Medicina di Famiglia e Specialistica
Metabolismo

L’impiego della vitamina D nella malattia renale cronica

28 Ago 2023

da Vitamin D UpDates

 

Introduzione

Il termine “vitamina D” indica un gruppo di composti steroidei, liposolubili, fondamentali per la regolazione del metabolismo del calcio e del fosforo, mediato principalmente attraverso l’assorbimento intestinale 1.

Le due isoforme più importanti, indicate cumulativamente come “vitamine D native”, sono: l’ergocalciferolo (vitamina D2) e il colecalciferolo (vitamina D3). L’ergocalciferolo viene introdotto attraverso la dieta ed è sintetizzato solo dalle piante e dai funghi, il colecalciferolo, invece, è una molecola di sintesi sia esogena che endogena e deriva dalla fotolisi del 7-deidrocolesterolo, mediata dalle radiazioni UVB che colpiscono la pelle 1.

L’ergocalciferolo e il colecalciferolo rappresentano le due forme inattive di vitamina D; la loro trasformazione nella forma biologicamente attiva, il calcitriolo [1,25(OH)2D], richiede un processo di idrossilazione che ha luogo in due fasi successive. Il primo step avviene a livello epatico: qui le vitamine D2 e D3 vengono idrossilate a livello della posizione C25 da parte della vitamina D 25-idrossilasi e convertite in 25-idrossi-vitamina D [25(OH)D o calcifediolo], la forma quantificabile utilizzata principalmente per determinare i livelli di vitamina D nel siero. Il secondo step avviene a livello del tubulo prossimale renale mediante l’1alfa-idrossilasi; qui la 25(OH)D viene idrossilata a livello di C1 formando la 1,25-diidrossi-vitamina D, nota anche come 1,25(OH)2D o calcitriolo 1. Tuttavia è anche noto che l’attività 1alfa-idrossilasica (che rappresenta la capacità di produrre 1,25-diidrossivitamina D) è presente anche nei macrofagi attivati, negli osteoblasti, nei cheratinociti ed è stata documentata anche a livello prostatico, nel colon e nella mammella ed è in grado di attivare forme nutrizionali e proormonali della vitamina D.

La 1,25(OH)2D è la forma “attiva” di vitamina D. La sua quantificazione sierica, seppur importante in alcune patologie, fornisce poche informazioni sullo stato della vitamina D ed è solitamente normale o addirittura elevata quando l’iperparatiroidismo si associa all’ipovitaminosi D 1.

L’1,25(OH)2D viene veicolata in circolo tramite una proteina circolante legante la vitamina D (VDBP) e, raggiunti gli organi bersaglio, si lega al recettore della vitamina D (VDR). Il VDR appartiene a un ampio gruppo di fattori di trascrizione nucleare attivati dal ligando, e può vantare un’espressione pressoché ubiquitaria e tessuto-dipendente nelle cellule nucleate. Questo spiega come la vitamina D, oltre a regolare l’assorbimento intestinale e la mobilizzazione del calcio e del fosforo, esercita anche diverse funzioni che esulano dagli effetti propriamente osteogenici e inerenti al metabolismo minerale. I suoi effetti sono mediati dagli elementi responsivi alla vitamina D (VDRE) e portano a cambiamenti nell’espressione di diversi geni 2 (Fig. 1).

 

 

L’integrità morfologica e funzionale del tessuto osseo riflette la regolazione e il mantenimento del rimodellamento osseo. Quest’ultimo è l’espressione dell’attività sia degli osteoblasti, che controllano la neoformazione ossea, che degli osteoclasti, i quali hanno la capacità di riassorbire l’osso mineralizzato: tale attività è modulata dagli osteoblasti attraverso il sistema RANK-RANKL-OPG.

Il RANK ligando, secreto dagli osteoblasti, si lega a un recettore (RANK) presente sulla superficie dei pre-osteoclasti, stimolandone la differenziazione in osteoclasti attivi (maturi), mentre l’OPG, anch’essa secreta dagli osteoblasti, impedisce il legame di RANK ligando al suo recettore, inibendo quindi l’attivazione osteoclastica.

