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Gli steroidi in reumatologia: focus sul desametasone

23 Giu 2023
cortisone-pasticca

Gianantonio Saviola

Specialista in Reumatologia, Collaboratore Scientifico degli Istituti Clinici Scientifici Maugeri I.R.C.C.S, Castel Goffredo, Mantova

 

Generalità sui corticosteroidi

I corticosteroidi sono ormoni derivati dal colesterolo, prodotti dalla corteccia delle ghiandole surrenali, che vengono secreti per partecipare attivamente ad alcuni importanti meccanismi fisiopatologici.
I corticosteroidi sono tradizionalmente utilizzati nelle patologie flogistiche, ove sono in grado di inibire il processo infiammatorio; sono infatti efficaci nel processo di remissione della fase acuta delle malattie autoimmuni.
Sono ben noti gli effetti negativi dei cortisonici sul metabolismo glicidico, laddove possono essere causa di diabete meta-steroideo, soprattutto se utilizzati per tempi prolungati e a dosi elevate, in soggetti geneticamente predisposti.
Quest’ultima azione è legata al generale effetto catabolico degli ormoni steroidei atto a incentivare il catabolismo proteico, diminuendo la mineralizzazione ossea e stimolando la mobilizzazione degli acidi grassi e del glicerolo dai siti di deposito.

 

Glucocorticoidi e infiammazione

I glucocorticoidi sono potenti inibitori della flogosi. Essi agiscono attraverso l’attivazione della lipocortina, capace di indurre soppressione della fosfolipasi, procurando l’inibizione della conversione dei fosfolipidi di membrana in acido arachidonico. L’acido arachidonico riveste infatti il ruolo di attivatore della lipo-ossigenasi e della ciclo-ossigenasi, che intervengono nella biosintesi delle citochine infiammatorie e di tutti i mediatori flogistici.

Due sono i principali meccanismi di azione dei glucocorticoidi: quello genomico e quello non genomico. Il meccanismo genomico avviene attraverso l’attivazione di recettori citoplasmatici, capaci di deprimere alcuni geni pro-infiammatori. Questo meccanismo necessita di almeno 30 minuti. Al contrario, il meccanismo non genomico si avvale di una diretta interazione con i recettori di membrana. Ad alte dosi richiede solo secondi o minuti per esplicare l’azione, la quale ha una breve durata. Desametasone e betametasone sono dotati di un’elevata potenza genomica, mentre il solo desametasone possiede un’elevata attività anche non genomica ed il metilprednisolone possiede una buona potenza non genomica contro una scarsa attività di tipo genomico. Diversamente il prednisolone esplica effetti genomici già a un dosaggio medio-alto (7.5-30 mg), mentre l’efficacia non genomica compare soltanto per dosaggi molto alti (> 100 mg)1-3.

Spiace dovere osservare come ancora esistano momenti di confusione e di imbarazzo nell’utilizzo corretto dei glucocorticoidi ad adeguato dosaggio. La diversa potenza relativa delle differenti molecole disponibili contribuisce sicuramente al fenomeno. È pertanto fondamentale poter disporre di una tabella di equivalenza dei diversi prodotti3-6. La valenza e l’equivalenza terapeutica dei principali cortisonici sono riportate nella Tabella I.

 

 

Cronofarmacologia dei glucocorticoidi

La sintesi dei glucocorticoidi è regolata dall’asse ipotalamo-ipofisario, che conduce alla produzione del cortisolo.
I glucocorticoidi di sintesi sono dotati di una maggiore attività immunosoppressiva e antinfiammatoria del cortisolo endogeno.
Dosi e tempi di somministrazione dovrebbero evitare di produrre una disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisario. Tuttavia, numerosi altri fattori contribuiscono alla variabilità della farmacocinetica: cronotipo, sesso, età e stato di malattia7. Un esempio calzante ci viene da quei pazienti (pochi, ma non pochissimi) che lamentano un calo ponderale da steroidi, contrariamente alla maggioranza dei soggetti trattati che anche per dosi basse o molto basse (fino a 4 mg di metilprednisolone, a 5 mg di prednisolone, a 7,5 di deflazacort) lamentano in tempi relativamente brevi un aumento del peso e una differente distribuzione del grasso sottocutaneo.
In realtà, la disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisario sembra avvenire meno frequentemente di quanto temuto in passato, allorché si applichi la semplicissima regola del dosaggio minimo indispensabile, evitando cioè di attaccare la patologia (se possibile) con inutili alti dosaggi, la cui riduzione richiede poi tempi molto lunghi (mesi!) prima di raggiungere la bassa dose di mantenimento.

