Medicina di Famiglia e Specialistica
Metabolismo

Vitamina D e disturbi mentali: update sulle ultime evidenze e focus su autismo e anoressia

10 Apr 2024
disturbi-mentali

da Vitamin D UpDates

 

 

Introduzione

La vitamina D, originariamente associata alla regolazione del calcio e alla salute ossea, sta emergendo come un elemento cruciale nella sfera della salute mentale, non soltanto in disturbi quali la depressione e la schizofrenia, ma anche nell’autismo e nei disturbi della condotta alimentare. La presenza dei recettori della vitamina D in varie regioni cerebrali suggerisce un ruolo significativo nella neuroprotezione, neurogenesi e regolazione neuroimmunologica. La carenza di vitamina D nei primi anni di vita è associata a un aumentato rischio di sviluppare schizofrenia e bassi livelli di vitamina D sono stati correlati alla depressione, con evidenze sull’utilizzo della supplementazione della stessa nella riduzione dei sintomi depressivi. Nei disturbi dello spettro autistico, bassi livelli di vitamina D sono stati osservati nei bambini e nelle madri durante la gravidanza, ma la causalità rimane complessa. Pazienti con disturbi alimentari mostrano carenza di vitamina D, con implicazioni sulla salute ossea e mentale, e la vitamina D potrebbe avere anche un legame con l’impulsività in questi casi.

La supplementazione di vitamina D può migliorare alcuni sintomi, ma ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere appieno i meccanismi sottostanti. Questa panoramica sottolinea l’importanza della vitamina D nella salute mentale e la necessità di ulteriori studi per chiarire le relazioni causali e sviluppare terapie più efficaci per i disturbi neuropsichiatrici.

 

 

Introduzione: la vitamina D in psichiatria e i potenziali meccanismi d’azione

Nel contesto della salute mentale, la vitamina D ha acquistato negli ultimi anni una discreta rilevanza. Recenti studi hanno approfondito il suo ruolo ben oltre l’omeostasi del calcio e la salute ossea, esplorando le sue implicazioni nel campo neuropsichiatrico. La ricerca ha progressivamente illuminato la relazione tra vitamina D e varie condizioni mentali, inclusi disturbi come la depressione e l’ansia 1.

Nel contesto dei disturbi psichiatrici, la vitamina D è coinvolta nell’espressione regione-specifica dei recettori della vitamina D (VDR) in aree come la corteccia cingolata, il talamo, il cervelletto, la substantia nigra, l’amigdala e l’ippocampo. La presenza di vitamina D, VDR ed enzimi correlati in varie regioni del cervello ha chiarito il ruolo fondamentale della vitamina D come ormone neuroattivo/neurosteroide nei processi di neuroimmuno-modulazione, neuroprotezione, neurogenesi, e nella normale funzione cerebrale 1. Il deficit di vitamina D nei primi anni di vita, infatti, influisce negativamente sui suddetti processi: bambini con bassi livelli di vitamina D presentano, ad esempio, un maggiore rischio di sviluppare disturbi quali la schizofrenia 2. Recentemente, è stato identificato un ulteriore ruolo significativo della vitamina D nella differenziazione dei neuroni dopaminergici: uno studio del 2023 ha dimostrato che l’esposizione cronica all’ormone attivo della vitamina D aumenta la capacità dei neuroni in via di sviluppo di produrre e rilasciare dopamina, stabilendo così la vitamina D come un agente differenziatore importante per i neuroni dopaminergici in via di sviluppo 3.

Attraverso differenti meccanismi, dunque, la vitamina D influenza disturbi mentali come ansia, depressione e schizofrenia. Inoltre, recenti studi hanno esplorato il ruolo della vitamina D anche in relazione all’autismo e ai disturbi della condotta alimentare, ampliando la comprensione del suo impatto sulla salute mentale.

 

Vitamina D e disturbi psichiatrici: le evidenze più recenti

Studi suggeriscono una relazione tra la carenza di vitamina D durante lo sviluppo e l’aumento del rischio di schizofrenia e depressione. La depressione può aggravare la carenza di vitamina D riducendo l’esposizione solare, mentre i sintomi della carenza possono a loro volta peggiorare lo stato depressivo (Fig. 1) 1.

