Medicina di Famiglia e Specialistica
Metabolismo

Deficit di vitamina D nelle malattie ginecologiche

16 Lug 2023

da Vitamin D UpDates

 

Negli ultimi anni il ruolo della vitamina D (VitD) come elemento importante nella fisiopatologia di malattie ginecologiche è andato crescendo, con dati di laboratorio che si intersecano con dati clinici nell’indicare quale sia il ruolo, o i possibili ruoli, che questa vitamina può avere in campo ginecologico.

La produzione e il metabolismo della VitD origina dallo stimolo esercitato dai raggi ultravioletti a livello cutaneo, con trasformazione del 7-deidrocolestreolo in colecalciferolo, il quale, a sua volta, viene metabolizzato, a livello del fegato, da una 25-idrossilasi. La 25(OH)D, a livello renale, viene trasformata da una 1alfa-idrossilasi, in 1,25(OH)2D o calcitriolo, il metabolita attivo. Ancora a livello renale, a opera di una 24-idrossilasi, si forma la 1,24,25(OH)3D, che è un composto biologicamente non attivo (Fig.1).

 

La vitamina D, che più propriamente dovrebbe essere indicata come ormone D, attraverso il suo recettore specifico (Vitamin D Receptor, VDR), è in grado di modulare l’attività di circa 3.000 geni disposti in differenti aree dell’organismo umano, compresi i tessuti del tratto riproduttivo femminile (ovaio, utero, vagina); i polimorfismi genetici del VDR sono stati associati a livelli differenti di ormone luteinizzante (LH), Sex Hormone Binding Globulin (SHBG), testosterone e insulina 1.

In particolare, per ciò che riguarda il tratto riproduttivo, la VitD può esercitare un controllo sullo sviluppo dei follicoli ovarici e sulla fase luteale, grazie a un’interazione con le vie del signaling dell’ormone anti-mülleriano (AMH) e della sensibilità all’ormone follicolo-stimolante (FSH) 2.

In maniera interessante, inoltre, è stato dimostrato come l’aggiunta di VitD a cellule della granulosa umana nel mezzo di coltura sia in grado di aumentare la produzione di alcuni ormoni fondamentale per l’attività ovarica, rispetto alla non aggiunta di VitD, come progesterone (in misura del 13%; p < 0,001), estradiolo (in misura del 9%; p < 0,02), estrone (in misura del 21%; p < 0,002), ancora grazie alla presenza del VDR in queste cellule, dove media tale attività di stimolo della VitD sull’attività ovarica 3.

Uno studio del 2018 4, che ha valutato la relazione tra lo stato vitaminico D e il ciclo mestruale in donne senza diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico (Polycystic Ovary Syndrome, PCOS), 60 con bassi livelli di VitD (< 30 ng/ml) e 17 con livelli normali di VitD (> 30 ng/ml ≤ 80 ng/ml), ha riportato come nel gruppo con bassi livelli di VitD ci fosse il 40% dei soggetti con cicli irregolari, il 27% con oligomenorrea e il 13% con amenorrea. Viceversa, nel Gruppo con livelli normali di VitD, solo il 12% delle donne presentavano disturbi del ciclo mestruale, il 6% con oligomenorrea e il 6% con amenorrea; inoltre, il fatto di appartenere al gruppo con VitD bassa aumentava di 5 volte la probabilità di avere un’irregolarità del ciclo mestruale rispetto all’appartenenza al gruppo con livelli normali di VitD [OR = 5; (IC 95%: 1,047-23,87), p = 0,04]. Quindi, anche nelle donne senza disturbi ormonali, la VitD può contribuire alla regolarità del ritmo del ciclo mestruale, attraverso la modulazione dell’attività dell’ovaio. Inoltre, è opportuno ricordare come sia presente il VDR a livello dell’endometrio 5 e come, sempre a livello endometriale, siano presenti atttvità enzimatiche, come la 1alfa-idrossilasi, fondamentali per il metabolismo della VitD e la produzione del suo metabolita attivo, la 1,25(OH)2D o calcitriolo 6.