Di regola, proprio per rispettare il normale andamento della curva ipotalamo-ipofisaria, lo steroide andrebbe somministrato al mattino. Tuttavia, in fase di attacco, utilizzando composti a breve emivita, per permettere al paziente un riposo notturno sufficientemente privo di dolore, è consentito suddividere la posologia tra mattino e sera, per tempi brevi, piuttosto che incrementare la sola posologia del mattino, procedura quest’ultima che, inoltre, spesso non raggiunge prontamente l’obiettivo. Una valida alternativa potrebbe essere rappresentata dall’utilizzo di glucocorticoidi a lunga emivita, come il desametasone.

Gli effetti indesiderati dei glucocorticoidi sono naturalmente da commisurare con la dose cumulativa assunta. Qui di seguito una loro sintesi7:

  • ritardata pubertà
  • ritardata crescita fetale
  • ipogonadismo
  • osteonecrosi asettica (della testa femorale)
  • atrofia muscolare
  • osteoporosi
  • ritardata crescita
  • immunosoppressione
  • riattivazione di virosi latenti (ad esempio epatite B)
  • sanguinamento gastrointestinale
  • pancreatite
  • ulcera peptica
  • aumento di peso
  • ritenzione idrica
  • diabete
  • atrofia cutanea
  • ritardata guarigione delle ferite
  • eritema
  • ipertricosi
  • dermatite periorale
  • petecchie (porpora di Bateman)
  • acne
  • smagliature
  • spider nevi
  • decolorazione cutanea
  • dislipidemia
  • ipertensione
  • trombosi
  • vasculite
  • cataratta
  • glaucoma
  • ritenzione di sodio
  • perdita di potassio
  • atrofia surrenale
  • sindrome di Cushing
  • cambiamenti comportamentali
  • deficit cognitivi e mnesici
  • atrofia cerebrale
  • leucocitosi neutrofila

 

Va da sé che, prima di iniziare una terapia steroidea ad alto dosaggio, bisogna essere ragionevolmente certi di una diagnosi che richieda quel trattamento.

Non dimentichiamo che una volta stabilizzata una posologia elevata, la riduzione può avvenire soltanto in tempi lunghi con riduzioni di minima entità, pena la ripresa della malattia con un meccanismo di rimbalzo (rebound) capace di ricreare una situazione clinica anche peggiore della fase iniziale.
Tentativi maldestri di dimezzare tout court la posologia (da alta dose a media dose) conducono spesso il paziente al ripristino “fai da te” degli alti dosaggi. Questi schemi posologici sono oramai riconosciuti obsoleti.

La terapia è di regola quotidiana, almeno fino al raggiungimento di dosaggi molto bassi. In fase di raggiunta remissione – spesso sostenuta dalla contemporanea assunzione di farmaci diversi, appartenenti alla classe dei DMARDS – si potrà tentare la posologia a giorni alterni prima della eventuale sospensione.
Peraltro, lo schema posologico a giorni alterni usato fin dall’inizio sembra possibile soltanto con alcuni farmaci, per esempio il desametasone, grazie alla lunga emivita del farmaco.

 

Il desametasone

Nel 2017, in tempi non sospetti, il desametasone è stato incluso dall’OMS nella lista dei farmaci essenziali, caratterizzati da alta efficacia, buona sicurezza e convenienza anche economica nelle patologie prioritarie.
Il desametasone risulta essere 25-30 volte più potente del cortisolo, con una potenza genomica 25 volte maggiore e una potenza non genomica 5 volte maggiore. Ciò consente di raggiungere una pronta inibizione dell’acido arachidonico nello spazio di pochi minuti o secondi, ma la durata dell’efficacia si prolunga fino a 72 ore, in ragione di una emivita molto più lunga degli altri steroidi.
Possiede un’attività immunosoppressiva sulle cellule T con meccanismo indipendente, un’alta attività glucocorticoide antinfiammatoria e una bassa attività mineral-corticoide sodio ritentiva8.