 

 

Recentemente, una meta-analisi, che prendeva in considerazione studi controllati randomizzati con placebo, ha dimostrato che la supplementazione di vitamina D in soggetti carenti riduceva significativamente i sintomi depressivi in individui con diagnosi di disturbo depressivo maggiore e con sintomi depressivi lievi 4. Inoltre, una recente analisi trasversale condotta negli Stati Uniti ha esaminato l’associazione tra carenza di vitamina D, età e depressione. L’analisi prendeva in considerazioni le caratteristiche demografiche, le caratteristiche dei sintomi depressivi e i livelli ematici di vitamina D, e ha rivelato un’associazione significativa tra deficit di vitamina D e rischio di depressione 5.

Analogamente, una meta-analisi ha sintetizzato le evidenze da trial controllati randomizzati, dimostrando che gli integratori di vitamina D sono significativamente superiori al placebo nel ridurre i sintomi depressivi in adulti, con un effetto particolarmente marcato in coloro che soffrono di depressione più severa e nei soggetti con livelli più bassi 6. Altri studi hanno mostrato non solo che la supplementazione di vitamina D potrebbe ridurre lo sviluppo dei sintomi della depressione, ma anche che la presenza di livelli sierici più elevati di vitamina D potrebbe ridurre il rischio, mettendo in evidenza come soggetti con livelli ematici più bassi di vitamina D avessero maggiori probabilità di sviluppare depressione.

Inoltre, è stata evidenziata una correlazione negativa tra bassi livelli di vitamina D durante il primo trimestre di gravidanza e lo sviluppo di sintomi depressivi nel secondo trimestre, così come un rischio aumentato di sintomi depressivi peri-partum in seguito a ipovitaminosi D nel secondo trimestre 7. Un recente trial randomizzato controllato ha peraltro mostrato che la supplementazione di vitamina D nei primi due anni di vita riduceva il rischio di disturbi come ansia e depressione all’età di 6-8 anni 8.

Nei pazienti schizofrenici si assiste a una prevalenza del 70% di carenza di vitamina D, a fronte di una prevalenza generale del 37,6% nella popolazione.

Le persone nate in inverno e primavera hanno un leggero aumento del rischio di sviluppare la schizofrenia: questo fenomeno potrebbe essere dovuto a fattori ambientali stagionali, come infezioni più comuni nei mesi freddi, ma anche a una minore esposizione alla luce solare. In particolare, è stata osservata una correlazione tra la carenza di vitamina D nelle donne incinte e nei neonati durante questi mesi e un aumento del rischio di schizofrenia: la radiazione ultravioletta durante l’inverno in siti ad alta latitudine può essere difatti insufficiente per innescare la reazione necessaria alla produzione del precursore della vitamina D 9. Il rischio di schizofrenia è inoltre più alto nella prole di migranti dalla pelle scura in alcuni paesi. Fattori legati alla marginalizzazione sociale e allo stress migratorio sono collegati a un aumento del rischio di disturbi mentali in generale, inclusa la schizofrenia; tuttavia, gli individui con pelle pigmentata che vivono in climi freddi sono a maggior rischio di carenza di vitamina D, poiché la pelle pigmentata agisce come una protezione solare naturale e riduce la produzione del precursore della vitamina D 10. Inoltre, è stato dimostrato che coloro che sono migrati nei Paesi Bassi da bambini hanno un rischio aumentato di schizofrenia successiva (rispetto a coloro che migrano da adulti): ciò può suggerire la presenza di una finestra critica di esposizione, ovvero di un intervallo di età in cui l’esposizione alla carenza di vitamina D può aumentare il rischio di disturbi neuroevolutivi 10.

Infine, un’analisi del 2023 ha mostrato un’architettura genetica condivisa tra la schizofrenia e i livelli di vitamina D, identificando nuovi loci di rischio e sottolineando un complesso meccanismo di sovrapposizione genetica tra la deficienza di vitamina D e la schizofrenia. Questi risultati suggeriscono che varianti genetiche condivise possano contribuire alla coesistenza di schizofrenia e carenza di vitamina D, influenzando il quadro clinico 11.