 

Vitamina D e sindrome dell’ovaio policistico

La PCOS è la patologia ormonale più frequente nel sesso femminile, ed è presente in circa le seguenti percentuali in associazione a differenti condizioni: 20% delle donne fertili sane, 75% delle donne con infertilità ovulatoria, 80% delle donne con oligomenorrea, 80% delle donne con ipertricosi e ciclo mestruale regolare, 30% delle donne con amenorrea secondaria, 80% delle donne con acne severa 7.

Volendo considerare le implicazioni della VitD in alcune condizioni fisiopatologiche della ginecologia, non si può non considerare la PCOS, che è il disturbo ormonale più frequente nel sesso femminile e la cui diagnosi si basa sul reperto di due dei seguenti tre parametri: oligo-anovulazione, segni clinici e/o biochimici di iperandrogenismo, morfologia policistica dell’ovaio all’esame ecografico. Oltre a ciò, deve essere ricordato, dal punto di vista fisiopatologico, il ruolo dell’iperinsulinemia come fattore di disregolazione dell’attività dell’ovaio e della produzione e azione degli ormoni androgeni 8. Clinicamente, oltre ai disturbi del ciclo mestruale, le manifestazioni dermatologiche che si associano alla PCOS sono frequentemente il motivo di richiesta di consulto medico da parte delle pazienti affette. In particolare, la PCOS si può associare a seborrea (pelle grassa), acne, irsutismo, alopecia androgenetica. Oltre a ciò, l’iperinsulinemia, frequentemente associata alla PCOS, provoca una manifestazione caratteristica a livello della pelle come l’Acanthosis Nigricans, cioè la presenza, soprattutto a livello delle pieghe cutanee, di una pelle ispessita, vellutata, con un colorito tendente allo scuro.

Il deficit di VitD può influenzare la fertilità nelle donne con PCOS; come ricordato precedentememte, i VDR sono presenti a vari livelli, come le cellule della granulosa dei follicoli ovarici, l’ipofisi e l’endometrio.

Anche il gene promoter dell’AMH contiene degli elementi di risposta alla VitD 9.

Per ciò che riguarda l’associazione tra VitD e PCOS, è importante ricordare come livelli inferiori di VitD sono spesso riscontrati in pazienti con PCOS e come sia stata descritta un’associazione tra bassi livelli di VitD e insulino-resistenza (con conseguente iperinsulinemia) nella PCOS; infine, bassi livelli di VitD si riscontrano di frequente in pazienti PCOS obese 10,11.

In effetti, diversi studi hanno mostrato bassi livelli di VitD nella popolazione con PCOS, con un livello medio di 25(OH)D compresi tra 11 e 31 ng/ml, anche se la maggioranza delle pazienti presenta livelli < 20 ng/ ml (67-85%) 10.

Un aspetto particolarmente interessante risulta essere il rapporto tra VitD e l’omeostasi glico-insulinica, che risulta essere basata sulla presenza di VDR a livello delle cellule beta del pancreas e del muscolo scheletrico, cellule nelle quali è presente l’enzima 1alfa-idrossilasi, che catalizza la conversione di 25(OH)D in 1,25(OH)2D; inoltre, sono presenti elementi di risposta per la VitD nel promoter del gene dell’insulina nel genere umano 12. Innanzitutto, bisogna ricordare come livelli di calcio elevati a livello intracellulare possono alterare gli effetti post-recettoriali del legame dell’insulina al suo recettore, come la defosforilazione della glicogeno-sintetasi e l’attivazione del Glucose Transporter-4 (GLUT-4). Quindi, il deficit di VitD potrebbe comportare un aumento secondario dei livelli di paratormone (iperparatiroidismo secondario), con aumento dei livelli intracellulari di calcio, così riducendo la risposta delle cellule bersaglio dell’azione dell’insulina (trasporto del glucosio). La prevalenza del deficit di VitD nelle pazienti PCOS è circa del 67-85%, con livelli sierici di 25(OH)D < 20 ng/ml 13; in tal senso, le conseguenze endocrino-metaboliche del deficit di VitD possono essere importanti nella patogenesi della PCOS, così come nella sua espressività clinica (Fig. 2).