Queste complesse interazioni vengono regolate da ormoni locali e sistemici come PTH, vie di segnalazione del sistema di Wnt, FGF23 e appunto 1,25(OH)2D, la quale svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del bone remodelling 3.

Il principale effetto “endocrino” che fa seguito all’attivazione del recettore della vitamina D (VDR) è la regolazione dell’omeostasi minerale e ossea. L’attivazione del VDR controlla l’assorbimento di calcio e fosfato a livello intestinale, il riassorbimento tubulare del calcio a livello renale e l’attività e la vitalità delle cellule ossee. A livello degli osteoblasti la 1,25(OH)2D è in grado di aumentare l’espressione del fattore 2 di trascrizione correlato a Runt (RUNX2), di osterix (OSX) e della fosfatasi alcalina, molecole coinvolte a vario titolo nella differenziazione osteoblastica e nel processo di mineralizzazione. Inoltre, il Wingless-type (Wnt-beta-catenin pathway) è un importante regolatore della differenziazione e della funzione degli osteoblasti, la cui espressione è aumentata dall’1,25(OH)2D 4.

Il calcitriolo, oltre a stimolare la formazione ossea, promuove anche il riassorbimento osseo aumentando il numero e l’attività degli osteoclasti. Gli effetti possono essere mediati dai VDR e dall’alfa-idrossilasi, espressi anche a livello degli osteoclasti, dal macrophage colony-stimulating factor (m-CSF) e dell’attivatore del recettore del ligando del fattore nucleare-κB (RANKL) 5.

 

La vitamina D nella malattia renale cronica

Il deficit di vitamina D nativa è estremamente comune nei pazienti affetti da malattia renale cronica (MRC), ed è riconducibile a diverse condizioni, come il ridotto apporto nutrizionale secondario alle restrizioni dietetiche cui è sottoposto il paziente nefropatico (dieta a basso contenuto proteico e a basso contenuto di fosfati), riduzione dell’appetito e sintomi gastrointestinali, ridotta esposizione agli UVB legata alla ridotta mobilità e alle ospedalizzazioni frequenti 6. Il progressivo declino dell’eGFR è associato a un aumento nella prevalenza del deficit di vitamina D. Uno studio cross-sectional su 825 pazienti in dialisi ha mostrato che il 78% dei pazienti aveva un deficit di vitamina D con valori < 30 ng/ml e che il 18% dei pazienti aveva un deficit severo con valori < 10 ng/ml. Lo studio ha inoltre dimostrato che i bassi valori di vitamina D si associavano a un aumentato rischio di mortalità precoce 7. Nella MRC, oltre a un deficit di vitamina D nativa, è presente anche una ridotta sintesi di calcitriolo; infatti, la progressiva perdita della funzione renale si associa a una ridotta attività dell’1alfa-idrossilasi e a una conseguente ridotta produzione di 1,25(OH)2D 2.

Nella MRC l’ipovitaminosi D deve essere inquadrata in un contesto più ampio in quanto è alla base (sebbene non rappresenti l’unico fattore causale) delle alterazioni del calcio, del fosforo e del PTH. All’insorgenza di tali alterazioni fa seguito lo sviluppo dell’iperparatiroidismo secondario, quadro clinico e laboratoristico peculiare della MRC. Inoltre, in questi pazienti l’alterata omeostasi del metabolismo minerale non ha solo un impatto sul sistema scheletrico, ma è anche strettamente associata ad altre alterazioni importanti, come lo sviluppo di calcificazioni vascolari e, soprattutto, la progressione delle malattie cardiovascolari 4.

 

La vitamina D nei disordini del metabolismo minerale indotti dalla malattia renale cronica

La MRC è strettamente associata alla presenza di alterazioni del metabolismo osseo che comprendono una disregolazione del metabolismo del calcio, del fosforo, nonché dell’asse fisiopatologico rappresentato da vitamina D-PTH-FGF23. Nel 2006, le linee guida KDIGO (Kidney Disease Improving Global Outcomes) hanno coniato la definizione di CKD-MBD (Chronic Kidney Disease-Mineral Bone Disorder) per descrivere le alterazioni del metabolismo minerale e le patologie che ne conseguono, come i disordini a livello osseo e cardiovascolare, associati a un maggior rischio fratturativo e cardiovascolare 8. Queste alterazioni sono già presenti in circa il 40-80% dei pazienti con CKD negli stadi 3 o 4 9.

