Medicina di Famiglia e Specialistica
Dolore

L’etoricoxib nella terapia del dolore acuto muscoloscheletrico

27 Nov 2023
dolore-muscoloscheletrico

Giovanni Iolascon, Federica Tomaino, Antimo Moretti

Dipartimento Multidisciplinare di Specialità Medico-Chirurgiche e Odontoiatriche, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”

 

Riassunto

Il dolore muscoloscheletrico è la tipologia di dolore con maggiore prevalenza e spesso con delle conseguenze disabilitanti, la cui gestione è molto comune nella pratica clinica del medico di medicina generale (MMG), soprattutto se si tratta di dolore acuto. La terapia del dolore muscoloscheletrico acuto dovrebbe tener conto sia dei meccanismi fisiopatologici alla base del sintomo, in genere nocicettivi e infiammatori, sia dell’impatto del dolore sulle limitazioni funzionali, sulla condizione lavorativa e sulla qualità della vita del paziente, attraverso un approccio biopsicosociale e multimodale che includa interventi farmacologici e non farmacologici. La farmacoterapia è una pietra angolare della gestione del dolore muscoloscheletrico acuto e include soprattutto l’utilizzo degli antinfiammatori non steroidei (FANS), che agiscono in particolare sulle vie biologiche alla base della nocicezione e dell’infiammazione. Sia i FANS tradizionali, sia gli inibitori selettivi per la ciclossigenasi 2 (COX-2) (COXIB) sono comunemente raccomandati come prima linea di trattamento per le condizioni dolorose dell’apparato muscoloscheletrico – sia acute che croniche – più comuni. Tra i FANS, l’etoricoxib ha la più elevata selettività per la COX-2, agisce entro pochi minuti e viene prescritto in monodose giornaliera grazie alla lunga emivita. Oltre al convincente profilo di sicurezza, i benefici clinici dell’etoricoxib sono testimoniati da evidenze di elevata qualità metodologica per il trattamento non solo delle comuni forme di dolore muscoloscheletrico acuto e cronico, ma anche del dolore in corso di malattie reumatiche infiammatorie, quali l’artrite reumatoide, la spondilite anchilopoietica e l’artrite gottosa, oltre che per il dolore acuto post-chirurgico.

Parole chiave: dolore acuto, dolore infiammatorio, dolore muscoloscheletrico, FANS, COXIB.

 

 

 

Il dolore muscoloscheletrico è un dolore acuto o cronico che colpisce le ossa, i muscoli, le articolazioni, i legamenti, i tendini e/o i relativi tessuti molli ed è una condizione comune nella pratica clinica del medico di medicina generale (MMG) 1. Secondo l’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) più persone sperimentano il dolore muscoloscheletrico rispetto a qualsiasi altro tipo di dolore 2. Complessivamente, le condizioni patologiche caratterizzate dal dolore muscoloscheletrico sono quelle che in maggiore percentuale causano la disabilità della persona in tutto il mondo. Esse includono, in ordine di prevalenza e a prescindere dall’età, la lombalgia, che colpisce circa il 7,5% della popolazione globale, seguita da cervicalgia e spalla dolorosa (6,1%) e dalla gonalgia. Il pattern di distribuzione del dolore muscoloscheletrico varia notevolmente in base all’età e al sesso, con una maggiore prevalenza della gonalgia nell’età senile, probabilmente a causa della degenerazione articolare età-correlata, della sarcopenia e di uno stile di vita sedentario. Tuttavia, il dolore muscoloscheletrico può colpire tutte le età e si stima che nella popolazione pediatrica, adolescenziale e giovane adulta esso sia responsabile di oltre tre milioni di visite all’anno.

Dal punto di vista classificativo, il dolore muscoloscheletrico può essere distinto, secondo dei criteri temporali, in acuto, persistente e cronico.

Il dolore acuto è da considerare un sintomo che inizia improvvisamente, spesso in modo intenso, e che funge da segnale di avvertimento di pericolo per il corpo. Esso è causato da malattie, traumi o procedure mediche dolorose, inclusi gli interventi chirurgici, e generalmente dura da pochi minuti a meno di quattro settimane. Si tratta, pertanto, di un sintomo di per sé positivo, perché finalizzato alla sopravvivenza dell’individuo, e che di solito si risolve ogni volta che il processo patologico causale viene trattato fino alla guarigione 3. D’altro canto, il dolore acuto ha un significativo impatto in termini di sequele fisiopatologiche verso la cronicizzazione, inclusi i comportamenti maladattativi, con oltre il 25% dei pazienti con dolore acuto muscoloscheletrico che progredisce verso il dolore cronico e verso la conseguente disabilità a lungo termine 4.

Nella classificazione temporale il dolore acuto, del quale si riesce a identificare una causa generante, può talvolta durare oltre le quattro settimane e, in tal caso, viene definito dolore acuto persistente, mentre il dolore che permane o che ricorre per oltre tre mesi viene identificato come dolore cronico.

