Medicina di Famiglia e Specialistica
Geriatria

La cura dei malati cronici non autosufficienti: criticità e proposte

24 Gen 2022

Documento dell’Accademia di Medicina di Torino

 

Messo a punto dal gruppo di lavoro: Giancarlo Isaia, Giulio Fornero, Gianluca Isaia, Renata Marinello, Luigi Maria Pernigotti, Enzo Villari

Integrato con le osservazioni dei Soci dell’Accademia di Medicina
Massimo Aglietta, Alessandro Bargoni, Oscar Bertetto, Filippo Bogetto, Ettore Bologna, Guido Bongioannini, Teresa Cammarota, Mario Campogrande, Paolo Cavallo Perin, Alessandro Comandone, Luca Cordero di Montezemolo, Patrizia D’Amelio, Ottavio Davini, Felicino Debernardi, Carlo de Sanctis, Umberto Dianzani, Sergio Duca, Roberto Fantozzi, Riccardo Ferracini, Maria Teresa Fierro, Enrico Fusaro, Martino Marangella, Vittorio Modena, Roberto Mutani, Mario Nano, Giuseppe Poli, Federico Ponzio, Massimo Porta, Patrizia Presbitero, Pietro Quaglino, Dario Roccatello, Giuseppe Saglio, Francesco Scaroina, Piero Stratta, Elsa Viora

Condiviso, emendato e sottoscritto dai seguenti operatori sanitari
Donato Agnusdei (Siena), Paolo Angelino (Torino), Laura Arpino (Bra, CN), Cinzia Basso (Demonte, CN), Laura Bert (Torino), Giancarlo Bertoldi (Torino), Aldo Biolcati (Novara), Maria Bocca (Novara), Dario Bracco (Alba, CN), Giacomo Matteo Bruno (Pavia), Mario Calderale (Torino), Pier Luigi Canonico (Novara), Bruno Carone (Torino), Alberto Cester (Dolo, VE), Giovanni D’Avola (CT), Emanuela Depetris (Saluzzo, CN), Angelo Dettoni (Torino), Paolo Falaschi (Roma), Franco Fava (Torino), Franco Ferlisi (Biella), Davide Gallo (Torino), Elena Gerardi (Torino), Matteo Grezzana (Villafranca, VR), Vito Marinoni (Biella), Alfonso Matropietro (Torino), Patrizia Mecocci (Perugia), Silvia Migliaccio (Roma), Lidio Maffi (Torino), Francesco Morabito (Alba, CN), Alessia Morelli (Cuneo), Elisabetta Morini (Messina), Roberto Stefano Moro (Chieri, TO), Marcella Nalli (Mira, VE), Daniel Onetti (Torino), Elena Ortone (Biella), Germana Pareti (Torino), Gianni Pavese (Sommariva Perno, CN), Luciano Peirone (Torino), Giancarlo Penna (Alba, CN), Valeria Ponso (Alba, CN), Piero Prandi (Alba, CN), Evelin Ramonda (Grugliasco, TO), Giovanni Ricevuti (Pavia), Giuseppina Rivetti (Asti), Annalisa Rosatello (Alba, CN), Sergio Salomone (Palermo), Gianfranco Salvioli (Modena), Piero Secreto (San Maurizio Canavese, To), Maria Francesca Stasi (Cuorgnè, TO), Laura Tafaro (Roma), Fabio Massimo Ulivieri (Milano)

accademia.medicina@unito.it

 

Introduzione

Le devastanti conseguenze della pandemia da COVID-19 hanno evidenziato le carenze funzionali della rete di assistenza sanitaria territoriale, dimostratasi quasi del tutto impreparata ad arginare con trattamenti precoci e con tracciamenti mirati un problema di eccezionale gravità che ha travolto i sistemi sanitari di tutto il mondo: in particolare, si sono manifestate drammatiche criticità soprattutto nella gestione, sia a domicilio che nelle strutture residenziali, dei malati anziani, fragili, non autosufficienti e affetti da patologie croniche.

