. I), ambedue a rischio sia di ipovitaminosi D che di osteoporosi, per cui è particolarmente importante la corretta supplementazione insieme a eventuali terapie antifratturative, per la cui efficacia clinica la correzione dell’ipovitaminosi D è propedeutica, come specificano la Nota stessa e la letteratura 3.

Vitamina D E OMEOSTASI OSSEA

La vitamina D è un composto liposolubile che agisce come un ormone steroideo. La fonte principale (una minoritaria deriva dalla dieta) è rappresentata dalla conversione della provitamina D (7-deidrocolesterolo) negli strati profondi dell’epidermide, per esposizione ai raggi UVB, in vitamina D3 (colecalciferolo), precursore inattivo. Il colecalciferolo subisce due idrossilazioni enzimatiche: la prima epatica in 25(OH)D o calcidiolo, composto con la maggiore emivita e utilizzato per il dosaggio dei livelli sierici di vitamina D; la seconda, renale, dà luogo alla forma biologicamente attiva, 1,25(OH)2D o calcitriolo (Fig. 1), che lega il recettore per la vitamina D (VDR) tramite cui induce gli effetti biologici, primo fra tutti quello sul metabolismo fosfocalcico [stimolo all’assorbimento di calcio e fosfato nel tenue, inibizione di sintesi e secrezione di paratormone (PTH), attivazione sistema RANKL/RANK e conseguente osteoclastogenesi per induzione dell’espressione di RANKL sugli osteoblasti], regolando così i livelli sierici di calcio e fosforo e la mineralizzazione ossea (Fig. 2) 4. Ne deriva che livelli al di sotto della norma di tale nutriente possono alterare l’equilibrio descritto: con valori di 25(OH)D < 30 ng/ml si riduce l’assorbimento intestinale di calcio (che aumenta in modo lineare con i livelli di 25(OH)D fino a un plateau raggiunto a 32 ng/ml) 5 e aumenta la secrezione di PTH, stimolante il riassorbimento tubulare di calcio, l’idrossilazione renale del calcidiolo a calcitriolo, l’espressione di RANKL sugli osteoblasti e in ultima analisi lo sbilanciamento dell’omeostasi ossea verso la dissoluzione della matrice ossea mineralizzata 4.

 

Non c’è accordo sui livelli sierici minimi di 25(OH)D sufficienti a prevenire l’osteoporosi: in base a quanto detto, sono ottimali livelli > 30 ng/ml, come affermato dall’International Osteoporosis Foundation (IOF) e dall’Endocrine Society e National Osteoporosis Foundation (NOF), ma la World Health Organization (WHO), l’European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis and Osteoarthritis (ESCEO) e la National Osteoporosis Society (NOS) ritengono sufficienti livelli di 25(OH)D ≥ 20 ng/ml, soglia recepita dalla Nota 96. Raccomandazioni e linee guida che si basano sulle evidenze della letteratura, ne rispecchiano le controversie e sono anch’esse criticabili nella metodica: una recente review sistematica 7 ha valutato il metodo di sviluppo di 47 “Bone Health Guidelines” pubblicate tra il 2009 e il 2019 (nelle quali si enunciano le raccomandazioni circa i livelli sierici di 25(OH)D ai fini della prevenzione di osteoporosi e fratture, variabili da 10 a 30~100 ng/ml) sulla base di 25 criteri adottati da WHO per il corretto sviluppo di linee guida, e in media ogni linea guida soddisfaceva solo 10 criteri metodologici su 25.

Ulteriore fattore confondente è la mancata standardizzazione delle metodiche di misurazione dei livelli sierici di 25(OH)D, in particolare negli studi precedenti al 2009 (anno di attuazione delle prime procedure di misurazione certificate, a partire dall’U.S. National Institute of Standards and Technology, NIST), considerati in diverse metanalisi, inevitabilmente condizionate nei risultati. Sono state dimostrate significative variazioni nei risultati di dosaggi di 25(OH)D con metodiche non standardizzate, dopo standardizzazioni effettuate retrospettivamente 8.

