Medicina di Famiglia e Specialistica
Metabolismo

Livelli circolanti di vitamina D e rischio cardiovascolare

15 Ott 2024

Maria Fusaro1,2; Andrea Aghi3; Giovanni Tripepi4

1 Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Istituto di Fisiologia Clinica, Pisa, Italia; 2 Dipartimento di Medicina, Università di Padova, Padova, Italia; 3 Ricercatore Indipendente, Padova, Italia; 4 Istituto di Fisiologia Clinica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Reggio Calabria, Italia

Introduzione

La vitamina D, oltre a svolgere un ruolo primario per il mantenimento della salute delle ossa, è oggetto di un crescente interesse scientifico anche per il suo potenziale coinvolgimento, diretto ed indiretto, in diverse funzioni fisiologiche, comprese quelle che interessano il sistema cardiovascolare. Alcuni studi suggeriscono che bassi livelli di vitamina D si associano ad un aumentato rischio di ictus, sebbene la natura (causale o non causale) di questa associazione non sia ancora definita. I trial clinici randomizzati rappresentano il disegno ideale per testare le ipotesi di causa-effetto, come quella relativa al potenziale rapporto di natura causale tra la carenza di vitamina D ed il rischio di incidenti cerebrovascolari. Tuttavia, considerata la carenza di studi interventistici adeguatamente disegnati e dimensionati sul rapporto tra livelli circolanti di vitamina D ed eventi cerebrovascolari, studi osservazionali basati sul principio della randomizzazione mendeliana possono essere estremamente utili per generare delle ipotesi di causalità1.

La randomizzazione mendeliana (MR)2 utilizza le varianti genetiche associate a un fattore di rischio modificabile come strumento per analizzare i rapporti di causa-effetto tra lo stesso fattore di rischio e gli esiti clinici, al netto dei fattori di confondimento. Affinché uno studio di MR sia valido, devono essere soddisfatte tre assunzioni: 1) assunto di rilevanza: la variante genetica deve essere associata in modo causale al fattore di rischio di interesse; 2) assunto di indipendenza: i fattori confondenti che intervengono nell’associazione fattore di rischio-esito clinico non devono essere correlati alla variante genetica; 3) assunto di restrizione: la variante genetica deve essere associata all’esito clinico solo e soltanto tramite il suo effetto sul fattore di rischio (il mediatore) oggetto dello studio. Come suggerisce il nome stesso, il concetto di MR si basa sul principio dell’assortimento indipendente dei caratteri di Mendel, secondo il quale i geni parentali vengono trasferiti alla progenie distribuendosi in maniera casuale al momento della formazione dei gameti. Con questo fenomeno biologico si genera, in un ambito osservazionale, un contesto simile al trial randomizzato, in quanto gli individui di una popolazione ereditano casualmente solo un certo allele di un dato genotipo (variante genetica), proprio come i partecipanti a un trial clinico ricevono casualmente il trattamento che viene testato nel trial.

Il 27 ottobre 2021, la rivista Lancet Diabetes Endocrinology ha pubblicato online l’articolo Estimating dose-response relationships for vitamin D with coronary heart disease, stroke, and all-cause mortality: observational and Mendelian randomization analyses. Il 1 dicembre 2023, l’articolo è stato ritirato a causa di problemi relativi alla validità dell’analisi statistica. Successivamente, è stata pubblicata una nuova versione, riveduta e corretta, del medesimo articolo3. Le conclusioni finali dell’articolo sono state le seguenti: “Stratified Mendelian randomization analyses do not support a causal relationship for 25(OH)D levels with cardiovascular morbidity and mortality in individuals at all levels of 25(OH)D”.

La stratificazione a cui fanno riferimento gli autori nelle conclusioni del loro lavoro è quella riportata nella Supplementary Table 9 del medesimo articolo3 e riprodotta in Figura 1. Dall’analisi della Figura 1 risulta evidente come in nessuno strato delle tre coorti esaminate (UK biobank, EPIC-CVD e Copenaghen) emerga un effetto significativamente protettivo di un aumento (fissato a 10 nmol/L) dei livelli circolanti di 25(OH)D sul rischio di ictus (tutti gli intervalli di confidenza attraversano l’unità).

Valutazione critica dell’articolo pubblicato su Lancet Diabetes & Endocrinology3

Nell’articolo pubblicato su Lancet Diabetes & Endocrinology3, lo strumento genetico utilizzato (un insieme di 21 varianti genetiche) spiega solo una modesta proporzione (il 4,5%) della varianza dei livelli circolanti di 25(OH)D. Tale effetto è modesto rispetto a quello riscontrato per altri strumenti genetici utilizzati negli studi di MR. Ad esempio, la varianza spiegata dal kringle-IV di tipo 2 per quanto attiene ai livelli circolanti della lipoproteina (a)4 è 6 volte maggiore (27% versus 4,5%) rispetto a quella ottenuta dalle 21 varianti genetiche dell’articolo di Sofianopoulou et al.3. Se lo strumento genetico ha un rapporto debole con il fattore di rischio, anche i metodi analitici utilizzati nell’articolo di Sofianopoulou et al.3 potrebbero avere una potenza statistica insufficiente. Ciò può tradursi in una incapacità dello strumento genetico di fornire stime attendibili relativamente al rapporto tra livelli circolanti di vitamina D ed eventi cerebrovascolari, generando un “falso negativo” (cioè uno studio nel quale vi è assenza o debole evidenza di un rapporto causale tra bassi livelli circolanti di vitamina D ed eventi cerebrovascolari) e/o stime imprecise.