Peraltro in Italia, già prima della pandemia, queste criticità erano state autorevolmente segnalate, tanto che l’OCSE aveva fin dal 2015 sottolineato che “l’assistenza a lungo termine per gli anziani dovrebbe essere disponibile più di routine in Italia”; nell’aprile 2020 la stessa OCSE rilevava che “…tra le soluzioni dei diversi Sistemi Sanitari che hanno consentito di essere meglio preparati alla pandemia e che guardano al futuro della sanità e dell’economia, vi sono le cure domiciliari, soprattutto per i più anziani, anche alla luce della grave crisi delle strutture di ricovero, integrate con l’uso delle tecnologie a distanza per visite, rilevazioni strumentali, monitoraggio, diagnosi e trattamento.

Anche la Corte dei Conti nel 2020 ha asserito che La mancanza di un efficace sistema di assistenza sul territorio ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate. Se fino ad ora tali carenze si erano scaricate non senza problemi sulle famiglie, contando sulle risorse economiche private e su un’assistenza spesso basata su manodopera con bassa qualificazione socio-sanitaria (badanti), finendo per incidere sul particolare individuale, tale carenza ha finito per rappresentare una debolezza anche dal punto di vista della difesa complessiva del sistema, quando si è presentata una sfida nuova e sconosciuta”.

Il problema di fondo è che l’approccio territoriale a gran parte dei malati con patologie cronico- degenerative è problematico in quanto “caratterizzato dalla possibilità di superarne una fase, un episodio, compensando temporaneamente una situazione alterata” e, di conseguenza, “il concetto relativo alla curabilità di una malattia, applicato a un anziano malato cronico, va riconsiderato, in quanto una malattia curabile non sempre è guaribile: ne consegue che il concetto di cura va inteso estensivamente, includendovi anche interventi palliativi, come ad esempio la gestione del dolore in un paziente terminale, prestando la massima attenzione al malato cronico e, quando possibile, anche alla prevenzione della cronicità stessa” (Fabris F., Ferrario E.: Cronici: comparto sanitario o assistenziale? Prospettive assistenziali, n. 81, 1988) .

Considerando pertanto che in Italia la rete di assistenza sanitaria domiciliare è del tutto insufficiente, l’Accademia di Medicina di Torino ha ritenuto opportuno affrontare questo problema con un documento condiviso che suggerisca con motivazioni scientifiche le possibili soluzioni a tali criticità, proponendo un modello organizzativo in grado di tutelare il diritto alla salute e nello stesso tempo consentire al sistema sanitario nazionale di gestire al meglio i malati cronici, con particolare riguardo agli anziani non autosufficienti, spesso anche dementi, secondo differenti setting di cura che ne possano consentire il migliore livello di recupero possibile.

A – La non autosufficienza nell’anziano malato cronico e l’esigenza di prestazioni indifferibili

Le mutate condizioni demografiche hanno determinato negli ultimi decenni un significativo aumento dell’aspettativa di vita nei Paesi “ricchi”, in cui vi sono molte persone anziane in discreto benessere ed indipendenza (“invecchiamento attivo”), ma anche numerosi anziani clinicamente assai complessi e suscettibili di facile instabilità, frequentemente disabili in conseguenza di perdite funzionali e, quindi, fragili e non autosufficienti: con il termine di “anziano fragile” si è soliti intendere “un soggetto ultra65enne dipendente da altri nello svolgimento delle attività della vita quotidiana, spesso istituzionalizzato, con difficoltà nel movimento autonomo, anche in assenza di gravi malattie che potrebbero di per giustificare tali limitazioni, e che richiede continua assistenza medica”: tale definizione non si basa solo su criteri sociali e funzionali, ma tiene conto anche di aspetti psicologici, biologici e in generale di una ridotta capacità di adattamento a modificazioni ambientali. Questi pazienti, che richiedono cure differenziate, personalizzate e indifferibili, sono spesso portatori di complesse problematiche psico-cognitive come depressione e demenza, e non di rado presentano anche bisogni sociali (es. povertà, solitudine, rete amicale/familiare carente o non idonea, perdita del coniuge di sostegno ecc.). In Europa si stima che le malattie croniche, nel complesso, siano responsabili dell’86% di tutti i decessi e di una spesa sanitaria valutabile intorno ai 700 miliardi di Euro/anno e da tempo l’Ordine dei Medici della Provincia di Torino ha precisato che “gli anziani malati cronici non autosufficienti e le persone affette da demenza senile sono soggetti colpiti da gravi patologie che hanno avuto come esito la devastante compromissione della loro autosufficienza e pertanto hanno in tutti i casi esigenze sanitarie e socio-sanitarie indifferibili in relazione ai loro quadri clinici e patologici (6 luglio 2015) e, successivamente, che è indifferibile una situazione che non ammette dilazioni di tempo, in quanto ogni rinvio potrebbe determinare un danno con rapporto causale diretto ed esclusivo” (5 ottobre 2017).

