Medicina di Famiglia e Specialistica
Psichiatria

Depressione resistente o non resistente: questo è il dilemma

4 Ott 2022

da Journal of Psychopathology – Giornale di Psicopatologia

 

Raffaella Zanardi1,2, Francesco Attanasio2, Valentina Fazio2, Melania Maccario2, Cristina Colombo1,2

1 IRCCS Istituto Scientifico San Raffaele, Dipartimento di Neuroscienze Cliniche, Unità Disturbi dell’Umore, Milano, Italia; 2 Università Vita-Salute San Raffaele, Dipartimento di Neuroscienze Cliniche, Milano, Italia

 

 

Obiettivi

La depressione è ancora una delle principali cause di disabilità in tutto il mondo e la sua gestione rimane una delle principali sfide per la salute pubblica. Secondo i criteri più utilizzati, la depressione resistente al trattamento (TRD) è definita come una risposta inadeguata a diverse classi di antidepressivi somministrati a dose e durata adeguate. Tuttavia, un tale presupposto non è globalmente condiviso nella pratica clinica e le strategie di trattamento per la TRD sono ancora in gran parte empiriche.

Nel presente studio, abbiamo cercato di estendere e approfondire l’evidenza relativa alla TRD, concentrandoci sulla difficoltà di una sua corretta identificazione e classificazione, che causa diagnosi errate, strategie terapeutiche inefficaci e mancanza di linee guida specifiche per la gestione della TRD.

 

Metodi

In 12 mesi sono stati reclutati 200 pazienti depressi ricoverati consecutivamente presso l’Unità Disturbi dell’Umore dell’Ospedale San Raffaele di Milano. Il giorno del ricovero, in base al background clinico e anamnestico, i pazienti sono stati classificati come resistenti o non resistenti, in base al sistema di stadiazione di Thase e Rush e alla definizione di TRD di Souery e colleghi. Ogni paziente è stato trattato con approcci farmacologici adeguati ed è stato sottoposto a un follow-up di due mesi dopo la dimissione. Le variabili cliniche e sociodemografiche sono state raccolte durante il ricovero e il follow-up.

 

Risultati

Al ricovero il 27% del campione presentava caratteristiche anamnestiche di farmacoresistenza, rispondendo ai criteri di definizione della TRD. Il gruppo resistente differiva da quello non resistente per l’età più avanzata al momento del ricovero (p = 0,015), episodi più gravi e meno caratteristiche psicotiche (p <0,001). Analizzando i tassi di remissione farmaco-specifici nell’intero campione, non abbiamo osservato alcuna differenza di remissione tra le classi di farmaci (SSRI 78,20% vs SNRI 63,16% vs TCA 69,23%, p = 0,215). Inoltre, non abbiamo riscontrato differenze nei tassi di remissione tra i gruppi trattati con SSRI (79,03% non resistente vs 75,00% resistente, p = 0,728) e SNRI (68,18% non resistente vs 56,25% resistente, p = 0,452). I gruppi hanno raggiunto globalmente la remissione sintomatica rispettivamente nel 77,88 e nel 59,52% dei casi (p = 0,022).

 

Conclusioni

Studiando una popolazione depressa nel centro disturbi dell’umore è stato possibile osservare che il 60% dei pazienti classificati come resistenti al trattamento ha rivelato una risposta alle farmacoterapie, raggiungendo spesso una completa remissione sintomatica utilizzando trattamenti di prima linea. Questo risultato rivela come la diagnosi di resistenza possa essere spesso imprecisa e l’effettiva prevalenza della farmacoresistenza molto inferiore a quanto normalmente mostrato dai dati di letteratura.

 

Parole chiave: depressione, disturbo depressivo maggiore, disturbo bipolare, depressione resistente al trattamento, TRD, antidepressivo, remissione, follow-up

 

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