 

Vitamina D e autismo

L’eziologia e la patogenesi dei disturbi dello spettro autistico (ASD) sono complesse e non completamente chiarite. Dall’inizio degli anni ‘80, la ricerca sull’autismo ha superato la teoria dell’”inadeguata cura parentale”, concentrandosi sulle cause biologiche. Si è scoperto che l’ASD è un disturbo neuroevolutivo causato dall’interazione di fattori genetici e ambientali. Oltre 1.000 geni sono stati collegati all’ASD e c’è una maggiore concordanza tra gemelli monozigoti rispetto ai dizigoti, suggerendo un forte ruolo genetico. Tuttavia, solo il 25-30% dei bambini con ASD mostra geni correlati all’ASD, evidenziando l’importanza dei fattori ambientali. Fattori come nutrizione, farmaci, sostanze tossiche, infezioni materne durante la gravidanza, stress e vaccinazioni sono stati associati all’ASD. Alcuni bambini con ASD presentano livelli elevati di serotonina e anomalie nel funzionamento della dopamina, oltre a disordini nella struttura e nelle connessioni cerebrali. Studi immunologici indicano anche un’alterazione dell’equilibrio immunitario. La carenza di vitamina D, collegata a fattori come l’inquinamento atmosferico, le condizioni climatiche e la latitudine, è stata proposta come possibile causa dell’ASD 12. Una revisione sistematica e di meta-analisi ha dimostrato che i bambini con ASD presentano livelli sierici significativamente più bassi di vitamina D rispetto ai controlli senza diagnosi di ASD 13. Inoltre, sia bassi livelli di vitamina D nel sangue materno che bassi livelli di vitamina D nel sangue del neonato si correlano significativamente con un rischio maggiore di successiva diagnosi di ASD 13. Anche per questo disturbo esiste un rapporto di casualità col deficit di vitamina D ambiguo: i bambini con ASD hanno abitudini di vita diverse, inclusa una dieta più selettiva e meno varia, che porta a un minore introito di vitamina D. Inoltre, tendono a trascorrere meno tempo in attività all’aperto, riducendo l’esposizione ai raggi UV-B solari e, di conseguenza, la sintesi cutanea di vitamina D. Un altro fattore che può influenzare i livelli di vitamina D è genetico, legato a varianti dei geni del metabolismo e del recettore della vitamina D associati al rischio di ASD. Infine, l’uso di alcuni farmaci, come quelli antiepilettici, può anche causare la riduzione dei livelli di vitamina D.

In ogni caso, il potenziale terapeutico della supplementazione di vitamina D nei bambini con ASD è stato esplorato in vari studi: in particolar modo, si è evidenziato che la supplementazione nei soggetti carenti può migliorare alcuni sintomi dell’ASD, in particolare i comportamenti stereotipati, ma non incide significativamente su altri sintomi principali e condizioni coesistenti 14.

I meccanismi sottostanti la relazione tra vitamina D e ASD devono ancora essere pienamente chiariti: la vitamina D è nota per svolgere ruoli nello sviluppo cerebrale, nella funzione immunitaria e nell’infiammazione, che sono rilevanti per l’ASD. È stato dimostrato che modula le citochine infiammatorie, influenza le vie antiossidanti e regola neurotrasmettitori come la serotonina, tutti elementi fondamentali nel contesto dell’ASD 13. Inoltre, la vitamina D interagisce con vari geni associati all’ASD e la sua carenza può interrompere i processi neuroevolutivi 13. Sussistono tuttavia limitazioni nella ricerca attuale, tra cui l’eterogeneità nei disegni di studio, nei regimi di dosaggio della vitamina D e nelle caratteristiche dei partecipanti, che sfidano la formulazione di conclusioni definitive. La variabilità nella risposta alla supplementazione di vitamina D tra gli individui con ASD suggerisce che fattori genetici e ambientali potrebbero influenzarne l’efficacia.

 

Vitamina D, disturbi della condotta alimentare e il ruolo dell’impulsività

I pazienti con anoressia nervosa (AN) hanno livelli significativamente più bassi di vitamina D nel siero, sia nella forma di 25-idrossivitamina D [25(OH)D] che di 1,25-diidrossivitamina D [1,25(OH)D], rispetto ai controlli 15.

I bassi livelli di 25(OH)D nel siero possono portare alla perdita ossea tipica dell’AN, con conseguente riduzione della densità minerale ossea e una maggiore frequenza di fratture cliniche e non cliniche rispetto agli adolescenti sani. È pertanto importante tener di conto dei valori di vitamina D, non soltanto per la salute del tessuto scheletrico, ma anche per il ruolo che la vitamina D riveste anche negli altri disturbi mentali, che spesso affliggono i pazienti con AN 15.