 

Per ciò che riguarda il rapporto tra livelli di VitD e profilo metabolico nella PCOS, livelli ridotti di VitD si associano a insulino-resistenza, indipendentemente dall’indice di massa corporea (BMI) o dal rapporto vita/fianchi (Wiast/Hip Ratio, WHR) nelle donne con PCOS; interessante ricordare come via sia un aumento dei livelli di insulina in donne senza PCOS ma con deficit di VitD; il colesterolo HDL (lipoproteine ad alta densità) si correla positivamente con i livelli di VitD indipendentemente dal BMI o dal WHR 14.

Uno studio cross-sezionale ha esplorato l’associazione tra stato della VitD e la diagnosi di disturbi ovulatori/PCOS in una popolazione di 67 donne infertili in buona salute generale; come risultato, valori ridotti di VitD (normalizzati per altri fattori confondenti) sono stati evidenziati in donne con disturbo ovulatorio e PCOS in confronto alle donne con infertiltià da altra causa; peraltro, ogni unità di aumento dei livelli di VitD (normalizzata per il BMI) riduceva la probabilità di avere una diagnosi di PCOS del 96% (p = 0,015); nessuna paziente sia con disturbo ovulatorio sia con PCOS aveva livelli normali di VitD: il 39% delle donne con disturbi ovulatori e il 38% con PCOS avevano livelli sierici <15 ng/ml che indicavano deficit della vitamina 15.

Dal punto di vista dell’impatto metabolico, lo stato della VitD si correla con i marker di insulino-resistenza nella PCOS (correlazione tra deficit di VitD e HOMA-IR con p = 0,0001 e con glicemia a digiuno p = 0,047) 16.

Uno studio cross-sezionale cinese 17 condotto su 169 donne con PCOS e 114 controlli, ha riscontrato livelli inferiori di VitD nelle pazienti PCOS rispetto ai controlli (11,6 ± 7,2 vs 18,9 ± 8,4 ng/mL; p < 0,05) e livelli inferiori di VitD in pazienti PCOS con obesità o insulino-resistenza rispetto alle donne senza obesità o insulino-rersistenza (8,9 ± 3,7 vs 13,6 ± 5,3 ng/mL, p < 0,05; 7,2 ± 2,9 vs 15,8 ± 4,9 ng/mL, p < 0,01); anche altri parametri metabolici e infiammatori aveno una correlazione importante con i livelli di VitD basali (Tab. I).

 

 

Il primo studio, che ha valutato l’effetto della supplementazione di VitD nella gestione della PCOS, è stato effettuato da Thys-Jacobs et al. nel 1999; in questo studio, 13 donne con PCOS sono state trattate con 50.000 UI di ergocalciferolo a settimana o ogni 2 settimane per ottenere un livello di VitD sierico di 75-100 nmol/l; entro 2 mesi venne riportato un miglioramento della regolarità mestruale 18.

In uno studio del 2012 19, 12 donne con PCOS in sovrappeso e con deficit di VitD sono state supplementate per 3 mesi con VitD (dose giornaliera di 3.533 unità, aumentata a 8.533 unità dopo le prime 5 partecipanti) e 530 mg di calcio; dopo 3 mesi si è riscontrata una riduzione dei livelli di testosterone totale (p = 0,036) e androstenedione (seppure non in maniera significativa).

Un trial randomizzato e controllato con placebo 20 condotto su 70 donne con PCOS e deficit di VitD (< 20 ng/ml) (età compresa tra 18 e 40 anni), ha studiato 2 gruppi di pazienti: uno trattato con 50.000 unità di VitD ogni 2 settimane per 3 mesi e uno con placebo; i risultati hanno mostrato una differenza statisticamente significativa nei livelli di glicemia a digiuno (-3,1 ± 7,3 vs +0,5 ± 6,3 mg/dl, p = 0,02), nei livelli di insulina basali (-1,4 ± 3,6 vs +2,6 ± 7,0 μIU/ml, p  =  0,004) e nei livelli di HOMA-IR (-0,3 ± 0,8 vs + 0,6 ± 1,6, p = 0,003); inoltre, anche i livelli di hs-CRP risultavano significativamente più bassi (-0,7  ± 1,4 vs +0,5 ± 2,1 μg/ml; p = 0,009), così come i livelli di malondialdeide (-0,1 ± 0,5 vs +0,9 ± 2,1 μmol/l, p = 0,01).

