Medicina di Famiglia e Specialistica
Nutrizione

Ortoressia nervosa: quando l’attenzione alla salubrità del cibo diventa eccessiva

10 Mar 2022

Da AP&B Alimentazione Prevenzione e Benessere – Rivista a cura di NFI Nutrition Foundation of Italy

L’Intervista agli esperti: Susanna Pardini1 e Nicola Meda2

 

1Dipartimento di Psicologia Generale, Università degli Studi di Padova; 2  Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Padova

a cura di Elena Mattioli

Il crescente interesse verso un’alimentazione sana ed equilibrata, stimolato da campagne istituzionali volte a educare la popolazione generale, sostenuto da una grande attenzione da parte dei mass media e da normative che impongono di dettagliare il contenuto dei cibi e la presenza di alcune caratteristiche nutrizionali in etichetta, a volte può avere, come tutte le medaglie, un rovescio. In persone predisposte i comportamenti teoricamente benefici di ricerca di un cibo sano possono infatti sfociare nell’ortoressia nervosa. Questo termine è stato coniato dal dietologo statunitense Steven Bratman, che lo ha introdotto nel 1997 insieme a una descrizione fenomenologica del problema. Dove si trova il confine tra una corretta e salutare ricerca di una dieta ottimale, personalizzata, adatta a ciascuno di noi e capace di mantenerci in forze e in salute prevenendo il rischio di numerose malattie non trasmissibili tipiche della nostra epoca (es. diabete, sovrappeso e obesità, ipertensione, alcuni tumori) e una situazione patologica, che ha un impatto negativo sulla vita di una persona? Ne parliamo con due degli autori di un recente studio pubblicato su Eating and Weight Disorders, Susanna Pardini, Psicologa e Psicoterapeuta, e Nicola Meda, Medico in Formazione specialistica in Psichiatria.

DOMANDA: Che cos’è l’ortoressia nervosa? È una patologia distinta, con caratteristiche sue proprie o si inserisce nel quadro più generale dei disordini alimentari?

RISPOSTA: L’ortoressia nervosa può essere definita come una preoccupazione eccessiva e ricorrente riguardo l’alimentazione sana e la qualità del cibo. Si caratterizza per un’attenzione selettiva e pervasiva nello scegliere e nel preparare il cibo da consumare, che si basa su specifiche regole della cui validità la persona con ortoressia è rigidamente convinta. L’ortoressico nutre, infatti, una solida convinzione circa la superiorità della propria condotta alimentare. Non esiste al momento una categorizzazione diagnostica definita come quella di altri disturbi alimentari più noti. Sono state avanzate alcune proposte e si sta studiando il fenomeno. Spesso si osservano delle sovrapposizioni tra disturbi di diversa natura, o delle associazioni: l’anoressia nervosa, per esempio, può essere contemporaneamente presente con l’ortoressia, oltre a costituirne un potenziale fattore di rischio.

D.: Quali sono le principali caratteristiche che differenziano la ricerca di uno stile di vita sano, che comporta un interesse verso scelte alimentari corrette, da una condizione patologica e ossessiva che risulta nociva all’individuo anziché salutare?

R.: Porsi come obiettivo quello di avere un’alimentazione sana e bilanciata dovrebbe avere ricadute benefiche per un individuo. I problemi sorgono quando si osserva che questa condotta, al contrario, ha un impatto negativo sull’insieme della sua vita. Il pensiero di procurarsi cibo sano, verificandone la qualità e gli ingredienti secondo convinzioni e costrutti predefiniti, non sempre supportati da solide evidenze scientifiche, diventa invasivo. Nei casi più gravi una persona con ortoressia può occupare intere ore della giornata e ingenti risorse economiche a leggere, informarsi, approvvigionarsi e cucinare alimenti che soddisfino i requisiti desiderati. Quando indulge a qualche cibo non adeguato ai propri standard, trasgredendo alle regole che si è imposto, può arrivare a sentirsi “impuro” e provare senso di colpa.

