Medicina di Famiglia e Specialistica
Malattie respiratorie

Impatto delle patologie respiratorie croniche: gestione a lungo termine e ruolo della riabilitazione

10 Mar 2022

da Rassegna di Patologia dell’Apparato Respiratorio, Rivista ufficiale dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS)

Abstract

I dati recenti e i nuovi indicatori a nostra disposizione stanno mostrando come una popolazione progressivamente più longeva debba affrontare sempre più a lungo nel tempo gli effetti negativi e invalidanti delle patologie croniche, comprese le patologie respiratorie. Ciò viene a riflettersi in un impatto importante sulle risorse dei Servizi Sanitari Nazionali, in costi maggiori riferiti alla gestione delle nuove opzioni terapeutiche, delle ospedalizzazioni e del declino funzionale dei pazienti. In questo contesto, un intervento globale e a lungo termine, dunque non focalizzato solo sull’acuzie ma anche sul follow up sul territorio che comprenda anche la riabilitazione, potrebbe rappresentare una prima soluzione a questa problematica sempre più emergente.

Introduzione

A fronte di dati che, sempre con maggior forza, mettono in evidenza l’effetto invalidante della sintomatologia delle patologie respiratorie croniche su una popolazione che sta sempre più invecchiando e nel contempo sempre più esponendosi agli esiti della cronicità, non si può far a meno di porre l’attenzione sulla necessità della presa in carico globale di questi pazienti, dal momento dell’acuzie fino (e soprattutto) al proseguimento delle terapie al domicilio, di cui la riabilitazione rappresenta uno degli elementi cardini per intervenire sulla disabilità e il deperimento funzionale.

In questo articolo presenteremo dati recenti riferiti all’impatto delle patologie respiratorie croniche, con la disabilità definita in termini di gravità globale della malattia (DALY), anni di vita persi a causa della morte prematura rispetto all’aspettativa di vita (YLL) e anni vissuti con una disabilità che inficia la qualità di vita (YLD), numeri che portano con sé il peso crescente di una richiesta d’intervento a lungo termine che purtroppo spesso si scontra con una indisponibilità di risorse da parte del sistema sanitario.

Epidemiologia

Nel 2019 la cardiopatia ischemica è stata responsabile del 16% (8,9 milioni) dei decessi totali del mondo, classificandosi come la prima causa di morte a livello globale. L’ictus e la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) sono state la seconda e la terza causa di morte, responsabili rispettivamente di circa l’11% e il 6% dei decessi totali 1. Tra il 2005 e il 2015 i tassi di mortalità standardizzati per età sono diminuiti del 22,9% per la BPCO e del 31,3% per l’asma, mentre i decessi totali dovuti a queste cause non differiscono in modo significativo.

Dopo le malattie cardiocircolatorie e il cancro, le malattie respiratorie sono state la terza causa di morte in Europa, con una media di 75 morti per 100.000 abitanti nel 2016. Stando a quanto riportato dall’Institute for Health Metrics and Evaluation, che esegue valutazioni per l’Ufficio Regionale Europeo dell’OMS, a oggi la prima causa di morte in Europa e in Asia Centrale è il COVID-19. All’interno di questo gruppo di malattie, le malattie respiratorie croniche a carico delle basse vie aeree sono state la causa più comune di mortalità, seguite da altre malattie respiratorie delle basse vie e dalla polmonite. Le malattie respiratorie sono legate all’età, con la grande maggioranza dei decessi per queste malattie registrati tra le persone di 65 anni o più. La prevalenza media di BPCO in Europa si attesta attorno al 12,4%.

Nello studio di Ferrante et al.  la prevalenza di malattie respiratorie croniche nella popolazione adulta italiana è del 7,0%: 3,4% solo asma, 2,6% solo BPCO e 1,0% ACOS (Asthma-COPD Overlap Syndrome), cioè la sovrapposizione delle due precedenti. La prevalenza è significativamente più alta tra le persone anziane (1,85%), quelle con un basso livello di istruzione (1,38%) e quelle con difficoltà economiche (1,88%). Al contrario, la prevalenza è significativamente più bassa tra le persone che vivono nel Sud Italia (0,89%).

Secondo le stime del sistema di sorveglianza PASSI (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia) 7 la prevalenza nella popolazione italiana della condizione di policronicità, cioè la presenza di almeno due patologie croniche, si stima essere attorno al 4%. La variabilità regionale della cronicità non descrive un chiaro gradiente geografico, perché si registrano prevalenze più elevate in alcune Regioni del meridione, come in Sardegna (24%) o in Campania (20%) ma anche tra le Regioni del Nord come in Liguria o in Friuli Venezia Giulia (20%). Analogamente accade per la policronicità.

 

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