B – Individuazione delle necessità e le risposte dei servizi

L’anziano non autosufficiente e cronicamente malato necessita da un lato di prestazioni sanitarie per la presenza di problematiche cliniche che spesso producono conseguenze a cascata, e che necessitano di ricoveri ospedalieri frequenti, ma dall’altro anche di prestazioni sociali comprensive di contributi economici, al fine di mantenere il paziente quanto più possibile nel proprio domicilio, assicurandogli tutte le prestazioni di cui necessita; qualora non siano praticabili le cure domiciliari, può essere proposta la frequenza ad un centro diurno, oppure il ricovero, anche temporaneo, in Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA), per ottenere prestazioni che vanno comunque considerate parte integrante del processo di cura e che necessitano di risorse economiche dedicate, in quanto rientrano nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza (LEA).

La risposta alle fondamentali esigenze del malato cronico non autosufficiente necessita anzitutto di una migliore interazione tra i servizi sanitari e quelli sociali, per garantire la continuità terapeutica erogata dal SSN, che deve essere in grado di attivarsi in modo puntuale,   rapido e continuativo e che deve coordinarsi con gli Enti locali per gli adempimenti di loro competenza, tenendo presente che “il rimedio non è certamente quello di attribuire le competenze di cura al compartimento assistenziale, ma di rinnovare e migliorare la qualità dell’intervento sanitario”. (F. Fabris, E. Ferrario: Cronici: comparto sanitario o assistenziale? Prospettive assistenziali, n. 81, 1988).

Nonostante sia scientificamente acquisito il concetto di rafforzare quanto più possibile le cure domiciliari, di fatto il ricovero in ospedale rappresenta il principale punto di conclusione del processo di continuità assistenziale, in quanto in Italia circa il 90% degli anziani con patologie croniche viene ricoverato nell’ultimo mese di vita; ciò perché l’Ospedale, dotato di maggiori potenzialità diagnostiche, laboratoristiche e strumentali, si ritiene possa assicurare al malato una diagnosi più tempestiva e cure più adeguate; in realtà, durante il ricovero possono frequentemente insorgere nei malati con patologie croniche eventi negativi come infezioni nosocomiali, ma anche complicanze legate allo stress per l’allontanamento dal proprio abituale luogo di vita, all’immobilità prolungata, alla privazione o alla riduzione degli stimoli sensoriali. Di conseguenza, quando possibile, è preferibile gestire il paziente anziano a domicilio, ma in condizioni organizzative tali da garantirgli elevati standard di sicurezza e di approccio clinico. Il DPCM relativo ai nuovi LEA (12 gennaio 2017), all’art. 21 “Percorsi assistenziali integrati“ quasi del tutto disatteso, esplicita che:

Nell’ambito dell’assistenza distrettuale territoriale sono privilegiati gli interventi che favoriscono la permanenza delle persone assistite al proprio domicilio, attraverso l’attivazione delle risorse disponibili, formali e informali”.

Anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato il 22 giugno 2021 dalla Commissione Europea, identifica la casa come primo luogo di cura precisando che “L’investimento mira ad aumentare il volume delle prestazioni rese in assistenza domiciliare fino a prendere in carico, entro la metà del 2026, il 10 percento della popolazione di età superiore ai 65 anni. L’intervento si rivolge in particolare ai pazienti di età superiore ai 65 anni con una o più patologie croniche e/o non autosufficienti.

