Medicina di Famiglia e Specialistica
Geriatria

Teorie psicologiche sulla demenza

30 Ott 2023
piscologia

da Journal of Gerontology and Geriatric the official journal of the Italian Society of Gerontology and Geriatrics (SIGG)

 

Abstract

La demenza non è una parte normale dell’invecchiamento. È una malattia lenta, che inizia con lievi problemi di memoria e termina con gravi danni cerebrali. Non è possibile comprendere, diagnosticare e trattare adeguatamente la demenza senza il contributo della ricerca psicologica, che ha dato e continuerà sicuramente a dare un contributo importante in questo campo. Essa svolge un ruolo importante nello sviluppo di programmi volti a ridurre il rischio di demenza o di programmi di sensibilizzazione. Un approccio bio-psicosociale alla comprensione dell’esperienza della demenza fornisce un modello appropriato per identificare i fattori che determinano la natura della demenza, la progressione della malattia e gli interventi appropriati. Questo articolo si concentra sulla prospettiva psicologica della natura e dell’esperienza della demenza. Fornisce una spiegazione teorica dei sintomi della demenza a partire dalle principali scuole di pensiero della psicologia, ossia quella psicodinamica, comportamentale, dello sviluppo e cognitiva.

 

Introduzione

La demenza è un problema in rapida crescita nelle regioni in via di sviluppo del mondo. I bassi livelli di consapevolezza della demenza come sindrome cerebrale cronico-degenerativa sono le caratteristiche principali di queste società. Nel 2005, è stato stimato che 24,3 milioni di persone in tutto il mondo e 1,8 milioni di persone in India erano affette da demenza 1. In India, il numero di persone affette da demenza di tipo Alzheimer (DAT) e da altre forme di demenza aumenta ogni anno a causa della crescita costante della popolazione anziana e dell’aumento stabile dell’aspettativa di vita e si prevede che aumenterà di due volte entro il 2030 e di tre volte entro il 2050 2. Il numero annuale di nuovi casi inizierà a salire bruscamente intorno al 2040, quando tutti i baby boomer avranno più di 65 anni. Due fattori contribuiscono a questo cambiamento: l’aumento del numero e della proporzione di persone che sopravvivono alle età più avanzate, dove la demenza è più frequente 2 e l’aumento dei tassi di sopravvivenza delle persone affette dalla patologia 1.

La demenza non è una parte normale dell’invecchiamento. È una malattia lenta, che inizia con lievi problemi di memoria e termina con gravi danni cerebrali. Il termine demenza si riferisce a una perdita delle capacità intellettive che interferisce con il funzionamento quotidiano a seguito di una specifica malattia o condizione 3.

Non si può negare l’impatto psicologico negativo della demenza sulle persone che ne sono affette, ma anche su coloro che se ne prendono cura. Poiché ogni individuo è diverso, anche l’impatto è diverso per ogni persona. La demenza è definita da una compromissione della memoria, del linguaggio e del ragionamento; i disturbi e i sintomi psichiatrici più preoccupanti sono spesso di tipo comportamentale; è una sindrome eziologicamente aspecifica e può essere causata dalla malattia di Alzheimer, dalla degenerazione del lobo frontale, dall’ictus, dalla degenerazione dei gangli della base, dalla sclerosi multipla, dai tumori cerebrali da trauma, dalle infezioni cerebrali, dall’AIDS, dalla malattia di Creutzfeldt-Jakob, dall’idrocefalo, dalla depressione, da disturbi tossici o metabolici 4.

La corretta comprensione, la diagnosi e il trattamento della demenza non sono possibili senza il contributo delle ricerche psicologiche, che hanno e continueranno sicuramente a dare un contributo significativo in questo settore. Esse hanno un ruolo importante nello sviluppo di programmi che mirano a ridurre i rischi di sviluppare la demenza o in brevi programmi di sensibilizzazione. Gli psicologi si assicurano che i diritti umani delle persone affette da demenza non vengano violati, in modo che esse (le persone affette da demenza) possano avere un coinvolgimento attivo e significativo nel prendere decisioni sulla propria vita e nella pianificazione e valutazione dei servizi che ricevono. Quando l’attenzione si concentra sulla persona e non solo sulla gestione dei sintomi o della malattia, allora ciò è più vantaggioso per una gestione efficace delle persone affette da demenza e le aiuta a vivere bene con essa. Un approccio bio-psicosociale alla comprensione dell’esperienza della demenza fornisce un modello appropriato per identificare i fattori che determinano la natura della demenza, la progressione della malattia e gli interventi appropriati.

