Medicina di Famiglia e Specialistica
Psichiatria

Quando tutto cambia: la salute psichica in adolescenza

8 Feb 2023

 

Agli adolescenti e agli adulti che li accompagnano nel loro viaggio

 

Obiettivo di questo libro, che nasce dall’esperienza maturata dagli autori presso l’ospedale pubblico e i servizi territoriali, è fornire le informazioni utili a porsi di fronte alle manifestazioni cliniche dell’adolescente con maggiori competenze, in modo da avere una bussola per navigare in acque che appaiono spesso molto tempestose.

 

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Formulare riflessioni sulla salute psichica in adolescenza assomiglia al tentativo di fotografare un fenomeno in veloce movimento.

Le straordinarie trasformazioni ambientali degli ultimi quindici anni e lo sviluppo delle tecnologie hanno infatti favorito un sovvertimento degli assi cartesiani su cui il nostro vivere si è dipanato per decenni e hanno determinato impatti rilevanti soprattutto in un’età per sua natura caratterizzata da rapidi e profondi cambiamenti come l’adolescenza. Le drammatiche fratture degli ultimi anni (crisi economica, pandemia, guerra) hanno complicato il quadro, favorendo un clima di incertezza.

Tutto questo ha favorito l’emergere di nuove condizioni cliniche che prendono forma affiorando da un fiume carsico spesso misconosciuto, che ci interrogano e ci stimolano.

Osservarle con uno sguardo inclusivo, integrare competenze e sensibilità differenti, mantenere curiosità e attenzione favorendo al contempo un approccio pragmatico e operativo è a oggi la strada maestra per accompagnare i nostri giovani attraverso un passaggio difficile, ma fondamentale, per la costruzione della loro storia.

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INTRODUZIONE

L’adolescenza è un periodo della vita umana del tutto singolare, caratterizzato dal difficile equilibrio tra potenzialità ancora inespresse e fragilità.

È possibile considerarla una fase di passaggio obbligato che permette di accedere all’età adulta (dal latino adultus: “cresciuto”).

Il modo in cui si diviene uomini e donne è da sempre stato riconosciuto come un momento particolarmente significativo e importante, tanto da venire evidenziato da riti di passaggio (i cosiddetti riti di iniziazione) che permangono ancora in diverse culture.

Ciò che avviene in questi anni plasma l’individualità e la personalità perché, sebbene ognuno di noi non sia una tabula rasa ma abbia caratteristiche ben definite già alla nascita e incluse nel suo patrimonio genetico, è in adolescenza che si affinano le caratteristiche, che si orientano le competenze, e che, secondo il celebre verso di Pindaro, si diviene ciò che si è.

Il passaggio verso l’età adulta è possibile grazie alla trasformazione corporea e alla maturazione dei sistemi neurobiologici che danno il via alle transizioni psicologiche e di ruolo. Negli anni dell’adolescenza il nostro cervello è particolarmente “malleabile” e recettivo agli stimoli che giungono dall’ambiente esterno. Il complesso meccanismo di rimaneggiamento cerebrale, con i fenomeni di pruning sinaptico e di creazione di sistemi di connessione ad alta efficienza che avvengono in questo periodo della vita, permette di comprendere perché quanto viene imparato precocemente risulti un lascito anche per l’età adulta.

Il periodo adolescenziale scolpisce il nostro cervello, ne potenzia alcune competenze a discapito di altre. Non si tratta solo di competenze fisiche e cognitive (come in ambito sportivo o nelle modalità di ragionamento e studio) ma anche di competenze relazionali, affettive ed emotive. Il senso di sé, la capacità di tollerare le frustrazioni, di investire nel futuro, di accogliere la relazione con l’altro sono tutte competenze che in adolescenza si strutturano.

L’adolescenza rappresenta dunque un periodo di straordinaria ricchezza.

Sappiamo però che contiene in sé anche numerose contraddizioni: le stesse competenze che vi si costruiscono possono, purtroppo, anche venire disgregate. Come per ogni transizione, nel percorso di sviluppo è insito un rischio: tutte le transizioni possono infatti “andare male” e non portare ai risultati attesi.