E’ ben noto dalla letteratura scientifica internazionale che l’attivazione di un sistema flessibile di cure domiciliari (Lungoassistenza in interazione con i servizi sociali, con il contributo dei familiari, dei caregiver, di Assistenti Familiari e di Operatori Sociali; Servizi infermieristici territoriali operati da Infermieri di famiglia e di continuità, Assistenza Domiciliare Integrata, Ospedalizzazione a Domicilio, interventi del Medico di Medicina Generale), con diversi livelli di intensità di cura basati sulla situazione clinica del paziente, può condurre ad una minore durata dei ricoveri ospedalieri, alla riduzione di episodi confusionali, alla diminuzione delle accettazioni nelle strutture residenziali, al miglioramento dello stato funzionale e della qualità di vita, oltre che ad una ottimizzazione dei costi (Grabowski DC. The future of long-term care requires investment in both facility- and home- based services, Nature Aging, January 2021; Shah BR & Schulman K: Do Not Let a Good Crisis Go to Waste: Health Care’s Path Forward with Virtual Care. NEJM Catalyst, March 2021.: il problema fondamentale è che gli attuali setting di cura domiciliare, peraltro non sufficientemente operativi in egual misura su tutto il territorio, raramente si interfacciano in modo organizzato con le strutture ospedaliere e non sono sempre dotati di sufficiente personale specializzato. Invece, la domiciliarità, rispetto alle risposte a carattere residenziale, dovrebbe essere considerata la scelta più economica e prioritaria per riorganizzare e migliorare il Sistema e pertanto, quando possibile, nel rispetto della loro scelta, le persone si dovrebbero curare a casa, con le soluzioni organizzative più idonee in relazione alle loro necessità specifiche, rendendo altrettanto esigibile il diritto alle cure domiciliari come quello oggi garantito per le cure ospedaliere in elezione e in urgenza. L’integrazione delle cure domiciliari in un sistema equilibrato di protezione della salute è in grado di compensare le gravi diseguaglianze che sono presenti fra i cittadini in quanto le fragilità sociali rappresentano ben noti fattori di rischio di malattia e di mortalità (Arsenault-Lapierre G et al: Hospital-at-Home Interventions vs In-Hospital Stay for Patients with chronic disease who present to the Emergency Department. A Systematic Review and Meta-analysis, JAMA Network Open. June 2021)

Per quanto riguarda le RSA, che possono rappresentare un’alternativa alle cure domiciliari, laddove queste non siano disponibili o attivabili, va considerato che, poiché gestiscono malati cronici non autosufficienti sempre più complessi e non di rado affetti da demenza, ben raramente producono una soluzione sanitaria efficace, come peraltro ha chiaramente dimostrato la pandemia da Covid- 19.

C – Proposte operative per la cura del malato cronico non autosufficiente

Sulla base delle considerazioni formulate, desunte da recenti e importanti contributi della letteratura, ci permettiamo di avanzare alcune proposte concrete, alcune già supportate da dati scientifici consolidati, altre già previste dal Piano Nazionale della Cronicità, altre ancora auspicate dal PNRR, ma di fatto non ancora attuate, per affrontare un problema che è presente da molti anni e che condiziona la tutela della salute dei cittadini, in un’ottica di virtuosa riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale.