Vitamina D E PREVENZIONE OSTEOPOROSI

Se da un lato molteplici evidenze suggeriscono la correzione dell’ipovitaminosi D per ridurre il rischio di osteoporosi, fratture da fragilità e cadute specie negli anziani (ove l’ipovitaminosi D è più frequente per ridotta esposizione al sole, ridotta capacità di sintesi da parte della cute, minore introito con la dieta), a maggior ragione in caso di terapia medica per osteoporosi 3, i risultati di alcuni RCT (randomized controlled trial) e relative metanalisi non rilevano i suddetti benefici, consigliandone l’uso solo in rare condizioni di rachitismo e osteomalacia 9. Diverse criticità rendono queste ultime conclusioni non generalizzabili, a partire dal reclutamento del campione, caratterizzato 7 volte su 10 da individui con livelli sierici normali di 25(OH)D al baseline 10: essendo la vitamina D un nutriente, i soggetti che gioveranno della supplementazione saranno i più carenti del nutriente stesso, paradossalmente “poco considerati” nei trial; a maggior ragione se questi soggetti sono in salute e a basso rischio di osteoporosi e cadute, è verosimile che non vedranno migliorare un rischio di per sé già contenuto. In più, in alcuni casi, le sottoanalisi riferite a gruppi con carenza di vitamina D e a rischio osteoporosi hanno mostrato, invece, effetti positivi dopo supplementazione, e una metanalisi basata su RCT caratterizzati da popolazione con età > 65 anni e con somministrazione di adeguati dosaggi di vitamina D con frequenza ravvicinata (almeno 800 IU/die, come suggerito dalle più recenti raccomandazioni per la popolazione anziana 11 e non in boli che potrebbero essere controproducenti o poco efficaci 12), in combinazione con calcio, ha mostrato una significativa riduzione del 15% delle fratture totali (relative risk, RR = 0,85; 95% confidence interval, IC 0,73-0.98) e del 30% di quelle di femore (RR = 0,70; 95% IC 0,56-0,87) rispetto a placebo 13. Inoltre, il mancato dosaggio di 25(OH)D all’endpoint in diversi studi, considerando la variabilità di posologia e frequenze di somministrazione utilizzate nei vari trial, lascia il dubbio che parte dei pazienti carenti non abbia comunque raggiunto un livello sufficiente di vitamina D a fine studio, riducendo l’attendibilità dei risultati. In aggiunta, diversi RCT hanno durata non superiore a 12 mesi, non garantendo un adeguato periodo di osservazione per valutare effetti a lungo termine quali fratture o variazioni significative della BMD 3. E non dimentichiamo la già discussa problematica delle metodiche non standardizzate di misurazione dei livelli di 25(OH)D 8.

CONCLUSIONI

Sulla scorta di quanto considerato, è necessario ai fini della prevenzione dell’osteoporosi e delle sue complicanze mantenere livelli di 25(OH)D al di sopra di 20 ng/ml (auspicabile un range 30-40 ng/ml, in grado di conferire i massimi benefici, ciò è particolarmente importante per gli anziani e soggetti a rischio), insieme all’adeguata somministrazione di calcio, se deficitario 14.

Giovano della supplementazione soprattutto i soggetti carenti o insufficienti in vitamina D e i soggetti a rischio di carenza: un soggetto con adeguati livelli di vitamina D ha già i benefici di questa condizione fisiologica. Va previsto un dosaggio di mantenimento dei livelli raggiunti per anziani, soggetti a rischio deficit o in terapia per osteoporosi.

Sono necessari RCT con metodiche standardizzate di misurazione di 25(OH)D, che coinvolgano soggetti con carenza di vitamina D e a rischio osteoporosi, con valutazione dell’effettivo raggiungimento post supplementazione di livelli sierici normali.

Infine, in base al monitoraggio della Nota 96, sorge il dubbio che la contrazione dei consumi nelle fasce di età a rischio comporti una supplementazione insufficiente. Va tenuto conto che i costi relativi alla supplementazione sono ampiamente ripagati dal risparmio di quelli legati alle complicanze dell’osteoporosi 15, per cui la prevenzione resta l’arma vincente anche dal punto di vista dei costi.

