Medicina di Famiglia e Specialistica
L'opinione

Rapporto OCSE Health at a Glance 2023: il giudice a Berlino che mancava

27 Nov 2023

Luca Puccetti

Presidente Società Medica Interdisciplinare Promed Galileo, Pisa

 

 

È stato recentemente pubblicato il rapporto OCSE Health at a Glance 2023 1, un corposo dossier di oltre 230 pagine, che fornisce una serie completa di indicatori sulla salute della popolazione e sulle prestazioni dei sistemi sanitari dei Paesi membri dell’OCSE e delle principali economie emergenti. Sono stati analizzati lo stato di salute, i fattori di rischio, l’accesso alle cure, la qualità dell’assistenza sanitaria e le risorse dei sistemi sanitari. L’analisi si è basata su statistiche nazionali ufficiali e su altre fonti.

Una panoramica che riassume la performance comparativa dei Paesi OCSE e le principali tendenze. Questa edizione analizza anche la salute digitale e delinea ciò che i Paesi devono fare per accelerare la trasformazione della sanità verso tale direzione.

Alcuni commentatori, spesso pronti a dar credito alla narrazione main stream, pelosamente interessata, che dipinge la nostra sanità a tinte fosche e non perde occasione per raffigurare la Medicina Generale quale punto debole del sistema, sono rimasti sorpresi da alcuni risultati che fotografano l’assoluta eccellenza di importanti indicatori strettamente correlati al ruolo dei medici di famiglia. Riferendosi ai parametri principali, emerge che in Italia la mortalità evitabile, i ricoveri evitabili e i tassi di dimissioni ospedaliere sono tra i migliori al mondo. Questi risultati sono tanto più significativi se si considerano una serie di variabili che influenzano in modo rilevante i determinanti di salute: in particolare la struttura demografica, con un tasso di anziani tra i più elevati al mondo, la spesa sanitaria pro capite, che è tra le più basse tra quelle dei “Paesi sviluppati” e largamente inferiore alla media OCSE, il numero relativamente limitato di posti letto, il basso reddito pro capite e la bassa natalità, che provoca solitudine e disgregazione familiare. Oltre a ciò, la percentuale di fumatori, sia di tabacco che di altre sostanze, il consumo di alcol e l’obesità rendono ancora più difficile raggiungere dei risultati positivi. Molti di questi risultati sono strettamente correlati al lavoro della Medicina Generale e alla collaborazione tra i medici del territorio e gli specialisti. Non mancano alcuni aspetti negativi, quali ad esempio il consumo di antibiotici ancora troppo elevato, che, tuttavia, va posto in relazione con il basso indice di ospedalizzazione, con l’invecchiamento e con la cronicizzazione. Appare interessante anche il dato relativo al limitato numero di cittadini italiani che riportano di soffrire di una condizione cronica disabilitante.

Il rapporto è la “sentenza” del giudice a Berlino che mancava, un dossier che spazza via le critiche infondate nei riguardi della Medicina Generale, additata come inefficiente, inappropriata, scarsamente laboriosa e strapagata. Giudizi spesso espressi da soggetti prezzolati o con un forte interesse a smantellare la figura del medico indipendente, scelto dal cittadino, che non deve rispondere a delle direttive aziendali e che opera nell’ambito di un rapporto fiduciario che garantisce di poter esercitare delle scelte in scienza e coscienza, senza doversi confrontare con le “pressioni” che connotano altre organizzazioni sanitarie. Questo senza eludere il problema della sostenibilità ed agendo secondo il principio dell’utilizzo corretto delle risorse: lo dimostra il contenimento costante della spesa farmaceutica, nonostante un continuo incremento del carico assistenziale che, dal 2012 al 2022, a parità di assistiti, è aumentato del 30%, senza che nessun miglioramento organizzativo sia stato garantito ai medici di medicina generale.

Attenzione quindi agli apprendisti stregoni e ai cattivi maestri che, per ideologia o per interesse, vogliono eliminare “l’ombudsman di salute” del cittadino, addirittura minacciando di imporre il rapporto a dipendenza, che è del tutto incompatibile, per evidenti motivi, con un rapporto fiduciario. Anche la via delle cosiddette “case della salute”, come delineata, è inadeguata, poiché la Medicina Generale è ontologicamente medicina di prossimità: professionale, umana e anche geografica. Il medico deve poter scegliere i propri collaboratori e i referenti specialistici, e non operare in contesti impostigli. Le case della salute potrebbero essere utili su base esclusivamente volontaria e per svolgere delle attività aggiuntive rispetto a quelle praticate tradizionalmente negli studi dei medici di famiglia, che richiedano un’organizzazione più complessa ed integrata con altri operatori sanitari. Quanto fatto durante la pandemia è stato dimenticato, nonostante la Medicina Generale abbia pagato un prezzo altissimo, avendo dovuto operare a “mani nude”: come se in guerra fossero dovuti andare dei vigili urbani, al posto di soldati equipaggiati e ben armati. Anzi, si è presa a pretesto la vicenda della pandemia per mettere sotto accusa la Medicina Generale, che ha invece svolto, al pari dei colleghi dipendenti, un ruolo decisivo in condizioni difficilissime.