D.: Quali sono le conseguenze mediche e psicologiche a cui può andare incontro un paziente affetto da ortoressia nervosa? Ci sono ricadute anche sulla vita sociale?

R.:  A livello fisico, se la dieta non è calibrata in base ad apporti nutrizionali adeguati e al fabbisogno giornaliero di macro e micronutrienti della persona, possono verificarsi delle carenze e quindi risvolti di natura sanitaria negativi. Per quanto riguarda la sfera emotiva, il soggetto può cadere vittima di sensi di colpa se per un qualsiasi motivo non è riuscito a mantenere i propri rigidi propositi. C’è poi da considerare l’impatto a livello sociale. La persona con ortoressia può arrivare a evitare incontri conviviali e a perdersi occasioni di socialità se non ha a priori la certezza di trovare cibi adeguati. Diventa quindi vittima delle proprie convinzioni disfunzionali con conseguenze anche serie sulla salute fisica ed emotiva.

D.: Ci sono delle motivazioni particolari che sostengono le persone che ne soffrono?

R.: A volte i comportamenti che le persone con ortoressia mettono in atto nella scelta del cibo sono coerenti con il loro sistema di pensiero, con qualcosa in cui credono fermamente al di là dell’alimentazione in sé. È il caso, ad esempio, di chi adotta una dieta vegana legata a motivi etici, o una dieta mirata all’eliminazione di certi nutrienti perché considerati potenzialmente “impuri” o dannosi per la salute. Di base, la scelta di un determinato regime dietetico è considerato un forte fattore di rischio di sviluppare ortoressia. Anche la necessità di modificare la propria alimentazione per gestire alcuni problemi medici come allergie, intolleranze, malattie autoimmuni, può diventare un elemento predisponente ed essere l’anticamera dei disturbi ortoressici.

D.: Le convinzioni circa la “salubrità” di un cibo rispetto ad altri trovano fondamento scientifico o sono spesso basate su nozioni errate?

R.: Purtroppo non sempre ci sono solide basi scientifiche dietro la scelta di un regime dietetico che spesso è guidata da proprie convinzioni personali. Il cibo che la persona con ortoressia percepisce come più sano non necessariamente lo è davvero, né in molti casi l’eventuale differenza di prezzo giustificata. A volte, inoltre, l’ortoressico esclude in modo immotivato intere categorie di alimenti andando incontro, come accennato, a squilibri nutrizionali, con conseguenze mediche, ottenendo un risultato opposto a quello a cui mirava. Bisogna inoltre considerare che le esigenze nutrizionali variano da persona a persona e che quindi una dieta che può andare benissimo ed essere corretta per un individuo potrebbe non esserlo per un altro con caratteristiche costitutive e abitudini di vita diverse.

D.: Quale era lo scopo del vostro studio prospettico svolto su una popolazione non clinica di studenti di madre lingua italiana di età compresa tra 18 e 30 anni appena pubblicato su Eating and Weight Disorders?

R.: Lo studio si inserisce in un progetto più ampio, guidato dai Professori Caterina Novara e Francesco Visioli, che si chiama ECOS, Eating Compulsive and Obsessive Symptoms in Young Adults, il cui obiettivo è valutare la prevalenza e l’incidenza dei sintomi di disturbo alimentare, ossessivo-compulsivo ma anche depressivi e ansiosi.
Il campione è stato scelto in modo da includere proprio la fascia d’età critica per l’insorgenza di problemi fisici e psichici con o senza disturbi alimentari. All’interno del protocollo si sono accumulate evidenze anche riguardo al tema dell’alimentazione e dell’ortoressia. Il disegno dello studio è di tipo prospettico longitudinale per colmare una lacuna nella letteratura scientifica. Gli studi sull’ortoressia, infatti, sono in massima parte di tipo trasversale: fotografano la situazione in un momento preciso, senza andare a valutare il suo evolversi.
Siamo partiti da una rilevazione basale tramite questionari molto dettagliati la cui compilazione richiede almeno 30-40 minuti di tempo, da ripetere ogni sei mesi per sei volte. Abbiamo utilizzato delle scale a gradi per indagare l’intensità dei sintomi di ortoressia. Attualmente siamo ai risultati del primo follow-up e lo studio è ancora in corso. Seguiranno quindi altre rilevazioni.
L’obiettivo principale era quello di valutare la prevalenza dei sintomi di ortoressia negli studenti della nostra università per conoscere la situazione nei diversi corsi di laurea o scuole. Siamo andati a vedere quali erano i fattori correlati alla sintomatologia più grave di ortoressia all’arruolamento nello studio, confrontandoli con le rilevazioni a 6 mesi per capire se ci fossero state variazioni e se alcuni indicatori fossero predittivi di persistenza dei comportamenti ortoressici nel tempo.