L’80% degli accessi all’ambulatorio del MMG per il dolore acuto riguarda un disturbo dell’apparato muscoloscheletrico – tra cui distorsioni, contusioni e lesioni miotendinee 5,6 – o riacutizzazioni flogistiche di artropatie croniche (es. artrosi).

 

Nella gestione del dolore muscoloscheletrico la diagnosi può essere insidiosa, perché spesso è difficile correlare i meccanismi fisiopatologici all’esperienza individuale del dolore. In questo contesto, oltre a un approccio meccanicistico, un approccio biopsicosociale, multidisciplinare e multimodale (cioè farmacologico e non farmacologico) è solitamente appropriato nella maggior parte delle malattie dolorose dell’apparato muscoloscheletrico 7.

L’approccio meccanicistico si basa sull’identificazione del meccanismo alla base della causa del dolore (es. nocicettivo, misto, ecc.), per intraprendere una terapia mirata (Tab. 1). Questo approccio deve essere integrato con quello biopsicosociale, che dovrebbe considerare l’impatto della malattia sul paziente in termini di disabilità, di cambiamenti nella condizione lavorativa e di qualità della vita, al fine di personalizzare il trattamento e di soddisfare le esigenze del paziente.

 

 

La terapia farmacologica è una pietra angolare della gestione del dolore muscoloscheletrico 8. Nella scelta della terapia analgesica per le diverse condizioni dolorose, tra cui i disturbi muscoloscheletrici, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inizialmente proposto una scala a tre gradini, recentemente modificata in quattro gradini, basata sull’intensità del sintomo percepito dal paziente 9. Gli analgesici dovrebbero essere assunti mediante la via di somministrazione più semplice, alla minima dose efficace e per il minor tempo possibile, al fine di ridurre al minimo gli effetti collaterali, e considerando lo stato di salute del paziente e le sue comorbidità. Il primo passo prevede l’utilizzo di analgesici non oppioidi, inclusi gli antinfiammatori non steroidei (FANS); il secondo step prevede la combinazione di oppioidi deboli con i farmaci del primo step; dalla terza fase si raccomanda l’introduzione di interventi minimamente invasivi (es. infiltrazioni intrarticolari); l’ultimo passaggio prevede l’uso di oppioidi forti. È possibile passare da un gradino all’altro, a seconda dell’intensità del dolore, durante il decorso della malattia. D’altro canto, l’approccio a gradini ha il limite di considerare la sola intensità del dolore per la scelta terapeutica, non tenendo conto degli aspetti patogenetici né di quelli biopsicosociali che caratterizzano il dolore muscoloscheletrico e che dovrebbero, invece, guidare le strategie di trattamento.

L’intensità del dolore acuto si modifica secondo i processi infiammatori, le fasi di riparazione tissutale e il movimento. Il dolore acuto è innescato da uno stimolo lesivo di varia natura per l’attivazione di specifici recettori (es. meccanici, chimici o termici). Secondo la IASP, il dolore acuto può essere classificato in nocicettivo, per la stimolazione di recettori ad alta soglia e a rapida conduzione (nocicettori), che è di breve durata, e in infiammatorio, prolungato e caratterizzato dalla sensitizzazione (innesco dell’impulso nocicettivo a soglie di stimolazione più basse) dei nocicettori localizzati sia nel sito di lesione sia nei tessuti adiacenti, a causa del rilascio di mediatori della flogosi sia dai tessuti danneggiati sia dai nocicettori stessi 10. È possibile – e spesso avviene – che il dolore muscoloscheletrico acuto abbia anche una componente neuropatica, patogeneticamente correlata ad un danno neurologico periferico che si verifica entro 30 giorni dopo un evento scatenante. In alcuni casi si può parlare di dolore neuropatico persistente post-traumatico. È necessario quindi tenere conto in un appropriato approccio terapeutico anche di questa componente 11.

I FANS sono un’ampia classe di farmaci che inibiscono l’enzima ciclossigenasi (COX), che catalizza il metabolismo dell’acido arachidonico producendo i prostanoidi, sostanze coinvolte nel processo infiammatorio. Questi farmaci hanno una diversa selettività per le isoforme COX 1 e 2 e sono gravati da effetti collaterali gastrointestinali (GI), cardiovascolari (CV) e renali e da potenziali interazioni farmacologiche. L’inibizione selettiva per la COX-2 (COXIB) si traduce in un minor numero di effetti collaterali GI, ma con lo stesso rischio CV degli altri FANS se utilizzati a lungo termine.