Altre limitazioni dell’analisi riportata nell’articolo di Lancet Diabetes Endocrinology3 sono il numero relativamente ridotto di individui all’interno di ciascuno strato di vitamina D, l’eterogeneità dei valori medi di 25(OH)D attraverso i vari strati (che oscillano da 25,3 nmol/L a 100 nmol/L) e l’inclusione degli studi di Copenaghen, nei quali erano disponibili solo 3 rispetto alle 21 varianti considerate nelle coorti UK Biobank ed EPIC-CVD3. Per superare queste tre limitazioni, utilizzando i dati derivati dalla Supplementary Table 9 dell’articolo di Sofianopoulou et al.3, abbiamo effettuato una meta-analisi (con e senza i dati degli studi di Copenaghen) per analizzare l’effetto sul rischio di ictus di un aumento di 20 nmol/L (piuttosto che di 10 nmol/L) dei livelli circolanti di 25(OH)D, raggruppando i livelli medi di popolazione strato-specifici di 25(OH)D in tre strati: <50 nmol/L, 50-70 nmol/L, e >70 nmol/L. L’adozione di un aumento di 20 nmol/L di 25(OH)D (anziché di 10 nmol/L come riportato nel paper di Sofianopoulou et al.3) non influisce sulla significatività statistica del rapporto tra i livelli di 25(OH)D e il rischio di ictus. La soglia di 20 nmol/L è stata scelta al solo fine di calcolare l’effetto di un aumento clinicamente rilevante di 25(OH)D sul rischio di ictus. L’analisi dei dati nell’intervallo 50-70 nmol/L ha evidenziato che un aumento di 20 nmol/L (8 ng/mL) dei livelli circolanti di 25(OH)D si associa ad una riduzione del 12,7%, statisticamente significativa, del rischio di ictus (odds ratio=0,873, IC al 95%: 0,764-0,997, P=0,04). Un’analisi di sensibilità, effettuata escludendo le coorti di Copenaghen, evidenziava una riduzione ancora maggiore (15%) del rischio di ictus (odds ratio=0,850, IC al 95%: 0,740-0,980, P=0,02). Questi risultati generano l’ipotesi che la supplementazione con vitamina D, nell’intervallo di valori medi di popolazione compresi tra 50 e 70 nmol/L di 25(OH)D, possa contribuire a ridurre il rischio di ictus nella popolazione generale. Questi risultati potrebbero avere un impatto importante in termini di sanità pubblica, in quanto circa 1/3 degli individui ha una concentrazione di 25(OH)D compresa nell’intervallo tra 50 e 70 nmol/L4.

Una meta-analisi effettuata per livelli medi di popolazione di 25(OH)D <50 nmol/L e >70 nmol/L non ha evidenziato alcun effetto protettivo della 25(OH)D sul rischio di ictus, né includendo (<50 nmol/L: odds ratio=1,093, IC al 95%: 0,888-1,344, P=0,40; >70 nmol/L: odds ratio=1,105, IC al 95%: 0,966-1,265, P=0,15), né escludendo gli studi di Copenaghen (<50 nmol/L: odds ratio=1,138, IC al 95%: 0,906-1,429, P=0,27; >70 nmol/L: odds ratio=1,091, IC al 95%: 0,950-1,252, P=0,22).

In conclusione, anche se i risultati dell’articolo di Sofianopoulou et al.3 non supportano un rapporto di causa-effetto tra livelli circolanti di vitamina D ed eventi cerebrovascolari, è necessaria molta cautela nell’interpretazione di questi risultati a causa del weak instrument bias. Sono inoltre necessari degli ulteriori studi per individuare altri loci di suscettibilità alla 25(OH)D e/o per identificare la soglia ottimale di varianza del fattore di rischio spiegata dalle varianti genetiche, al fine di indagare in modo metodologicamente ineccepibile il potenziale rapporto di causa-effetto tra bassi livelli circolanti di 25(OH)D e gli esiti clinici tramite studi di MR. Una meta-analisi stratificata per i livelli medi di popolazione di 25(OH)D rivela potenziali benefici sul rischio di ictus di interventi mirati con supplementi di vitamina D per valori medi di popolazione compresi tra 50 e 70 nmol/L.

Bigliografia

  1. Fusaro M, De Caterina R, Tripepi G. New Insight into the Role of Vitamin D in the Stroke Risk: A Meta-Analysis of Stratified Data by 25(OH)D Levels. Curr Vasc Pharmacol 2024. https://doi.org/10.2174/0115701611331890241007112502
  2.  Boef AG, Dekkers OM, le Cessie S. Mendelian randomization studies: a review of the approaches used and the quality of reporting. Int J Epidemiol 2015;44:496-511. https://doi.org/10.1093/ije/dyv071
  3. Emerging Risk Factors Collaboration/EPIC-CVD/Vitamin D Studies Collaboration. Estimating dose-response relationships for vitamin D with coronary heart disease, stroke, and all-cause mortality: observational and Mendelian randomisation analyses. Lancet Diabetes Endocrinol 2024;12:e2-e11. https://doi.org/10.1016/S2213-8587(23)00287-5
  4. Benn M, Nordestgaard BG. From genome-wide association studies to Mendelian randomization: novel opportunities for understanding cardiovascular disease causality, pathogenesis, prevention, and treatment. Cardiovasc Res 2018;114:1192-1208. https://doi.org/10.1093/cvr/cvy045
  5. Cui A, Zhang T, Xiao P, et al. Global and regional prevalence of vitamin D deficiency in population-based studies from 2000 to 2022: A pooled analysis of 7.9 million participants. Front Nutr 2023;10:1070808. https://doi.org/10.3389/fnut.2023.1070808

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