Molti fattori sono suscettibili di intervenire nel percorso di sviluppo alterando la traiettoria evolutiva: esperienze, fallimenti, traumi. La “malleabilità” cerebrale è infatti associata anche a una specifica sensibilità a stress di diversa natura (quindi fisici, tossici, relazionali), che tra l’altro sono spesso più comuni a questa età, visto che i giovani sono generalmente meno attenti ai rischi rispetto agli adulti e affascinati dalle novità e dalle possibili conquiste.

Dietro all’apparente forza e all’esuberanza, l’adolescente cela sempre sensibilità e fragilità.

La fragilità dell’adolescenza si manifesta in molti modi. I dati epidemiologici ci dicono che è nel periodo adolescenziale che esordiscono gran parte delle patologie psichiche; l’esposizione a diversi fattori di stress risulta sicuramente uno degli aspetti fondamentali per spiegare, almeno in parte, questo incontrovertibile riscontro.

L’esordio psicopatologico è inscindibile dal percorso evolutivo, con cui mantiene un rapporto biunivoco. La psicopatologia può alterare il fisiologico percorso verso la costruzione dell’identità personale ma, allo stesso tempo, le capacità di adattamento dell’adolescente possono essere fondamentali per modificare l’espressione, l’impatto e l’andamento temporale di eventuali disturbi. L’elevata neuroplasticità permette infatti, con interventi corretti, di contenere gli effetti pervasivi della psicopatologia stessa: appare quindi estremamente importante prestare una particolare attenzione a questa fase della vita e tutelarla in modo adeguato in vista della salute psichica.

La centralità di una simile salvaguardia è espressamente dichiarata dalla WPA (World Psychiatric Association). I giovani con patologie psichiche dovrebbero avere sempre il diritto di accedere a percorsi idonei di trattamento e cura, al pari dei loro coetanei con malattie fisiche. Purtroppo, anche per motivi storici, vi è la tendenza a disconoscere la possibilità che un ragazzo giovane presenti un disturbo psichico e i dati epidemiologici ci dicono che solo una minoranza di giovani con disturbi psichici giunge in contatto con specialisti, viene riconosciuta correttamente e riceve un trattamento idoneo.

Proprio per questo motivo, riteniamo che il primo, fondamentale punto da cui partire sia sviluppare la capacità di riconoscere che alcune manifestazioni non sono parte del fisiologico, a volte turbolento, percorso di sviluppo individuale, ma segni di una psicopatologia per la quale è necessario intervenire in modo tempestivo e specifico. Negare questa evenienza sostenendo indistintamente la presenza di un generico “disagio adolescenziale” significa privare un ragazzo sofferente della possibilità di accedere a cure specifiche, con tutto il correlato che l’intervento tardivo porta con sé: aggravamento dei sintomi, alterazioni del funzionamento, effetti a livello socio-relazionale e scolastico.

Sottolineare con decisione questa carenza non ci pone comunque tra gli “interventisti”, né significa declinare l’approccio con l’adolescente a favore di una “medicalizzazione”. Indica al contrario la necessità di prestare attenzione valutativa e diagnostica, analizzando tanto le manifestazioni emergenti quanto la predisposizione familiare e ambientale, i fattori di rischio evolutivo. Riconosciamo e sottolineiamo che è molto frequente purtroppo anche il rischio opposto, quello di “patologizzare” manifestazioni che invece necessitano in primo luogo di essere comprese e contenute con i consueti mezzi affettivi ed educativi presenti in ambito familiare, senza privare la famiglia del suo specifico ruolo educativo con il ricorso a figure esterne più o meno normative.

Dal punto di vista medico è importante quindi cercare di ottenere nello stesso tempo un’elevata sensibilità e un’elevata specificità. Ci troviamo in un passaggio stretto, in cui è necessario imparare a discriminare tra segni indicativi di un possibile esordio di psicopatologia e segni che invece sono parte del fisiologico percorso adolescenziale, perché l’intervento da mettere in atto può cambiare radicalmente.