Questo articolo si concentra sulla prospettiva psicologica della natura e dell’esperienza della demenza. Fornisce una spiegazione teorica dei sintomi a partire da alcune delle principali scuole di pensiero della psicologia: psicodinamica, comportamentale, dello sviluppo e cognitiva.

 

Concettualizzazione psicodinamica della demenza

Il termine “psicodinamico” è ampio, ma quando parliamo di demenza, include la psicoanalisi, la teoria analitica dell’Io, la psicologia dello sviluppo dell’Io, la teoria delle relazioni oggettuali e l’autopsicologia. La demenza è una malattia delicata che comporta un indebolimento del funzionamento dell’Io, una minore padronanza dell’ambiente e una maggiore dipendenza. È l’Io che aiuta le persone a resistere all’impulso di impegnarsi in comportamenti che potrebbero essere in conflitto con ciò che una persona pensa o sente. Questo controllo interno è ciò che aiuta a “fare la cosa giusta”, soprattutto in situazioni in cui si può essere tentati di intraprendere azioni che vanno contro i propri valori personali. È considerato la voce interna della ragione: è ciò che aiuta a motivare l’individuo a garantire che il suo comportamento sia congruente con la sua visione di sé. Purtroppo, però, questo ego è indebolito nei pazienti affetti da demenza.

L’Io indebolito scatena conflitti psicodinamici irrisolti, a seconda dell’adeguatezza delle difese5. Nelle prime fasi della demenza, l’Io indebolito utilizza diversi meccanismi di difesa come la negazione, la proiezione, la scissione o il ritiro, al fine di proteggersi dalle perdite attuali e successive. Con il progredire delle fasi della demenza, la persona fatica a mantenere il senso di sé e diventa sempre più dipendente. Si assiste a un improvviso aumento del bisogno di rassicurazione e accompagnamento da parte degli altri. Gradualmente, il meccanismo di difesa viene meno e l’individuo diventa più angosciato, mostrando segni di aggressività, agitazione, ostilità, sfogo, reazione catastrofica, isolamento, disperazione e solitudine. Gli psicologi del sé e i teorici delle relazioni oggettuali evidenziano come le persone affette da demenza compromettano la loro capacità di mantenere il senso di sé attraverso relazioni interiorizzate tra sé e l’oggetto. I comportamenti ego-sintonici (comportamenti che sono allineati con i valori personali e l’immagine di sé) nei pazienti affetti da demenza sono compromessi e scambiati con comportamenti ego-distonici (azioni che sono incoerenti con l’ego). Le persone affette da demenza dipendono dagli altri per mantenere il senso di sé, lasciando che le funzioni dell’ego siano fornite da loro 6,7 e dando luogo a comportamenti ego-distonici. Questa dipendenza, d’altra parte, porta allo sviluppo di sentimenti di mancanza di fiducia, all’apprensione per la separazione dai propri cari e al bisogno di essere costantemente in contatto. I pazienti affetti da demenza non passano improvvisamente da comportamenti prevalentemente ego-sintonici a comportamenti prevalentemente ego-distonici: si tratta di un cambiamento che avviene nel tempo.

L’esperienza passata si fonde con la situazione attuale, cosa che deriva dal declino della memoria. Può essere di beneficio come di danno. Può quindi sostenere il concetto di sé e migliorare l’autostima se le immagini del passato evocano un senso di piacere e di realizzazione. D’altro canto, può anche frammentare il sé (ad esempio, se si pensa che individui morti o assenti siano vivi nel presente o se le persone del passato non vengono riconosciute o ricordate nel presente). Con il progredire e l’aggravarsi della malattia, anche la capacità di considerare gli altri come un mezzo per migliorare il proprio senso di sé viene compromessa, con conseguente estrema confusione, ansia e difese psicotiche8. Diversi modelli di trattamento per le persone affette da demenza si basano su teorie psicodinamiche. Il fondamento logico degli approcci basati su queste teorie è che le funzioni dell’Io e le relazioni oggettuali possono essere mantenute attraverso una relazione terapeutica sicura e accettante, in cui l’individuo si sente compreso e supportato 9.

 

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