D.: Quali sono i principali risultati emersi?

R.: Abbiamo osservato che gli stili dietetici più restrittivi, come per esempio quello vegano o vegetariano, aumentano le probabilità di manifestare sintomi ortoressici. Inoltre, aver intrapreso una o più diete nell’arco della vita per un qualsiasi motivo è un fattore di rischio per lo sviluppo di ortoressia, che cresce in modo proporzionale al numero di diete seguite.
Una diagnosi di disturbo alimentare (DA), come anoressia o bulimia, è un altro elemento associato ai comportamenti ortoressici. Nelle ragazze con una storia di DA i punteggi relativi all’ortoressia tendevano a essere del 10-20% maggiori rispetto a chi non aveva storia di DA. Le ragazze con anoressia nervosa clinicamente significativa, presente o pregressa, erano 8-10 volte più a rischio di avere ortoressia grave, associata a disfunzioni sociali, che nello studio abbiamo definito con punteggi superiori al 90° percentile.
Un altro risultato emerso è che i sintomi ortoressici sembrano essere più presenti nella popolazione maschile rispetto a quella femminile. Questo però potrebbe derivare da un bias di campionamento, e non è quindi detto che tale differenza tra maschi e femmine sia reale.
L’evitare alcuni cibi specifici, ancora, aumenta di 2-4 volte il rischio di manifestare sintomi ortoressici gravi, indipendentemente dalle ragioni per le quali vengono evitati, siano esse il considerare un alimento poco salubre, un’intolleranza o un’allergia.
L’aver seguito una dieta per perdere peso o per altri motivi, sia impostata da un dietologo che fai-da-te, aumenta la componente ortoressica, probabilmente attraverso un meccanismo comportamentale. Il fatto di aderire a una dieta induce automaticamente a fare più attenzione al cibo che si mangia, anche qualitativamente, e di conseguenza può innescare una serie di pensieri e di elaborazioni sul fatto di scegliersi i cibi migliori. Seguire una dieta fa aumentare dei sintomi che potrebbero essere spia di una successiva problematica. A conferma di ciò abbiamo notato che chi aveva smesso di seguire la dieta da più di un mese aveva dei punteggi ai test dell’ortoressia più bassi (migliori).
Gli unici fattori rilevati alla prima visita che si dimostrano in grado di predire se l’ortoressia si manterrà nel tempo sono la gravità dei sintomi ortoressici e l’impulso alla magrezza. Quando quest’ultimo indicatore era alto all’inizio dello studio, tendeva ad aumentare in modo significativo, anche se con un effetto piuttosto piccolo, la probabilità di avere punteggi ortoressici più alti a distanza di 6 mesi. Sembra che l’ortoressia sia un problema relativamente stabile in questa finestra temporale, che può però peggiorare a seconda della tendenza ad inseguire l’ideale di magrezza socialmente imposto.

D.: Avete riscontrato una correlazione tra l’ortoressia e disturbi di ansia, depressione e sintomi di disturbo ossessivo-compulsivo?