Questo appare particolarmente vero in un periodo storico scosso da profondissime trasformazioni socio-antropologiche che hanno un impatto rilevante sul benessere psichico dei giovani. Seppure gli aspetti neurobiologici rimangano un dato di partenza sostanzialmente invariante e il cervello degli adolescenti segua, con solo pochissime differenze, le stesse traiettorie di sviluppo di sempre, gli stimoli a cui è sottoposto cambiano in continuazione, con esiti che solo in parte possono essere previsti. È importante allora osservare la situazione attuale con uno sguardo inclusivo, che tenti di integrare competenze e sensibilità differenti, che parta dal passato e si proietti al futuro.

Negli ultimi 20 anni abbiamo assistito a profondi cambiamenti dell’assetto sociale e alla crisi dei sistemi di riferimento su cui questo era stato costituito.

Un saggio di Jean Twenge dell’Università di San Diego riporta dati che fanno riflettere, ricavati dall’analisi del comportamento degli adolescenti negli ultimi 40 anni: rispetto agli adolescenti delle generazioni precedenti, i ragazzi sono più depressi e meno inseriti a scuola o al lavoro dei loro genitori e nonni, passano meno tempo con gli amici, nello studio, nello sport, e investono meno su loro stessi (es. rinunciano a prendere la patente, vanno meno a ballare). E in tutto questo non bisogna dimenticare i cambiamenti radicali che negli ultimi anni si sono verificati in seguito alla pandemia e che hanno particolarmente inciso sugli adolescenti. L’impatto più pesante è stato esercitato dalla condizione di isolamento in cui i giovani si sono trovati a vivere con la riduzione degli spazi di socializzazione e la conseguente alterazione di quei passaggi d’età, anche rituali, che fanno parte del momento di transizione dall’infanzia all’adolescenza. L’impressione è di essere seduti su un fiume carsico in cui scorre la sofferenza di un lungo periodo di immersione nella paura, in una condizione di iper-allerta, di vigilanza, di isolamento sociale, di ridotta attività fisica, di solitudine, di uso eccessivo di internet, di deprivazione di sonno, di condizioni legate all’aggressività, di esposizione al cyber-bullismo e al disagio famigliare, di crescita dei disturbi del comportamento alimentare. Un elenco lunghissimo.

La pandemia ha pertanto amplificato una tendenza già in atto di rilevanti cambiamenti ambientali, di cui il principale rappresentato da uno sviluppo iperbolico delle tecnologie. Molti ragazzi di oggi si definiscono doomers, espressione che si riferisce all’incombere di un destino tragico (crisi 2009, smantellamento welfare, surriscaldamento globale, due anni di pandemia e ora guerra): è come se si trovassero spaventati dall’ereditare un mondo difficilissimo. Il nostro cervello è costruito per permettere un’elaborazione predittiva ed è progettato per risolvere i problemi di fondo riducendo al minimo le sorprese. La pandemia, con la continua modificazione dei contesti, ha accentuato l’incertezza riguardo al futuro, tema che nei giovani è centrale dato che gli stessi si trovano, per loro stessa natura, privi dell’esperienza sufficiente a tracciare proiezioni attendibili, di fatto muovendosi spesso senza una bussola.

Questa sensazione di allarme chiama sicuramente in causa gli adulti ai quali è da sempre affidato il ruolo di contenimento e indirizzamento di cui i ragazzi hanno bisogno per effettuare il proprio percorso evolutivo senza smottamenti.

Questo libro nasce dall’esperienza maturata dal nostro gruppo negli anni di lavoro presso l’ospedale pubblico e i servizi territoriali. Il nostro scopo è fornire alcune considerazioni cliniche che aiutino a effettuare la complessa operazione di discriminazione tra fisiologia, parafisiologia o psicopatologia, le quali mostrano spesso molti aspetti in comune. Si tratta di un’esposizione alla sofferenza di cui dobbiamo rapidamente farci carico per ridurne l’impatto negativo.

Il libro, pur essendo concepito come un unicum, è pensato in modo che i diversi capitoli possano essere consultati anche singolarmente.

Abbiamo dedicato la prima parte del volume all’analisi degli aspetti neurobiologici e psicologici che caratterizzano lo sviluppo adolescenziale fisiologico.

Da questi risulta indispensabile partire, dato che alcune manifestazioni cliniche derivano direttamente dalle profonde trasformazioni che avvengono in questo periodo.

