Medicina di Famiglia e Specialistica
Metabolismo

Ipovitaminosi D e osteosarcopenia

25 Gen 2024
Ipovitaminosi-D-e-osteosarcopenia

da Vitamin D UpDates

 

Introduzione

L’apparato muscolo-scheletrico può essere considerato uno dei prodotti anatomo-funzionali più vantaggiosi comparsi nel corso della storia evolutiva del mondo animale. Tale complesso sistema vede l’interazione di più organi e tessuti, per lo più della stessa derivazione embriogenetica, che integrano diverse funzioni vitali, che vanno oltre lo scopo primario della locomozione, in un unico “organo” che si sviluppa nel periodo della crescita, e si modella e rimodella durante tutta la vita della persona 1,2. Almeno tre tessuti fondamentali sono coinvolti in questa interazione anatomo-funzionale: il tessuto osseo, il tessuto muscolare striato e il tessuto adiposo. I tre tessuti hanno una stessa derivazione embriologica, sviluppandosi dallo strato germinale mesodermico, che può essere suddiviso in tre regioni fondamentali: mesoderma parassiale, intermedio e laterale. La somitogenesi è un passaggio fondamentale che avviene nel mesoderma parassiale dove le cellule si dividono in somiti. Ogni somite contiene specifici precursori per lo sviluppo dello scheletro assiale (sclerotomo), dei tendini (sindotomo), dei muscoli scheletrici (miotomo) e del derma (dermatomo) 3. Lo sclerotomo si sviluppa in precartilagine, poi in cartilagine che infine va incontro a ossificazione. I precursori derivati dal mesoderma parassiale che vireranno verso la miogenesi sono sotto il controllo di Pax3/7 (Paired Box 3/7), seguito dall’attivazione della differenziazione e della fusione nei sincizi multinucleati, cioè miotubi, guidati dall’espressione di fattori miogenici, come Myf5 (Myogenic Factor 5) e MyoD (Myogenic Differentiation).

La fusione dei miotubi dà origine alle fibre muscolari, che poi si raggruppano in fasci e i fasci si uniscono per formare il muscolo. Alcune di queste cellule, le cosiddette “cellule satellite”, sono precursori muscolari Pax7+ che si localizzano sotto la lamina basale delle fibre muscolari in uno stato latente e agiscono come fonte di mionuclei durante la crescita postnatale e dopo le lesioni muscolari 4. Il tessuto osseo e quello muscolare scheletrico sono intimamente connessi tra loro da un punto di vista biomeccanico. Mentre le ossa svolgono un ruolo di supporto, i muscoli consentono l’attività motoria attraverso l’interazione delle proteine contrattili all’interno dei sarcomeri e grazie alla loro inserzione attraverso i tendini sulle strutture scheletriche; entrambi i tessuti, inoltre, regolano il metabolismo energetico attraverso la produzione e il rilascio di varie molecole, in particolare citochine. Molecole prodotte dal tessuto osseo e immesse in circolo per svolgere attività biologica locale o a distanza vengono dette “osteochine” e tra di esse Wnt, sclerostina, RANK-L (Receptor Activator of Nuclear Kappa B Ligand), osteocalcina, FGF-23 (Fibroblast Growth Factor-23), BMP (Bone Morphogenetic Protein), PGE-2 (Prostaglandin E2), IGF-1 (Insuline like Growth Factor-1). Tali molecole hanno tutte una o più funzioni modulanti l’attività biologica e funzionale del muscolo. Allo stesso tempo il muscolo produce altre citochine, note come miochine, tra cui irisina, miostatina, diverse interleuchine, e fattori neurotrofici, che agiscono in modo autocrino, paracrino ed endocrino. Il cross-talk tra i tessuti componenti l’apparato locomotorio è dovuto proprio alla produzione e immissione in circolo di queste varie sostanze 5.

Una conoscenza approfondita della funzione delle molecole coinvolte in questo complesso sistema tissutale interconnesso è necessaria per identificare strategie terapeutiche utili nella gestione dei disturbi muscoloscheletrici, in particolare dell’osteosarcopenia.

È stato ipotizzato che la vitamina D possa essere considerata una molecola “regista” del cross-talk intertissutale che governa l’efficienza strutturale e funzionale dell’apparato muscolo-scheletrico 6 (Fig. 1).

