Medicina di Famiglia e Specialistica
Salute e sanità

Il testamento biologico: la legge c’è ma resta ancora molto da fare

7 Feb 2022

Intervista al dott. Pietro Claudio Giovanni Dattolo, presidente dell’Ordine dei Medici di Firenze

a cura di Piercarlo Salari, pediatria e divulgatore medico scientifico – Milano

 

“….nel rispetto dei princìpi di cui agli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e degli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tutela il diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione della persona e stabilisce che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.” Approvata il 22 dicembre 2017 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 16 gennaio 2018, la legge sul testamento biologico è in vigore dal 31 gennaio 2018 e consente a ogni cittadino maggiorenne di formalizzare anticipatamente le proprie scelte – modificabili in qualsiasi momento – sui trattamenti sanitari a cui desidera o rifiuta di essere sottoposto qualora si dovesse trovare nella condizione di non intendere e volere. La legge prevede altresì la possibilità di incaricare un fiduciario, incaricato di intrattenere le relazioni con i medici e le strutture sanitarie con la finalità di garantire le volontà espresse da chi l’ha nominato. Questo, in estrema sintesi, l’attuale scenario legislativo in merito alle cosiddette “scelte di fine vita”.

Con il dott. Pietro Claudio Giovanni Dattolo, presidente dell’Ordine dei Medici di Firenze, abbiamo approfondito alcuni aspetti pratici essenziali che tutti dovrebbero conoscere.

Anche se il più delle volte si parla genericamente di “biotestamento”, in che modo la legge disciplina l’autodeterminazione terapeutica e l’espressione del consenso alle cure?

In effetti la legge n. 219, che rappresenta un motivo di orgoglio per l’Italia, ponendola all’avanguardia tra i paesi civili, prevede due differenti modalità: le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) e la pianificazione condivisa delle cure (PCC). Le DAT consentono a ogni cittadino in buono stato di salute di esprimere le proprie volontà e, nel caso, di rifiutare l’accanimento terapeutico. La PCC riguarda invece gli individui già affetti da una “patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta”.

 

Come si redige il testamento biologico?

Il biotestamento può essere redatto con varie modalità, stilando una dichiarazione che potrà essere consegnata in Comune, a un organo preposto dell’ospedale o a un notaio. Il cittadino deve comunicare, per esempio, se, in caso di coma, affidandosi altresì al “fiduciario” possa essere  intubato, sottoposto a dialisi o a nutrizione e idratazione artificiale. In questo modo si possono prevenire disaccordi tra i familiari.

 

In che modo si può dare attuazione alla legge?

Posso riferire la nostra esperienza. Da due anni abbiamo predisposto un ambulatorio con un’équipe multidisciplinare e multiprofessionale, che comprende un medico esperto in bioetica, un medico legale, un medico esperto in cure palliative, un anestesista, altri medici specialisti e un infermiere, coordinati da uno psicologo, per spiegare ai cittadini cosa può accadere in situazioni particolari, come per esempio il coma irreversibile, in modo che possano esprimere liberamente il proprio orientamento.

 

Nel concreto come avete organizzato il servizio? E con quali risultati?

Il nostro ambulatorio è aperto due volte al mese e dedica un’ora – talvolta anche di più – a ogni visita, nella quale forniamo spiegazioni su DAT e PCC e su varie tematiche, dalla rianimazione cardiopolmonare alle cure palliative, oggetto della legge 38/2010. Come afferma il dott. Alessandro Toccafondi, psicologo che coordina l’équipe multidisciplinare, i cittadini pongono numerose domande, sono molto soddisfatti e lo dimostra la fitta agenda delle prenotazioni.

 

È vero, come spesso capita di leggere, che siamo ancora lontani dagli obiettivi?

Purtroppo sì. In Italia sono ancora poche le strutture che hanno creato strutture e ambulatori dedicati e le realtà territoriali, a prescindere dalle disomogeneità organizzative interregionali, sono alquanto eterogenee e variegate. A Firenze stiamo collaborando con la Regione per definire un PDTA da estendere a tutti gli ospedali della nostra Azienda, ma purtroppo non sono molti gli esempi di iniziative analoghe a livello nazionale.

 

Quali sono gli ostacoli più importanti da superare?

Un aspetto fondamentale è la formazione: sono pochi i medici e i professionisti sanitari a livello di università e ospedali in grado di supportare i cittadini per il biotestamento. Non esistono poi comitati di bioetica regionali uniformemente presenti e attivi e non vengono stanziati i fondi necessari ad allestire spazi e personale. Eppure va ricordato che, come afferma la legge, “Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”. Anche l’ascolto equivale dunque a un servizio medico ed è doveroso dare ai cittadini informazioni precise su questa legge.

 

È importante la collaborazione con il medico di famiglia?

Assolutamente sì. Noi sollecitiamo i cittadini a discutere con il proprio medico, che, conoscendo in maniera approfondita i propri assistiti, può svolgere un ruolo fondamentale e complementare sia nel fornire informazioni per superare i numerosi preconcetti tuttora diffusi, sia nella nomina del fiduciario, che deve essere debitamente coinvolto, nella compilazione del biotestamento e nel diventare un prezioso “anello di raccordo” con il nostro ambulatorio. Abbiamo anche intrapreso numerose iniziative formative per i medici di famiglia: la legge potrà avere successo soltanto se loro, per primi, ci crederanno e si impegneranno per la sua piena attuazione.

 

 

Le informazioni che si trovano in questo sito si intendono per un uso esclusivamente informativo e non possono in alcun modo sostituire la consultazione con il proprio medico.

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