Sebbene l’esatta sequenza cronologica degli step fisiopatologici non sia completamente nota, si ritiene che l’incremento dei livelli di fosfato sierico, conseguente alla ridotta funzione renale, stimoli la sintesi e il rilascio da parte degli osteoblasti e degli osteociti del fibroblast growth factor 23 (FGF23) che, se da un lato inibisce la sintesi di PTH, dall’altro inibisce anche l’1alfa-idrossilasi renale con conseguente riduzione dei valori di calcitriolo e aumento della sintesi di PTH. La costante stimolazione delle cellule paratiroide e la mancata correzione dei fattori modificabili, come la carenza di vitamina D e l’iperfosfatemia, induce una risposta inizialmente “adattativa” e successivamente “maladattativa”, se non corretta da un adeguato intervento dietetico e farmacologico, che si caratterizza per un’iperplasia policlonale delle cellule paratiroidee. La transizione dell’iperplasia policlonale alla forma “nodulare” dell’iperplasia, determina un’ulteriore progressione dell’iperparatiroidismo secondario, caratterizzata a livello paratiroideo da una serie di adattamenti morfologici e funzionali (ridotta espressione del VDR), che rendono il quadro scarsamente responsivo alla terapia farmacologica e per il quale si rende necessario il ricorso alla terapia chirurgica (paratiroidectomia) 10.

La vitamina D svolge quindi un ruolo fondamentale nella genesi e nella progressione dell’iperparatiroidismo secondario; infatti, concentrazioni fisiologiche di 1,25(OH)D hanno effetti inibitori sulla trascrizione del PTH. Inoltre, a fronte di una bassa affinità per il VDR, è stato dimostrato che elevati livelli sierici di 25(OH)D sono in grado di attivare il VDR, imitando così l’effetto della 1,25(OH)2D. Inoltre, l’1alfa-idrossilasi, enzima chiave nella conversione del calcifediolo in calcitriolo, è presente nelle ghiandole paratiroidee e in molti altri tessuti extrarenali, presumibilmente per la produzione locale dell’ormone.

A questo proposito, è stato dimostrato che i livelli sierici di 25(OH)D e 1,25(OH)2D aumentano in risposta alla somministrazione di vitamina D nutrizionale (colecalciferolo ed ergocalciferolo) nei pazienti dializzati, il che suggerisce che anche nella MRC sia presente un’attività della 1alfa-idrossilasi in tessuti extrarenali che, in presenza di livelli elevati di 25-idrossivitamina D, risulta in grado di consentire una produzione extrarenale sufficiente di 1,25-diidrossivitamina D per il controllo del PTH.

Poiché le ghiandole paratiroidi esprimono 1alfa-idrossilasi, dovrebbe essere preso in considerazione un possibile meccanismo autocrino mediante il quale la supplementazione di vitamina D nutrizionale sia in grado di ridurre la produzione di PTH.

Le più recenti linee guida KDIGO (2017) per la gestione della CKD-MBD affermano l’importanza di monitorare i livelli sierici di calcio, fosfato e PTH all’inizio della CKD stadio G3a e di valutarne l’andamento nel tempo, oltre a suggerire la misurazione livelli di 25(OH)D per diagnosticare la carenza di vitamina D (Fig. 2) 8.

 

 

In merito ai valori di vitamina D, nella popolazione generale, viene fatto riferimento alle raccomandazioni dell’Endocrine Society che stabiliscono la carenza con concentrazioni di 25(OH)D < 20 ng/mL, l’insufficienza con concentrazioni comprese tra 21 e 29 ng/mL e la normalità o sufficienza con livelli sierici > 30 ng/mL 12. Per quanto riguarda la popolazione con MRC, negli anni sono state formulate diverse linee guida che hanno posto diverse indicazioni in merito alla diagnosi e al trattamento dell’ipovitaminosi D.