Una metanalisi, del 2020, pubblicata da Miao et al. 21, ha preso in considerazione 11 studi (= 483 soggetti); degli 11 studi presi in considerazione, 7 riportavano tra i criteri di inclusione diagnosi di PCOS e deficit di VitD. Tale metanalisi ha mostrato come la supplementazione con VitD sia associata a riduzione del testosterone totale (differenza media: -0,10; IC  95%: -0,18, -0,02; p  =  0,02), riduzione dell’HOMA-IR (differenza media: -0,44, IC 95%: -0,86, -0,03, p = 0,04), riduzione dei livelli del colesterolo totale (differenza media:-11,90, IC 95%: -15,67, 8,13, p < 0,01), riduzione dei livelli di colesterolo LDL (differenza media: -4,54, IC 95%: -7,29, -1,80, p = 0,001).

In una metanalisi pubblicata nel 2021, condotta prendendo in considerazione 18 trial randomizzati e controllati con placebo (=  1.060 soggetti, tutti con valori medi di VitD al baseline < 30 ng/ml), Zhao et al. 22 hanno mostrato come la supplementazione con VitD aveva un impatto positivo sul profilo di tipo ormonale, ossidativo e infiammatorio nella PCOS; infatti, si riscontrava una riduzione dei livelli di testosterone totale ( IC 95%: -0,40, -0,07; p = 0,006), riduzione dei livelli di proteina C-reattiva ad alta sensibilità (hsCRP) (IC 95%: -0,73, -0,38; p < 0,00001), riduzione dei livelli di malondialdeide (IC 95%: -0,90, -0,54; p < 0,0001), aumento dei livelli di capacità antiossidante totale (IC 95%: 0,01, 0,83; p = 0,04). Ancora in questa metanalisi, si dimostra come lo schema di supplementazione più adeguata per ottenere questi risultati sia quello giornaliero con dosi ≤ 1.000 U/die, che risulta essere migliore della somministrazione settimanale, con una durata adeguata che appare essere di almeno 12 settimane.

Una recente review sistematica con metanalisi 23, condotta considerando 9 RCT (studi controllati randomizzati) (n = 1677) e 3 studi di coorte (n= 675), su pazienti infertili con deficit di VitD, ha valutato l’influenza della supplementazione con VitD sull’outcome riproduttivo, partendo dal dato che un basso livello di VitD si associa a un aumentato rischio di infertilità; ebbene, il trattamento con VitD ha aumentato significativamente il tasso di gravidanza clinica in confronto al gruppo di controllo (OR: 1,70, IC 95%: 1,24-2,34; p = 0,001); Il miglioramento del tasso di gravidanza era influenzato dal livello di VitD delle pazienti, dal tipo di preparazione somministrata, dal dosaggio totale somministrato, dalla durata del trattamento, dalla frequenza di somministrazione, e dalla somministrazione giornaliera della supplementazione di VitD. Le donne infertili (con livelli di VitD < 30 ng/ml) trattate con preparazioni mutlicomponenti con VitD o con VitD 1.000-10.000 unità al giorno per 30-60 giorni potevano avere un migliore outcome gravidico.

 

Conclusioni

La VitD svolge un ruolo fisiologico per la funzione riproduttiva femminile. In particolare, è importante mantenere uno stato vitaminico D adeguato, sia in condizioni fisiologiche normali, sia nelle donne affette da patologie ginecologiche (ad es., nella PCOS).

La valutazione dello stato vitaminico D nella salute della donna e, se necessaria, la supplementazione possono essere molto importanti nella pratica clinica.

 

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