Una meta-analisi ha rivelato che i pazienti con AN mostravano livelli sierici di vitamina D significativamente più bassi rispetto ai controlli nonostante l’introito di vitamina D fosse simile. Diversi elementi possono essere presi in considerazione per giustificare questi dati: i pazienti con AN tendono a sovrastimare il loro consumo di cibo, il che potrebbe portare a una valutazione incoerente dell’assunzione di micronutrienti. Inoltre, non tutte le attività fisiche hanno effetti simili nel mantenere livelli ottimali di 25(OH)D. Potrebbe accadere che i pazienti con AN trascorrano più tempo in attività indoor piuttosto che all’aperto o indossino abiti che coprono più il corpo, riducendo così l’esposizione alla luce e la sintesi cutanea di vitamina D.

Sebbene bassi livelli sierici di 25(OH)D siano tipici nelle persone obese a causa della maggiore massa grassa, ricerche crescenti hanno mostrato che bassi livelli sierici di 25(OH)D sono associati anche a stati di magrezza, come la malnutrizione, la cachessia neoplastica e l’AN 15.

Infine, i pazienti con AN hanno anche livelli sierici più bassi della forma attiva della vitamina D, 1,25(OH)D. I livelli di quest’ultima hanno poca relazione con le riserve di 25(OH)D e sono regolati principalmente dai livelli di ormone paratiroideo (PTH). In condizioni di bassi livelli sierici di 25(OH)D, la forma attiva di vitamina D di solito aumenta, invece di diminuire, come osservato nei pazienti con AN. Questo squilibrio tra 1,25(OH)D e 25(OH)D nell’AN potrebbe essere spiegato dai bassi livelli sierici di estrogeni in questi pazienti, ormoni che sembrano essere importanti agonisti della 1-alfa idrossilasi 15.

Un recente studio pilota ha inoltre mostrato che, in una popolazione di 236 pazienti con disturbi della condotta alimentare, i livelli di vitamina D correlavano con la presenza di comportamenti impulsivi 16. L’impulsività è considerata un elemento implicato nell’insorgenza e nell’esito di diversi disturbi alimentari: in pazienti affetti da queste patologie, infatti, attraverso indagini di neuroimaging si riscontra uno squilibrio tra l’area frontale e mesolimbica 16.

La supplementazione con vitamina D potrebbe essere considerata come parte dell’approccio terapeutico per il controllo dei sintomi e la prevenzione delle ricadute in individui con disturbi alimentari, come già testato in pazienti con diagnosi di disturbo da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) o con comportamenti suicidari 16.

 

 

Conclusioni

L’analisi della letteratura recente ha delineato un quadro in cui la vitamina D si configura come un elemento potenzialmente influente in diversi disturbi mentali. Oltre alle più studiate correlazioni con la depressione e la schizofrenia, la letteratura degli ultimi anni sta producendo evidenze anche sul rapporto che intercorre tra la vitamina D e patologie, quali l’autismo e i disturbi della condotta alimentare. Sebbene i risultati suggeriscano una correlazione tra la carenza di vitamina D e la manifestazione e la severità di questi disturbi, la relazione causale non è ancora stata chiaramente delineata. In particolare, nei disturbi come l’autismo e l’anoressia nervosa la vitamina D sembra avere un ruolo sia nello sviluppo che nell’esacerbazione dei sintomi. Tuttavia, è cruciale considerare che questa associazione potrebbe non essere univoca e ulteriori ricerche sono necessarie per comprendere se la carenza di vitamina D sia un fattore causale, una conseguenza o un elemento concomitante di questi disturbi. Questa revisione mette anche in evidenza come interventi terapeutici basati sulla supplementazione di vitamina D possano aver beneficio sui disturbi mentali. Il crescente numero delle evidenze sul rapporto che intercorre tra disturbi mentali, quali schizofrenia e depressione, e la vitamina D pone le basi per un approfondimento della relazione tra quest’ultima e altre patologie psichiatriche, nonché per l’utilizzo della supplementazione della stessa in pazienti affetti da disturbi mentali.

 

Bibiliografia

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