 

 

Vitamina D e osteosarcopenia

È da tempo nota la relazione tra la bassa concentrazione di vitamina D [25(OH)D3] nel sangue e le condizioni patologiche età-correlate, come l’osteoporosi e la sarcopenia, come anche lo stretto rapporto tra ipovitaminosi D e incremento del rischio di cadute, legata alla consistente diminuzione della forza muscolare, dovuta principalmente alla deplezione di fibre muscolari di tipo 2 che vengono reclutate soprattutto nelle variazioni posturali 7-9. La loro diminuzione causa necessariamente un aumento importante del rischio di cadere quando si passa, ad esempio, dalla posizione seduta a quella eretta.

D’altronde il reintegro del livello sierico di 25(OH)D3 in pazienti con accertata ipovitaminosi D, attraverso una supplementazione, può indurre un significativo recupero di forza muscolare che può determinare una riduzione importante del rischio di caduta nel paziente anziano 10.

Come è noto, la vitamina D agisce principalmente con un percorso genomico, che è mediato dal legame con i recettori nucleari della vitamina D (VDR).

In presenza di una significativa diminuzione del livello sierico di vitamina D, frequente se non addirittura costante nel paziente anziano, si verificano effetti negativi sui muscoli, con segni istologici di atrofia muscolare età-correlata, caratterizzati soprattutto da deplezione delle fibre rapide di tipo 2. Evidenze sperimentali mostrano che, in topi maturi con deficit di VDR specifico per le fibre muscolari, l’inibizione della via genomica della vitamina D porta a una debolezza muscolare senza intaccare la massa muscolare 11 (Fig. 2).

Il dato sembra essere confermato da uno studio epidemiologico longitudinale condotto su residenti in comunità, nei quali il livello sierico di 25(OH)D3 non aveva effetti significativi sulla massa muscolare mentre invece era significativamente correlato alla forza muscolare 11. I suddetti dati, sperimentali ed epidemiologici, porterebbero alla conclusione che l’ipovitaminosi D sulle fibre muscolari mature esplica i suoi effetti negativi principalmente sulla forza muscolare. Si è pertanto ipotizzato che dal momento che bassi livelli sierici di vitamina D sono strettamente correlati alla debolezza muscolare età-correlata, il dosaggio della 25(OH)D3 possa essere considerato un buon predittore di debolezza muscolare e quindi un biomarker di sarcopenia.

È presumibile, inoltre, che l’ipovitaminosi D non agisca principalmente attraverso una deplezione della massa muscolare, ma probabilmente in maggior misura mediante una ridotta funzione contrattile delle singole fibre, un impairment nell’attività dell’unità motoria per una minore frequenza di scarica dei motoneuroni, una ridotta velocità di conduzione nervosa, un disaccoppiamento eccitazione-contrazione. Inoltre, un ruolo non secondario nella genesi del deficit di forza potrebbe giocare anche l’incremento del tessuto grasso e fibroso all’interno del muscolo stesso.

Un recente studio su animali ha rivelato che la via genomica regola la forza muscolare modulando l’espressione dell’ATPasi calcio-dipendente 12. SERCA è una pompa del calcio presente nella membrana del reticolo sarcoplasmatico che concentra il calcio nel lume del reticolo sarcoplasmatico. Tre geni distinti codificano SERCA 1, 2 e 3, che sono noti per produrre più di 10 isoforme. Le isoforme tipiche sono le seguenti: SERCA1 è l’isoforma del muscolo a contrazione rapida, SERCA2a è l’isoforma del muscolo a contrazione lenta.

Il deficit di VDR riduce l’attività della SR Ca2+ ATPasi nelle miofibre mature, che si ipotizza essere indotta dalla ridotta espressione dei geni SERCA. La vitamina D altererebbe quindi la dinamica della contrazione muscolare diminuendo la ricaptazione di Ca2+ nel SR, prolungando così la fase di rilassamento della contrazione muscolare. In conclusione, la diminuzione dei livelli sierici di vitamina D porta a una riduzione del segnale VDR nelle miofibre e causa un disaccoppiamento eccitazione-contrazione.

