Medicina di Famiglia e Specialistica
COVID-19

Panoramica sul long COVID

10 Feb 2022

Piercarlo Salari, pediatria e divulgatore medico scientifico – Milano

Introduzione

Con l’avvento della pandemia, la comunità scientifica ha preso consapevolezza che la gestione della fase acuta era soltanto un aspetto dell’approccio al COVID-19, in quanto la maggior parte dei pazienti (il 71,4% secondo una prima casistica), anche dopo la guarigione dell’infezione, presentava un corteo sintomatologico eterogeneo, caratterizzato da

  • tosse
  • febbre
  • dispnea
  • mialgie
  • artralgie
  • stanchezza
  • disturbi gastrointestinali
  • anosmia/disgeusia

che è stato denominato per l’appunto “long COVID” o “post COVID”.

 

 

L’attenzione delle istituzioni sanitarie e delle associazioni pazienti si è così focalizzata sulla persistenza o sulla ripresa dei sintomi associati all’infezione, con l’obiettivo di caratterizzare l’evoluzione naturale del paziente dopo la guarigione.

Tra queste lo studio retrospettivo francese COVEVOL che, oltre a confermare la stanchezza quale disturbo più frequente, ha documentato in 17 soggetti su 74 la presenza di ansia. I pazienti in cui l’ansia ha dato luogo a conseguenze erano in fascia d’età più avanzata e affetti da comorbilità, e già a livello basale avevano presentato un livello più elevato di ansia e stanchezza rispetto alla popolazione arruolata.

I dati nazionali più recenti

Il profilo attualmente più aggiornato e completo rispetto ai dati della letteratura, limitati solitamente a un follow-up di 2 mesi, è forse quello che emerge da uno studio osservazionale su 100 pazienti seguiti per 6 mesi dopo il ricovero ospedaliero nel corso della prima ondata presso l’ambulatorio pneumologico specialistico post COVID dell’IRCCS Policlinico Sant’Orsola di Bologna.

È rimasto sintomatico il 60% dei soggetti a 2 mesi e ben il 40% dei pazienti a 6 mesi dalla dimissione.

I sintomi più frequentemente riportati sono, in ordine:

  • fatica a respirare
  • debolezza
  • tosse
  • dolore toracico
  • tachicardia
  • disturbi dell’equilibrio
  • nausea e febbricola.

È stato evidenziato un miglioramento significativo della funzionalità polmonare da 2 a 6 mesi, con la normalizzazione della spirometria nell’86% dei pazienti a 6 mesi dalla dimissione, mentre l’esame funzionale che più spesso si è rivelato alterato a 6 mesi è la diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio (DLCO), a conferma del fatto che il suo recupero completo può richiedere anche più di 6 mesi, essendo quella causata dal COVID una polmonite interstiziale.

Anche il test del cammino dei 6 minuti ha mostrato che i pazienti che hanno sviluppato una polmonite interstiziale più severa, a 2 mesi dalla dimissione, percorrono distanze inferiori e tendono ad avere una maggiore desaturazione sotto sforzo.

Il quadro radiografico polmonare alla tomografia computerizzata ad alta risoluzione è risultato ancora anomalo nel 64% dei casi dopo 2 mesi e normalizzato soltanto nel 26% dopo 6 mesi, con un livello di alterazione proporzionale alla gravità della fase acuta.

Bambini e adolescenti

I dati indicano che fino a un quinto dei bambini con infezione da SARS-CoV-2 sono asintomatici e, anche nell’eventualità opposta, sviluppano quadri clinici in genere lievi (febbre, tosse, rinorrea, mal di testa, in associazione a vomito e/o diarrea) e raramente fatali.

Recentemente, però, in letteratura è stato riportato, soprattutto in bambini e ragazzi non vaccinati, un picco di casi con sintomi persistenti, tra cui

  • stanchezza e cefalea (rispettivamente nell’84 e 78% dei casi per almeno 28 giorni)
  • disturbi del sonno
  • riduzione della concentrazione
  • calo ponderale
  • manifestazioni d’ansia e disturbo da stress post-traumatico.

 

Tra i disturbi di più lunga durata, ossia oltre i 56 giorni, è segnalata l’anosmia, la cui comparsa tende a essere più tardiva, seguita da disturbi dell’equilibrio e meno frequentemente da disfagia e/o disfonia.

Un dato importante riguarda poi i bambini ricoverati, il 33% dei quali, come documentano alcuni dati, presenta una disabilità neurologica di vario grado a distanza di 1-6 mesi dalla dimissione.

Non sono stati caratterizzati fattori predittivi di long COVID né tantomeno sono state individuate precise dinamiche fisiopatologiche, ma sembra che siano più predisposti gli adolescenti e gli individui che sviluppano un’infezione sintomatica.

 

In conclusione, l’infezione da SARS-CoV-2, oltre alle ormai note complicanze in fase acuta, in una percentuale rilevanti di casi lascia sequele importanti che possono persistere a lungo (un’indagine canadese su 704 operatori sanitari, per esempio, ha documentato una permanenza dell’anosmia fino a 7 mesi), sia negli adulti sia nei bambini, e ancora una volta richiamano l’attenzione all’importanza delle strategie di prevenzione, a partire dalla vaccinazione.

 

 


Bibliografia

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4          Thallapureddy K, Thallapureddy K, Zerda E, et al. Long-Term complications of COVID-19 infection in adolescents and children. Curr Pediatr Rep 2022 Feb 1:1-7. https://doi.org/10.1007/s40124-021-00260-x

5          Bussière N, Mei J, Lévesque-Boissonneault C, et al. Chemosensory dysfunctions induced by COVID-19 can persist up to 7 months: a study of over 700 healthcare workers. Chem Senses 2021;46:bjab038. https://doi.org/10.1093/chemse/bjab038


 

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