Non si intende con questo affermare che tutto debba rimanere immutabile. Alcune evoluzioni sono necessarie – prima fra tutte, il dotare subito gli studi dei medici di famiglia di personale infermieristico e di segreteria. Non è più tollerabile che alcuni cittadini abbiano un medico che può garantire i servizi del personale di studio e che molti altri invece non possano averlo, perché ci sono i tetti ai contributi per il personale. Quel prezioso patrimonio di 50000 studi, capillarmente diffusi su tutto il territorio, deve essere messo in rete, connesso sia al suo interno sia con i centri specialistici e le aggregazioni professionali già esistenti – come le medicine di gruppo che, se dotate di personale e di strumentazione, possono garantire un miglioramento organizzativo, per erogare nuovi servizi in studio a tutto vantaggio dei cittadini. Invece di spendere in colate di cemento per erigere delle improbabili cattedrali nel deserto, si investa per il miglioramento dell’organizzazione dei medici di famiglia, relativamente al personale di studio e alla strumentazione di primo livello, come ad esempio ecografi, elettrocardiografi spirometri e doppler, previsti dalla manovra di bilancio 2020 e spesso mai arrivati. Un ulteriore sviluppo è quello legato alla telemedicina, che deve uscire dai “progetti pilota”, immancabilmente destinati ad esaurirsi quando finiscono i fondi allocati, per divenire una realtà assistenziale strutturale e diffusa, che consenta di poter offrire dei servizi a distanza anche in zone disagiate e con una scarsa presenza di medici. Questo permetterebbe anche di contenere alcune liste di attesa, demandando le indagini strumentali di primo livello a medici di medicina generale adeguatamente formati, che operino per i pazienti della AFT (Aggregazione Funzionale Territoriale), ognuno relativamente alle proprie specifiche competenze, “certificate” dalle Regioni o da altre Istituzioni. Già da anni il percorso formativo dei medici di medicina generale in Toscana prevede una formazione specifica sull’impiego di tali strumenti. Il teleconsulto potrebbe ulteriormente ridurre in modo significativo il ricorso alle visite in presenza, con dei risparmi evidenti non soltanto per il sistema sanitario, e il telemonitoraggio, specie se affiancato da sistemi esperti “smart”, può migliorare ancora di più la gestione dei pazienti cronici. La medicina di famiglia, dipinta come un boccaccesco paese del Bengodi, è talmente comoda da indurre un numero sempre maggiore di colleghi a mollare, anche molto prima dell’età pensionabile, per sfinimento causato dal carico assistenziale sempre crescente, dalla mancanza di personale di supporto, dall’esplosione dei costi dei fattori di produzione e dalla scarsa considerazione sociale ed economica. Che dire poi dei corsi di formazione specifica in Medicina Generale, ridotti a dei simulacri da un coacervo di norme inconciliabili emanate per tentare maldestramente di rimediare alla mancanza di una programmazione, che registrano un numero consistente di posti non assegnati. Da un lato si afferma solennemente che non si può esercitare la professione di medico di medicina generale senza una formazione specifica, dall’altro si “inventano” improbabili soluzioni di formazione al lavoro, impraticabili e che pongono delle enormi responsabilità ai medici neolaureati. Il problema della carenza dei medici poteva essere tamponato incrementando il massimale e riproponendo l’affiancamento dei medici in formazione ai medici già esperti. Se si vuole smantellare la sanità pubblica, il modo migliore è proprio quello di sbarazzarsi, per lisi o per crisi, di uno dei baluardi della salute dei cittadini. Una realtà che fornisce servizi eccellenti, ma che ha il “torto” di costare poco e quindi di togliere spazio ai tanti fautori di modelli alternativi, privatistici o mutualistici, pronti ad inserirsi nell’area che si aprirebbe dall’eliminazione del medico di famiglia. Tutti i Paesi con buoni determinanti di salute hanno una Medicina Generale forte, indipendente, adeguatamente organizzata e finanziata. Senza una tale Medicina Generale la spesa raddoppia e, come fotografato proprio dal rapporto OCSE, un Paese come l’Italia non può certo permetterselo.

 

Bibliografia

  1. OECD. Health at a Glance 2023. OECD indicators. https://www.oecd.org/health/health-at-a-glance/

 

 

 

 

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