La seconda parte effettua una piccola incursione in un tema estremamente rilevante, quello dell’impatto dei cambiamenti socio-ambientali di questi anni sul benessere psichico dei giovani, con uno sguardo specifico rispetto a due temi che da sempre ci hanno maggiormente stimolato: l’iper sviluppo tecnologico e il modo in cui l’esposizione alla pornografia (ormai estremamente semplificato e intenso) possa da un lato influenzare lo sviluppo affettivo e relazionale dei giovani e dall’altro favorire l’emergere di disturbi psichici.

Nella terza parte è affrontata la psicopatologia dell’adolescenza, approfondendo alcune delle condizioni cliniche di più frequente riscontro: sono state selezionate alcune patologie con cui il nostro gruppo si è maggiormente confrontato, con l’intenzione di fornire una chiave di lettura di questi fenomeni e permetterne un inquadramento corretto anche da parte di chi non è specializzato in tali ambiti. Sono state incluse due tematiche relativamente poco diffuse nella letteratura psichiatrica, il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD) e i disturbi autistici senza deficit intellettivo (tra cui la Sindrome di Asperger), appartenenti alla grande categoria dei disturbi del neurosviluppo. Si tratta di condizioni cliniche caratterizzate da peculiarità nel funzionamento cognitivo, emotivo e relazionale che tendono a influenzare profondamente le modalità di accesso dell’individuo alle interazioni socio-relazionali, alla gestione dei conflitti, all’analisi delle reazioni emotive. Possono essere inquadrate anche come “disturbi di base”, ovvero strutture di funzionamento che pongono il soggetto in una condizione di predisposizione a situazioni stressanti. Soprattutto in un periodo della vita come quello adolescenziale, dove i compiti si rendono più complessi e il soggetto inizia a rispondevi in prima persona, la presenza di queste condizioni spesso misconosciute impatta in modo significativo con il funzionamento globale e la qualità di vita, dando origine anche a manifestazioni psichiche secondarie.

Infine, la quarta parte del volume affronta il tema del trattamento e quello del ruolo della famiglia nel riconoscimento e nella gestione di queste condizioni.

Come scriveva P. Jeammet, in adolescenza non si deve leggere la sofferenza psichica in modo esclusivamente individuale, perché viene a definirsi uno “spazio psichico allargato” per il fatto che “l’adolescente tende a riversare sull’ambiente parte delle funzioni deputate al suo apparato psichico in difficoltà”.

La sofferenza psichica in adolescenza interroga perciò tutti gli adulti a diverso titolo coinvolti e chiede una risposta il più possibile integrata, che sappia coordinare sensibilità e specificità diverse, facendo sì che ognuno accolga la propria responsabilità a favore del ragazzo in difficoltà.

L’obiettivo del presente lavoro è proprio contribuire a questo compito, fornendo agli adulti (medici, psicologi ma anche educatori o genitori interessati) informazioni utili a fronteggiare le manifestazioni cliniche dell’adolescente con maggiori competenze, con una bussola per navigare in acque che appaiono spesso molto tempestose.

 

 

Autori e Curatori

Claudio Mencacci

Medico psichiatra, è stato per diversi anni presidente della Società Italiana di Psichiatria ed è attualmente co-presidente della Società di Neuropsicofarmacologia. È direttore emerito del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze-Neuroscienze di ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano che ha guidato per quasi 30 anni. È da sempre impegnato nella ricerca e nella cura delle principali patologie mentali: ansia, depressione, disturbi panici e disturbi bipolari nelle diverse fasi della vita, con particolare attenzione al genere, alla prevenzione e alla diagnosi precoce.

Giovanni Migliarese

Medico, psichiatra, psicoterapeuta. Si è sempre occupato di esordio delle patologie psichiche lavorando con i giovani, con cui ha coniugato approccio clinico e psicoterapico. Ha lavorato per diversi anni presso ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano dove, oltre all’attività psichiatrica istituzionale, si è dedicato a progetti mirati agli adolescenti e ai giovani-adulti. Si è occupato di impulsività e autolesionismo, di esordi affettivi e ha diretto l’ambulatorio per l’ADHD e i disturbi del neurosviluppo nel giovane-adulto. È attualmente direttore della SC di Psichiatria – Lomellina di ASST Pavia.

 

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