Medicina di Famiglia e Specialistica
Oncologia

La gestione dei tumori vescicali: una sfida da affrontare con tempestività diagnostica e multidisciplinarietà

28 Ago 2023
tumore-vescicale

a cura di Piercarlo Salari, medico e divulgatore medico scientifico – Milano

 

In molti casi, nelle sue prime fasi di sviluppo, il tumore vescicale decorre asintomatico, ma può manifestarsi con un segnale sospetto da non sottovalutare: “Si tratta dell’ematuria, che per lo più è degnata di attenzione soltanto quando si ripete e, quando si verifica in un uomo – in cui l’incidenza è di quattro volte più frequente rispetto alla donna –, viene portata spesso all’attenzione del medico non dal diretto interessato, ma da sua moglie” afferma Andrea Tubaro, direttore UOC Urologia dell’Azienda Ospedaliera S. Andrea di Roma e professore di urologia presso l’Università “La Sapienza” della medesima città. “Le possibili cause di questo segno, come riporta il noto trattato di Medicina interna Harrison, sono ben 192, ma è opportuno che il medico di famiglia mantenga sempre un atteggiamento di prudenza e che non ceda alla tentazione di inquadrarlo grossolanamente nel contesto di una cistite emorragica: una patologia di pertinenza del sesso femminile e dei trapiantati di midollo osseo. Oltre a sottolineare l’importanza della tempestività della diagnosi va ricordato che il 70% dei tumori vescicali sono superficiali e non esitano in chirurgia demolitiva, mentre il restante 30% mostra sin da subito un carattere invasivo e richiede un trattamento invasivo, con l’eventuale ricorso a chemio e/o radioterapia”.

 

Epidemiologia

Il 90% dei tumori della vescica è di istologia uroteliale e, nel mondo, circa 573.000 individui convivono con una diagnosi di questa malattia, che provoca 212.000 decessi. In Europa, nel 2020 è stato diagnosticato un carcinoma uroteliale a circa 204.000 persone e più di 67.000 sono stati i decessi. In Italia, il tumore della vescica si posiziona al quinto posto tra i più frequenti per prevalenza, con un’incidenza di oltre 29 mila casi nel 2022 e di oltre 6 mila decessi nel 2021.

 

Approccio terapeutico e ascolto dei bisogni del paziente

La complessa gestione del tumore della vescica, nonostante gli ultimi progressi terapeutici, mostra come questa malattia rimanga aggressiva e di complessa gestione. “Il paziente non deve sentirsi solo, ma ha bisogno di essere ascoltato e informato” osserva Laura Magenta, assistente alla presidenza dell’Associazione PaLiNUro (Pazienti Liberi Dalle Neoplasie Uroteliali). “Un aspetto di particolare importanza durante il trattamento è l’alimentazione: talvolta la paura può causare difficoltà a mangiare e a relazionarsi con gli altri, come pure può capitare che la chemioterapia induca all’iperalimentazione. Ecco perché occorre un team multidisciplinare con il supporto di un nutrizionista”. Dello stesso avviso è Salvatore Artale: “Nelle nostre riunioni multidisciplinari abbiamo approntato uno screening per il rischio di malnutrizione: al momento della diagnosi la sarcopenia raggiunge la prevalenza del 60% e rappresenta un ostacolo importante per l’aderenza alle terapie, che abbiamo caratterizzato quale unico fattore predittivo di riduzione degli effetti collaterali. Per questo motivo occorre un attento monitoraggio nutrizionale pre- e post-chirurgico: il modello di riferimento, che abbiamo già testato in uno studio sulla prevenzione della diarrea indotta dalla chemioterapia in pazienti con tumore del colon-retto, è la dieta mediterranea “plant based”, ad apporto controllato di fibre, essenziali per salvaguardare l’integrità del microbiota intestinale, attualmente obiettivo di studio del progetto di metagenomica e metabolomica in corso presso il nostro centro”.

 

Il ruolo dello psicooncologo

Un’altra figura da considerare è quella dello psicooncologo: “Il tumore determina una frattura del rapporto tra mente e corpo e l’aderenza alla terapia dipende dall’engagement del paziente” commenta Daniela Pia Rosaria Chieffo, responsabile UOC Psicologia generale al Policlinico universitario Agostino Gemelli e professore di Psicologia clinica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. “Lo psicooncologo attiva nel paziente i fattori protettivi e riparativi endogeni, ossia la resilienza, e lavora a stretto contatto con il nutrizionista perché, ancor più durante la malattia oncologica, l’alimentazione è relazione con l’altro, emozione, percezione e rapporto con il corpo: la dieta selettiva di una persona è un primo indicatore di rischio di ansia e depressione e la relazione con il cibo permette di misurare la reazione di un paziente all’intervento”.

 

Multidisciplinarietà: una parola chiave

Per i tumori vescicali, come per tutte le patologie oncologiche, è fondamentale un percorso di cura gestito da un team multidisciplinare formato da oncologi, urologi, farmacisti ospedalieri, psicologi e, come già affermato, esperti in nutrizione.

Da queste considerazioni trae origine l’evento “GOURMEET – Multidisciplinarità a confronto per le persone con tumore della vescica”, svoltosi a Roma con il patrocinio di SIUrO (Società Italiana di UroOncologia), AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica), PaLiNUro e SIU (Società Italiana di Urologia). “Negli ultimi anni, grazie alle nuove opportunità terapeutiche, sono aumentate le possibilità di guarigione” afferma Roberto Iacovelli, dirigente medico del Policlinico Universitario Agostino Gemelli e professore associato di oncologia medica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. “Oggi è dunque inevitabile la stretta collaborazione tra chirurgo urologo, radioterapista, oncologo e oncologo medico, per salvare il paziente, ove possibile, dalla cistectomia oppure per ritardare la progressione della patologia, preservare la qualità di vita e ridurre gli effetti collaterali del trattamento”.

 

Considerazioni conclusive

“Molte patologie oncologiche sono diventate malattie croniche, che oggi si possono curare anche a domicilio con delle terapie orali” precisa Marcello Pani, segretario nazionale SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera) e direttore della Farmacia ospedaliera del Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma. “L’aderenza del paziente diventa così fondamentale, al pari di una maggiore integrazione multidisciplinare, della personalizzazione del percorso di cura, della continuità assistenziale, che deve ricomprendere anche i farmacisti di comunità, e dell’attenzione agli aspetti psicologici e nutrizionali del paziente, al fine di ottimizzare l’efficacia terapeutica e l’outcome dei trattamenti attualmente disponibili”. È questa la priorità da portare avanti mediante dei team multidisciplinari, che si occupino del paziente con tumore vescicale sin dall’inizio del percorso di malattia.

 

Bibliografia

 

 

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