Sia i FANS tradizionali che i COXIB sono indicati per il dolore nocicettivo 12. Questi farmaci sono comunemente raccomandati come prima linea di trattamento per le condizioni dolorose dell’apparato muscoloscheletrico sia acute che croniche, incluse l’osteoartrosi (OA), sia del ginocchio sia di altre articolazioni, e la lombalgia. Gli eventi avversi GI dei FANS, come la dispepsia, il rischio di sanguinamento o lo sviluppo di ulcere GI, sono principalmente attribuibili all’inibizione della COX-1. L’uso concomitante di inibitori di pompa protonica o bloccanti del recettore H2 è comunemente raccomandato nei pazienti a rischio di eventi avversi GI. Tuttavia, alcuni FANS sembrano avere un profilo di rischio GI migliore rispetto ad altri, insieme a un’efficacia comparabile. Infine, i FANS aumentano il rischio di eventi CV, come l’infarto miocardico o cerebrovascolare, specialmente nei pazienti con una storia positiva di tali eventi o che ricevono acido acetilsalicilico per la prevenzione delle malattie CV 13.

Tra i COXIB, l’etoricoxib è ad oggi la molecola con la più elevata selettività per COX-2 disponibile sul mercato (Fig. 1) 14.

 

 

Dopo la somministrazione per via orale, l’etoricoxib è rapidamente e completamente assorbito, con un’azione piuttosto rapida (in minuti) e un’emivita di circa 22 ore, consentendo così la somministrazione in monodose giornaliera. Oltre alle classiche indicazioni dei FANS, l’etoricoxib è indicato in molte forme di dolore muscoloscheletrico, incluse le forme reumatiche infiammatorie come l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante e l’artrite gottosa, e nel dolore post-chirurgico. In una panoramica di metanalisi di elevata qualità metodologica (Cochrane), che ha valutato l’efficacia di una singola dose di analgesici orali sul dolore acuto post-chirurgico, il number needed to treat (NNT) per la riduzione dell’intensità del dolore di almeno il 50% per l’etoricoxib alla dose 120 mg/die era 1,8 (1,7 to 2,0), con un effetto mantenuto fino a 20 ore, testimoniando un’analgesia estremamente efficace e duratura, senza incrementare in modo significativo il rischio di sanguinamento o di anemizzazione perioperatorio 15.

In una recente metanalisi che ha comparato i FANS tradizionali e i COXIB nel trattamento dei pazienti con artrite gottosa, l’etoricoxib ha dimostrato di apportare dei maggiori benefici in termini di tasso di risposta analgesica anche rispetto agli altri COXIB 16. Nei pazienti con spondilite anchilopoietica, uno studio randomizzato controllato (RCT) versus naprossene ha valutato l’efficacia di due dosaggi di etoricoxib (60 e 90 mg) sul dolore vertebrale correlato alla patologia, dimostrando la non inferiorità di queste posologie rispetto al FANS tradizionale 17. Inoltre, nei pazienti con spondilite anchilosante refrattari al trattamento con i FANS tradizionali, l’etoricoxib ha apportato dei significativi miglioramenti del quadro clinico in almeno un terzo dei pazienti 18. Infine, una metanalisi sembra suggerire che l’etoricoxib sia superiore agli altri FANS, sia tradizionali sia COXIB, nel controllo del dolore in questa popolazione 19.

In un RCT che ha incluso pazienti con artrite reumatoide, gli stessi dosaggi di etoricoxib sono stati confrontati con placebo, dimostrando una superiorità per entrambe le posologie in termini di riduzione dell’attività di malattia e un profilo di sicurezza simile sia per la dose di 60 mg sia per quella di 90 mg 20. Inoltre, nella stessa popolazione, sembra che l’uso dell’etoricoxib apporti un beneficio aggiuntivo dose-dipendente in termini di analgesia anche nei pazienti in trattamento con farmaci biologici modificanti la malattia (bDMARD) o con i corticosteroidi 21.

Nei pazienti con gonartrosi, un RCT ha dimostrato che l’etoricoxib, alla dose di 60 mg/die per due settimane, ha significativamente ridotto il dolore (-30,7%) e l’iperalgesia (-32,6%) e ha migliorato la funzione articolare (+28,4%) rispetto al placebo 22.

In conclusione, nella gestione del dolore acuto di natura muscoloscheletrica si impongono alcuni principi fondamentali: coniugare l’efficacia del farmaco sull’intensità del sintomo all’efficacia sulle componenti biopsicosociali che caratterizzano la condizione clinica; optare per un farmaco potente ma per un periodo di trattamento limitato, in modo da evitare i potenziali eventi avversi; preferire un medicamento che agisca contemporaneamente sulle differenti componenti del dolore acuto muscoloscheletrico (nocicettiva meccanica, nocicettiva infiammatoria, neuropatica). L’etoricoxib, l’inibitore delle COX-2 a maggiore selettività, risponde pienamente a questi requisiti e, pertanto, ha le potenzialità per rappresentare un farmaco frontline per il dolore acuto muscoloscheletrico, incluse le riacutizzazioni in corso di malattie muscoloscheletriche croniche.

 

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