BIBLIOGRAFIA

Rossini M, Adami S, Bertoldo F, et al. Linee guida per la diagnosi, la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi. Reumatismo 2016;68:1-42.

Nota 96 – Monitoraggio andamento dei consumi della nota relativa alla vitamina D. Ufficio Monitoraggio della Spesa Farmaceutica e Rapporti con le Regioni Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Ultimo dato analizzato: giugno 2021 (data ultimo accesso 27/12/2021). https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1030827/NOTA_96_20mesi_22.10.2021.pdf

Fassio A, Rossini M, Gatti D. Vitamin D: no efficacy without deficiency. What’s new? Reumatismo 2019;71:57-61. https://doi.org/10.4081/reumatismo.2019.1201

Holick MF. Vitamin D deficiency N Engl J Med 2007; 357:266-281. https://doi.org/10.1056/NEJMra070553

Wimalawansa SJ, Razzaque MS, Al-Daghri NM. Calcium and vitamin D in human health: Hype or real? J Steroid Biochem Mol Biol 2018; 180:4-14. https://doi.org/10.1016/j.jsbmb.2017.12.009

Lee DY, Jee JH, Cho YY, et al. Serum 25-hydroxyvitamin D cutoffs for functional bone measures in postmenopausal osteoporosis. Osteoporos Int 2017; 28:1377-1384. https://doi.org/10.1007/s00198-016-3892-0

Dai Z, McKenzie JE, McDonald S, et al. Assessment of the methods used to develop vitamin D and calcium recommendations-a systematic review of bone health guidelines. Nutrients 2021;13:2423. https://doi.org/10.3390/nu13072423.

Dominguez LJ, Farruggia M, Veronese N, et al. Vitamin D sources, metabolism, and deficiency: available compounds and guidelines for its treatment. Metabolites 2021;11:255. https://doi.org/10.3390/metabo11040255

Cavalier E, Bruyère O. Vitamin D for the older patient: from hype to hope? Curr Opin Clin Nutr Metab Care 2020;23:4-7. https://doi.org/10.1097/MCO.0000000000000616

10 Bolland MJ, Grey A, Avenell A. Assessment of research waste part 2: wrong study populations- an exemplar of baseline vitamin D status of participants in trials of vitamin D supplementation. BMC Med Res Methodol 2018;18:101. https://doi.org/10.1186/s12874-018-0555-1

Bouillon R. Comparative analysis of nutritional guidelines for vitamin D. Nat Rev Endocrinol 2017; 13:466-479. https://doi.org/10.1038/nrendo.2017.31

Corrado A, Rotondo C, Cici D, et al. Effects of different vitamin D supplementation schemes in post-menopausal women: a monocentric open-label randomized study. Nutrients 2021;13:380. https://doi.org/10.3390/nu13020380

Bischoff-Ferrari HA. Should vitamin D administration for fracture prevention be continued? A discussion of recent meta-analysis findings. Z Gerontol Geriatr. 2019;52:428-432. https://doi.org/10.1007/s00391-019-01573-9

Harvey NC, Biver E, Kaufman JM, et al. The role of calcium supplementation in healthy musculoskeletal ageing: an expert consensus meeting of the European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis, Osteoarthritis and Musculoskeletal Diseases (ESCEO) and the International Foundation for Osteoporosis (IOF). Osteoporos Int. 2017;28:447-462. https://doi.org/10.1007/s00198-016-3773-6

Weaver CM, Bischoff-Ferrari HA, Shanahan CJ. Cost-benefit analysis of calcium and vitamin D supplements. Arch Osteoporos 2019;14:50. https://doi.org/10.1007/s11657-019-0589-y

 

CONTINUA A LEGGERE

 

Le informazioni che si trovano in questo sito si intendono per un uso esclusivamente informativo e non possono in alcun modo sostituire la consultazione con il proprio medico.

Pacini Editore Srl
via Gherardesca 1, 56121 Pisa • cod.fisc, p.iva, reg.imp.prov.pi 00696690502 • Cap.soc.iv. 516.000 euro
Copyright © 2015. All Rights Reserved.
Cookie Policy | Privacy policy | Politica della Qualità Ambiente e Sicurezza