Il percorso non genomico in cui la vitamina D entra direttamente attraverso le caveole presenti sulla membrana cellulare è modulato da un’interazione della molecola con un pool separato di VDR (mVDR) o con un diverso recettore legato alla membrana o intracellulare. Un candidato proposto per tale proteina legata alla membrana che media gli effetti rapidi non genomici della vitamina D è la PDIA3 (proteina disolfuro isomerasi) chiamata anche 1α,25D3-MARRS. Questa proteina, che è associata a diverse membrane cellulari, tra cui la membrana plasmatica e il reticolo endoplasmatico, è anche nota per il suo importante ruolo nel ripiegamento delle proteine. È stato riportato che alcuni dei nuovi idrossimetaboliti non classici della vitamina D, formati dal CYP11A1, interagiscono sia con il VDR nucleare che con l’1α,25D3‑MARRS legato alla membrana 13.

Le interazioni tra la vitamina D e i suddetti recettori di membrana realizzano l’attivazione di una pletora di vie intracellulari di trasduzione del segnale. Si ipotizza che l’azione non genomica della vitamina D attivi una cascata della proteina chinasi attivata dal mitogeno (MAPK), chinasi extracellulare regolata dal segnale (ERK) 1 e 2 per mezzo di diversi effettori intermedi, che si attivano quando la vitamina D si lega al VDR. Il VDR attivato stimola l’afflusso di calcio, che, a sua volta, attiva le vie intracellulari guidate dal calcio, come la proteina chinasi C (PKC). Inoltre, la vitamina D potrebbe attivare i recettori accoppiati alle proteine G (GPCR), che, a loro volta, stimolano diversi percorsi a valle, tra cui la fosfatidilinositolo 3-chinasi (PI3K), l’adenilato ciclasi (AC), la Ras e la fosfolipasi C gamma (PLCγ). Ciascuno di questi percorsi potrebbe convergere mediante segnali diversi sull’attivazione di ERK-MAPK 1/2, che potrebbe interagire con il classico percorso genomico guidato dal VDR, per modulare l’espressione genica.

 

 

Nuovi target della vitamina D nella fibra muscolare

La funzione contrattile del muscolo scheletrico è regolata dal calcio citosolico, che viene fornito dal trasporto dal reticolo sarcoplasmatico e alimentato dall’idrolisi dell’ATP prodotto da SERCA. La vitamina D causerebbe un’upregulation dell’espressione di SERCA fornendo calcio ionizzato nel citosol e contribuendo, in tal modo, a mantenere la forza muscolare. Risulta pertanto evidente che la vitamina D agisca nelle cellule muscolari promuovendo il consumo di ATP. Si è inoltre ipotizzato che la vitamina D sovraregoli l’espressione di connessina 43 in modo dose-dipendente, favorendo il rilascio di fosfati inorganici, come il pirofosfato, nelle nicchie della superficie cellulare laddove svolgono un ruolo importante nel metabolismo dell’ATP 14. I pirofosfati extrascheletrici, infatti, sopprimono la calcificazione ectopica nel tessuto muscolare. La calcificazione ectopica nel muscolo scheletrico è stata osservata in modelli murini che mostravano una funzione muscolare compromessa, come la distrofia muscolare di Duchenne o una lesione muscolare scheletrica focale 15. La vitamina D avrebbe un’attività di controllo sulla calcificazione dei muscoli scheletrici che risulta essenziale per il mantenimento di una corretta attività locomotoria.

 

Conclusione

Tra le azioni extra-scheletriche della vitamina D, quella sul muscolo striato ha sicuramente un considerevole impatto sulla condizione di salute della persona. Numerose sono le prove scientifiche che confermano l’attività della vitamina D nel favorire lo sviluppo della struttura muscolare durante la vita embrionale e fetale nonché la rigenerazione e la riparazione del muscolo scheletrico durante la vita adulta. Inoltre, la vitamina D ha un ruolo fondamentale nella capacità funzionale della fibra muscolare favorendo la massima efficienza dell’accoppiamento eccitazione/contrazione e nell’opporsi all’impairment strutturale e funzionale del muscolo correlato all’invecchiamento e ad altre condizionidi sarcopenia.

 

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  10. Iolascon G, Moretti A, de Sire A, et al. Effectiveness of calcifediol in improving muscle function in post-menopausal women: a prospective cohort study. Adv Ther 2017;34:744-752. https://doi.org/10.1007/s12325-017-0492-0
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