Le indicazioni più recenti, effettuate dalla National Kidney Foundation, hanno stabilito che concentrazioni di 25(OH)D > 20 ng/mL possono essere considerate “adeguate”, mentre concentrazioni <15 ng/ml dovrebbero essere trattate. Per livelli di 25(OH)D compresi tra 15 e 20 ng/mL bisognerebbe considerare anche i livelli di PTH e l’attività controregolatoria della vitamina D su questo ormone 13.

La supplementazione della vitamina D è ancora un argomento dibattuto nei pazienti con MRC. Le linee guida KDIGO suggeriscono di effettuare la supplementazione con la vitamina D nutrizionale (colecalciferolo ed ergocalciferolo) come per la popolazione generale, al fine di migliorare lo stato carenziale e prevenire l’insorgenza e la progressione dell’iperparatiroidismo secondario 8.

Attualmente non sono però disponibili studi conclusivi sull’effetto della supplementazione di vitamina D nativa sui valori di PTH, sebbene quelli attualmente disponibili non mostrino alterazioni dei valori di calcio e fosforo o eventi avversi. È stato ipotizzato che l’integrazione con la vitamina D nutrizionale tenda a essere più efficace nel prevenire l’insorgenza/progressione dell’iperparatiroidismo piuttosto che a ridurre effettivamente i valori di PTH quando questi sono già elevati nelle fasi avanzate di malattia.

L’iperparatiroidismo secondario è un processo che si instaura lentamente fin dalle fasi più precoci della MRC (fase conservativa), prevenirne l’insorgenza e/o la progressione, correggendo il deficit di vitamina D con una precoce e congrua supplementazione di vitamina D nutrizionale, potrebbe ridurre gli effetti negativi dell’iperparatiroidismo secondario sul bone remodelling 14 e può ridurre il rischio di avere livelli di PTH al di sopra degli intervalli target raccomandati dal KDIGO e la necessità di maggiori prescrizioni di farmaci durante la successiva fase dialitica 15.

Inoltre, è verosimile, alla luce di studi pre-clinici e clinici, che nel contesto fisiopatologico della MRC l’azione antagonizzante della vitamina nutrizionale sull’insorgenza dell’iperparatiroidismo secondario si esplichi in presenza di livelli sierici più elevati di 25(OH) [> 40 ng/ml] rispetto a quelli ritenuti “efficaci” nella popolazione generale 16. Il che suggerisce che in un contesto fisiopatologico specifico, quale è quello della MRC, i livelli di 25(OH)D attualmente raccomandati (> 30 ng/mL) potrebbero essere inefficaci/insufficienti per il trattamento dell’SPHT.

Sia le linee guida KDIGO che le raccomandazioni della National Kidney Foundation suggeriscono che bisogna preferire prima l’integrazione con vitamina D nutrizionale (ergocalciferolo, colecalciferolo) e solo successivamente introdurre i composti attivi della vitamina D (attivatori del recettore della vitamina D: VDRA), riservando quest’ultimi agli stadi più avanzati di MRC e a casi di iperparatiroidismo severo non controllabili dalla sola vitamina D nutrizionale. La terapia con i VDRA, inoltre, dovrebbe essere intrapresa quando lo stadio di MRC è avanzato, quando sono presenti elevati valori di PTH associati ad adeguati livelli di 25(OH)D e in assenza di elevati valori di calcemia o fosforemia 8,17. Infatti, i VDRA dovrebbero essere utilizzati con cautela in quanto sono stati segnalati casi di ipercalcemia e iperfosforemia, inoltre la loro capacità di indurre un’eccessiva riduzione di PTH può aumentare il rischio di malattia ossea adinamica e bisogna sempre tenere in considerazione l’aumento, che di per sé rappresenta un effetto negativo dei livelli di FGF-23 17.

In conclusione, la vitamina D svolge un ruolo fondamentale nella MRC considerando che, alla luce dell’ubiquità dei recettori della vitamina D, il suo ruolo è fondamentale per l’omeostasi dell’organismo in generale e la sua azione non può essere ridotta al solo metabolismo osseo. L’ipovitaminosi D deve quindi essere prontamente diagnosticata e trattata ancora di più nei pazienti con MRC alla luce dell’importante impatto sull’iperparatiroidismo e sulla regolazione del metabolismo osseo.

 

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