Il desametasone è comunemente utilizzato in svariate patologie, comprese quelle reumatologiche, ove si sta facendo strada grazie alla sua pronta azione sul dolore, che comporta anche una ridotta espressività della sostanza P. Inoltre, il desametasone possiede anche un ulteriore meccanismo d’azione (quello non genomico) dose-dipendente, che utilizza recettori presenti sui neuroni9,10.

Un particolare utilizzo del desametasone riguarda le infiltrazioni epidurali transforaminali. Queste procedure sono – seppure raramente – associate con embolizzazione di arteriole terminali, causate dall’utilizzo di sospensioni particolate. Il desametasone, essendo non particolato e liberamente idrosolubile, viene rapidamente assorbito dalle cellule e per tale motivo viene consigliato dalla FDA come farmaco d’elezione nelle infiltrazioni epidurali10.
Il desametasone possiede infatti l’indicazione all’uso per via infiltrativa, anche intra-articolare. Vale qui la pena di rammentare che – contrariamente a quanto ritenuto in passato – la condro-tossicità delle infiltrazioni intra-articolari dipende soprattutto dagli anestetici locali utilizzati, in ragione della concentrazione, e in particolare il desametasone risulta essere scarsamente tossico11,12.

In ortopedia il desametasone ha dimostrato efficacia e sicurezza nella pronta riduzione del dolore (p = 0.008), conseguente a intervento di protesizzazione totale di anca o di ginocchio13.

In traumatologia il desametasone intrarticolare ha mostrato nel coniglio la capacità di ridurre drasticamente il danno cartilagineo, inibendo la produzione sinoviale delle citochine flogogene responsabili della osteoartrosi post-traumatica14.

Nell’osteoartrosi il desametasone è in grado di inibire la produzione di metalloproteasi (endopeptidasi deputate alla degradazione di tutti i componenti della matrice extracellulare) e di Cox-2, esercitando in tal modo un’efficacia protettiva sulla cartilagine15.

In reumatologia il desametasone ha mostrato efficacia nel trattamento delle miositi a esordio subacuto e dell’artrite reumatoide severa attiva, con una significativa attitudine a ridurre i livelli degli ACPA (anticorpi-anti-citrullina) e del fattore reumatoide16-18.

Ma il più noto e avvincente exploit del desametasone si è appalesato durante la pandemia COVID-19, laddove il farmaco ha dimostrato una importante riduzione di mortalità tra i pazienti intubati o in trattamento con ossigeno e una netta riduzione dei tempi di ventilazione. Tutto ciò in netta controtendenza rispetto a quanto – fino al 2020 – era ritenuto un principio intoccabile, ovvero la controindicazione all’utilizzo degli steroidi in pazienti affetti da infezioni virali. L’ipotesi più accreditata è che le cellule infettate dal virus SARS-CoV-2 divengano insensibili allo steroide, che potrebbe pertanto continuare a esercitare una potente attività antinfiammatoria nei distretti non infettati19,20.

In conclusione:

  • I glucocorticoidi sono potenti inibitori dell’infiammazione grazie alla loro azione sulla via fosfolipasi-acido arachidonico.
  • Sono ampiamente utilizzati nella pratica clinica reumatologica secondo alcune semplici regole di dosi e di tempi.
  • L’uso scorretto può provocare importanti effetti collaterali.
  • Il desametasone è un farmaco essenziale – secondo l’OMS – perché potente, rapido e con prolungata efficacia.
    • Ha un’alta attività glucocorticoide e una bassa attività mineralcorticoide.
    • Ha un’azione antalgica anche per interazione diretta con i neuroni.
    • È efficace e indicato per via intrarticolare ed epidurale.
    • È efficace nelle malattie reumatologiche infiammatorie croniche.
    • Riduce la mortalità e l’ospedalizzazione nei pazienti affetti da insufficienza respiratoria da virus COVID-19. Il dosaggio indicato da AIFA in questo caso è di 6 mg, con posologia come descritto nella Tabella II21.

 

 

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