  1. Attivare di routine una procedura basata su un approccio olistico al paziente ed articolata nella Valutazione Multidimensionale (VMD), processo globale e dinamico interdisciplinare volto a identificare e descrivere la natura e l’entità dei problemi di carattere fisico, psichico, funzionale e relazionale/ambientale di una persona e che dovrebbe costituire parte integrante della formazione e dell’esperienza di tutte le figure professionali che si occupano dell’anziano.
  2. Promuovere un salto di qualità culturale nei medici e negli operatori sanitari, volto a riconoscere il livello di autonomia/dipendenza funzionale come elemento centrale della valutazione del malato cronico: questo aspetto va attentamente considerato nella fase di identificazione delle popolazioni target e della registrazione dei dati e prevede l’elaborazione di algoritmi finalizzati alla stratificazione del rischio dei pazienti anziani, sulla base dei quali essi possono essere suddivisi in sani, a rischio intermedio (malati con specifiche patologie croniche) ed a rischio elevato per la presenza di fragilità clinica e/o vulnerabilità sociale, e di conseguenza avviati agli interventi terapeutici o riabilitativi più adeguati. Come ricordato dal Piano Nazionale della cronicità (15 settembre 2016) “la presenza di pluripatologie richiede l’intervento di diverse figure professionali, ma c’è il rischio che i singoli professionisti intervengano in modo frammentario, focalizzando l’intervento più sul trattamento della malattia che sulla gestione del malato nella sua interezza, dando talvolta origine a soluzioni contrastanti, con possibili duplicazioni diagnostiche e terapeutiche che contribuiscono all’aumento della spesa sanitaria e rendono difficoltosa la partecipazione del paziente al processo di cura”. Tale valutazione andrebbe operata prima che si verifichi la completa disabilità del paziente, al fine di precorrere i tempi anticipando le possibili evoluzioni.
  3. Organizzare sistematici interventi formativi per tutti gli operatori, finalizzati a fornire loro specifiche competenze atte a garantire una corretta gestione di questi malati che, per la loro complessità e instabilità clinica, necessitano di professionisti esperti in grado di seguirli durante l’intero percorso, in fase di acuzie e di cronicità ed in grado soprattutto di gestire la polipatologia e la vulnerabilità sociale, cause rilevanti nel determinare l’aggravamento delle condizioni di salute di un malato cronico non autosufficiente. Di particolare importanza è la formazione dei caregiver che svolgono una funzione fondamentale nella gestione di questi malati.
  4. Promuovere una riorganizzazione delle cure per complessità clinica e funzionale per favorire l’approccio multidimensionale piuttosto un approccio articolato in strutture specializzate per singole patologie, in quanto l’anziano cronico, come già menzionato, è tipicamente polipatologico. In particolare, dovrebbero ricevere una maggiore attenzione alcune categorie di pazienti affetti da patologie con forte impatto sociale, oltre che altamente invalidanti, come la demenza, la malnutrizione e il dolore cronico, valorizzando il ruolo dei centri per la diagnosi e la cura dei disturbi cognitivi, del dolore e dei disturbi nutrizionali, sia ospedalieri che territoriali, non solo nella diagnosi ma anche nella gestione a lungo termine del malato e della sua famiglia. In questa ottica, sarebbe opportuno utilizzare competenze specialistiche sia nelle Unità di Valutazione Geriatrica, sia nei percorsi ospedalieri e territoriali delle cure palliative che devono affrontare il problema del “fine vita”, non limitandosi ai pazienti oncologici, ma aprendosi sempre di più ai pazienti portatori di patologie cronico-degenerative o con bisogni assistenziali complessi e particolarmente invalidanti
  5. Attivare un sistema flessibile di cure domiciliari, articolato in diversi livelli di intensità di cura e basati sulla situazione clinica della persona, con particolare attenzione all’Ospedalizzazione a domicilio che si è dimostrata in grado di ridurre gli episodi confusionali, le cadute, le infezioni nosocomiali e anche di ottimizzare i costi di gestione (Achanta A, Velasquez DE, Grabowski DC: Hospital at home: paying for what it’s worth. Am J Manag Care, September 2021).
  6. Adeguare alle esigenze dei pazienti nelle RSA gli standard di preparazione del personale sanitario e delle figure professionali, organizzando specifiche e sistematiche iniziative di formazione ed articolando il lavoro sotto il controllo di una direzione sanitaria, già prevista dalla normativa vigente, ma non sempre applicata, al fine di farle rientrare a pieno titolo nella filiera del Servizio Sanitario Nazionale.