R.: No, nel nostro studio non è emerso questo tipo di correlazione, anche se alcuni comportamenti ortoressici hanno caratteristiche ossessivo-compulsive in sé. L’ortoressia, infatti, è una condizione che ha delle caratteristiche in linea con i disturbi ossessivo compulsivi e i disturbi alimentari oltre ad averne altre, come detto precedentemente, che permettono di distinguerla. Nella realtà, spesso si comincia una dieta per qualche motivo ma la cosa degenera, la dieta diventa via via più restrittiva e compare la sintomatologia ortoressica.

D.: La presenza di etichette nutrizionali tipo nutri-score o di “bolli” che possono evidenziare caratteristiche specifiche dei i prodotti alimentari confezionati, nonché di claims salutistici e di dichiarazioni di assenza di un componente o di un altro (come olio di palma, glutine, grassi, zuccheri, coloranti, conservanti) possono sostenere e rafforzare le tendenze e i comportamenti ortoressici nella popolazione?

R.: Le persone ortoressiche sono più attratte dalle diciture di assenza di uno o di un altro componente (es. senza lattosio, senza glutine, senza olio di palma) piuttosto che da un claim di integrazione (es. ricco in omega-3, calcio). La persona con ortoressia, infatti, cerca cibi di qualità ma soprattutto vuole evitare alcuni componenti.
Spesso le esclusioni si basano su false credenze ma questo dipende molto dal campione indagato. La popolazione studentesca del nostro studio ha sviluppato un buon grado di conoscenza nel campo dell’alimentazione e nelle interviste verifichiamo che tende a scegliere cibi che effettivamente sono di qualità più elevata. Gli studi sulla popolazione generale, invece, mostrano che conta di più la percezione della qualità rispetto all’oggettiva qualità del cibo.
Per esempio è molto comune preferire i cibi etichettati come “biologici” anche se non necessariamente sono migliori da un punto di vista salutistico. L’indicazione che l’uovo proviene da una gallina “allevata a terra” ha forte impatto emotivo sul consumatore ma è meno rilevante in termini di qualità del cibo rispetto all’eventuale utilizzo di antibiotici nell’allevamento.
Un altro caso riguarda la grande attenzione degli ultimi anni all’evitare l’olio di palma, senza però valutare le qualità nutrizionali di ciò con cui è stato sostituito.
Nella scelta del cibo spesso prevale l’aspetto emotivo rispetto a quello razionale. In generale, si tende a non percepire alcune informazioni e a prendere in considerazione solo quelle che confermano l’idea di salutare che già si ha.
Bisogna però certamente dire che nella vita reale occorre scendere a compromessi utilizzando una certa elasticità mentale e trovare un giusto equilibrio tra la ricerca di un’alimentazione sana, cosa auspicabile e lodevole in quanto capace di ridurre l’incidenza di malattie (da un punto di vista di salute pubblica è importante che la popolazione sia correttamente informata) e le derive o deviazioni che portano a scegliere cibi ritenuti sani e a escluderne altri ritenuti dannosi (magari in base a nozioni errate).
I comportamenti connessi alla scelta del cibo non devono diventare disfunzionali per la propria salute fisica e mentale. Se ciò accade è importante rivolgersi a un esperto per gestire le problematiche cognitive, comportamentali ed emotive connesse.

 

Bibliografia di riferimento

Brytek-Matera A, Pardini S, Modrzejewska J, et al. Orthorexia Nervosa and its association with obsessive-compulsive disorder symptoms: initial cross-cultural comparison between Polish and Italian university students. Eat Weight Disord. 2021.

Novara C, Pardini S, Maggio E, et al. Orthorexia Nervosa: over concern or obsession about healthy food? Eat Weight Disord. 2021;26:2577-2588.

Novara C, Pardini S, Visioli F, et al. Orthorexia nervosa and dieting in a non-clinical sample: a prospective study. Eat Weight Disord. 2022;1-13.

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