  7. Ricorrere in maniera estesa e sistematica a nuove tecnologie come la telemedicina, che può facilitare il raggiungimento di livelli di assistenza domiciliare adeguati con un significativo contenimento dei costi, così come documentato da importanti specifiche evidenze scientifiche soprattutto nella gestione di patologie cardiologiche, nefrologiche, pneumologiche e oncologiche (M. Zhao, J. H Wasfy, J. P. Singh: Sensor-aided continous care and self-management:implications for the post-COVID era. The Lancet Digital Health 2020). Anche a questo proposito si pronuncia esplicitamente il PNRR che, alla Missione 5- Salute- recita I servizi di telemedicina, contribuendo ad affrontare le principali sfide dei Sistemi Sanitari Nazionali, rappresentano un formidabile mezzo per: (i) contribuire a ridurre gli attuali divari geografici; (ii) garantire una migliore “esperienza di cura” per gli assistiti; (iii) migliorare i livelli di efficienza dei sistemi sanitari regionali tramite la promozione dell’assistenza domiciliare e di protocolli di monitoraggio da remoto 
  8. Definire con maggiore chiarezza le competenze professionali della cura degli anziani malati cronici, chiarendo quali siano specifiche del Medico di Medicina Generale, del Fisiatra, del Geriatra, di altri Specialisti, e di tutte le figure che si occupano di pazienti anziani, inclusi gli OSS e gli assistenti familiari, istituendo formalmente una rete integrata ed organizzate di servizi sanitari e sociali: essa dovrebbe operare attivamente all’interno del sistema sanitario territoriale, utilizzando le strutture disponibili (es. le Case della Comunità/RSA/cure domiciliari), con l’obiettivo di favorire la domiciliarità ed evitare cure o ospedalizzazioni improprie o protratte ai casi più complessi. 
  9. Integrare maggiormente l’assistenza ospedaliera con il territorio, punto critico e altamente strategico: l’accesso in ospedale, quando necessario, va seguito da un preciso e personalizzato programma riabilitativo finalizzato, dopo la dimissione, al reinserimento, quando possibile, del paziente nel suo contesto abitativo. L’ospedalizzazione deve essere considerata come una fase acuta di un continuum assistenziale, che non può interrompersi, ma che deve adattarsi repentinamente al mutare delle condizioni dell’assistito. Per questo occorre prevedere una figura di coordinamento già all’interno dei Nuclei di Continuità di Cura, sia Ospedalieri (NOCC) che Distrettuali (NDCC), fornendo supporto alle figure già presenti in tali unità. Attraverso un’effettiva e completa presa in carico della persona anziana, cronicamente malata e non autosufficiente, dall’accesso in Pronto Soccorso fino alla dimissione, è possibile contribuire all’appropriata pianificazione di percorsi di cura integrati, personalizzati e dinamici, non interrompendo le cure che sono indifferibili qualunque sia il luogo ove si opera e che, pur di diversa intensità, devono sempre mirare alla salvaguardia della tutela della salute del paziente.
  10. Pianificare un progetto individualizzato di presa in carico dell’ASL dei pazienti, tenendo conto che i familiari spesso sono in grado di svolgere compiti di assistenza, rendendosi disponibili ad assicurare le prestazioni necessarie per garantire il supporto indispensabile della vita quotidiana; inoltre, eventuali loro disponibilità vanno incentivate anche con sostegni economici, così come peraltro previsto dal DM 27 Ottobre 2020, valutati sulla base dei contributi previsti dai LEA in caso di ricovero in RSA. 
Tabella riassuntiva: le proposte dell’Accademia di Medicina di Torino
  1. Attivare di routine una procedura basata su un approccio olistico al paziente
  2. Promuovere un salto di qualità culturale nei medici e negli operatori sanitari, volto a riconoscere il livello di autonomia/dipendenza funzionale come elemento centrale della valutazione del paziente affetto da cronicità
  3. Dedicare agli operatori specifici e sistematici interventi formativi
  4. Promuovere una riorganizzazione delle cure per complessità clinica e funzionale, piuttosto che articolata in strutture specializzate per singole patologie
  5. Attivare un sistema flessibile di cure domiciliari, ed in particolare l’Ospedalizzazione a domicilio
  6. Adeguare nelle RSA gli standard del personale alle esigenze della persona malata
  7. Ricorrere sempre di più a nuove tecnologie come la telemedicina
  8. Definire le competenze professionali nella cura degli anziani malati cronici, chiarendo quali siano specifiche del Medico di Medicina Generale, del Fisiatra, del Geriatra o di altri Specialisti
  9. Integrare maggiormente l’assistenza ospedaliera con il territorio
  10. Pianificare per ciascun malato un progetto individualizzato di presa in carico dell’ASL e provvedere all’erogazione di sostegni economici ai familiari, se disponibili

Torino, Gennaio 2022

 

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