Medicina di Famiglia e Specialistica
Nutrizione

Celiachia: in aumento le diagnosi, ma serve una migliore gestione del case-finding

7 Set 2023
celiachia

Dott.ssa Gloria Scarparo
Dietista, Dr. Schär

 

Sono 9.000 le nuove diagnosi di celiachia in Italia nel 2021, con una prevalenza della malattia dello 0,41%, secondo quanto riportato nella Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia, pubblicata a dicembre 2022, a cura della Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della Salute. Il documento offre una descrizione della situazione della celiachia in Italia, con dati relativi all’anno 2021: in totale, gli italiani con celiachia diagnosticata sono 241.729, di cui il 70% (168.385) appartenente alla popolazione femminile ed il restante 30% (73.344) a quella maschile. Questi dati mostrano un trend in crescita negli ultimi anni, che non è stato rallentato dalla pandemia da COVID-19, indice anche di una maggiore attenzione nei confronti di questa patologia. Nello stesso tempo, la prevalenza rimane ancora bassa rispetto alle attese dal confronto con i dati mondiali.

 

Le quattro forme descritte dal Ministero

Nel documento del Ministero viene sottolineato come la celiachia, una patologia di tipo autoimmunitario scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti, si presenti in maniera molto variabile, tanto da meritarsi la definizione di “camaleonte clinico”. Quattro sono le forme identificate di cui si riporta la definizione:

  • Classica (o tipica): si manifesta tipicamente durante i primi 3 anni di vita, dopo una latenza di alcuni mesi dall’introduzione di cereali contenenti glutine col divezzamento. Compaiono gradualmente inappetenza, cambiamento dell’umore, diarrea cronica, arresto/calo di peso e distensione addominale. Nei casi più eclatanti si evidenziano talora manifestazioni di tipo rachitico, edemi da ipoprotidemia, riduzione dell’attività protrombinica da carenza di vitamina K.
  • Non classica (o atipica): viene spesso osservata in bambini di età superiore ai 3 anni. È caratterizzata da sintomatologia intestinale aspecifica (es. dolori addominali ricorrenti, stomatite aftosa ricorrente, stitichezza) e/o manifestazioni extra-intestinali, quali anemia sideropenica resistente alla terapia marziale per os, stanchezza cronica, bassa statura, ritardo (più raramente anticipo) puberale, ipertransaminasemia isolata o dermatite erpetiforme.
  • Silente: tale forma, nella quale è assente una chiara sintomatologia, viene occasionalmente individuata a seguito di uno screening sierologico in soggetti a rischio (es. familiari di primo grado di celiaci o pazienti affetti da altre patologie autoimmuni). Nella celiachia silente sono presenti le stesse alterazioni sierologiche ed istologiche dei casi tipici.
  • Potenziale: è caratterizzata da un pattern sierologico tipico, in presenza di un quadro istologico intestinale normale o solo lievemente alterato. I pazienti con celiachia potenziale possono o meno presentare sintomatologia clinica, mentre il riscontro di tale condizione è frequente come risultato dello screening di popolazioni a rischio, quali familiari di primo grado di celiaci, diabetici o pazienti con altre patologie autoimmunitarie.

In particolare, per la celiachia potenziale non “esistono evidenze scientifiche che permettano di identificare un unico parametro in grado di predire al momento della diagnosi chi svilupperà nel tempo un franco danno della mucosa intestinale”.

 

Sintomi intestinali ed extra-intestinali della celiachia

Il documento del Ministero riporta una tabella (Tab. 1) che comprende tutti i sintomi riferiti alla malattia celiaca.

 

Tabella 1. Sintomi, segni e condizioni cliniche associati alla celiachia (da Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della Salute (a cura di). Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia, 2021).

 

Una malattia ancora sottostimata

È da sottolineare che il dato di prevalenza della celiachia in Italia risulta essere dello 0,41%, più basso dell’1% stimato nei Paesi occidentali. Pertanto, si ipotizza che nonostante l’aumento delle diagnosi, non si sia ancora arrivati a identificare tutti i pazienti celiaci. Volontà del Ministero è quella di identificare questi casi silenti: infatti, “la prevenzione è sempre più efficace della cura e l’Italia crede fortemente nei programmi e nei protocolli diagnostici e di follow-up come forma primaria di salvaguardia”.

A questo riguardo, il 23 maggio 2023 è stata approvata in Italia una proposta di legge per la “definizione di un programma diagnostico per l’individuazione del diabete di tipo 1 e della celiachia nella popolazione pediatrica”, che prevede uno screening sistematico della celiachia in età pediatrica, con lo scopo di individuare precocemente gli anticorpi del diabete di tipo 1 e della celiachia, iniziare i trattamenti e ridurre il rischio di complicanze.

 

La Lombardia: la regione con più diagnosi

Per quanto concerne la distribuzione geografica delle persone affette da celiachia in Italia, si fa riferimento al grafico, presente nel Rapporto al parlamento, che vede la Lombardia al primo posto e percentuali più basse nelle regioni del sud (Fig. 1).

 

 

Figura 1. Distribuzione percentuale dei celiaci in Italia (da Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della Salute (a cura di). Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia, 2021).

 

La dieta senza glutine

L’unico trattamento scientificamente valido per le persone affette da celiachia è uno stretto regime alimentare senza glutine, ovvero una dieta che prevede alimenti e bevande naturalmente privi di glutine e alimenti e bevande appositamente prodotti senza glutine.

Nella prefazione alla Relazione, Orazio Schillaci, Ministro della Salute, sottolinea che “per supportare la dieta senza glutine di chi quotidianamente vive questa condizione, il Servizio Sanitario Nazionale contribuisce all’acquisto dei prodotti senza glutine, garantisce la possibilità di usufruire di pasti senza glutine nelle mense e finanzia la formazione degli operatori del settore alimentare”.

I cereali contenenti glutine maggiormente utilizzati nella produzione degli alimenti sono:

  • tutti i cereali appartenenti al genere Triticum (es. grano tenero – triticum aestivum; grano duro – triticum durum; grano khorasan – triticum turanicum; spelta o farro grande – triticum spelta; farro o farro medio – triticum dicoccum; monococco o farro piccolo – triticum monococcum);
  • la segale;
  • l’orzo.

Resta invece una questione ancora oggetto di studi e di ricerche da parte della comunità scientifica la presenza dell’avena nella dieta senza glutine: infatti, “da un punto di vista normativo è considerata un cereale contenente glutine a causa delle frequenti contaminazioni e delle ibridazioni riscontrate, mentre, secondo le evidenze scientifiche disponibili, può essere inserita nella dieta della maggior parte dei celiaci senza effetti negativi per la salute”. La condizione per essere impiegata come ingrediente nei prodotti senza glutine specificamente formulati per celiaci è quella di avere un contenuto di glutine inferiore ai 20 ppm (test ELISA con anticorpo R538).

 

La Medicina Generale come strumento fondamentale per l’identificazione di nuovi casi

Accanto allo screening in età pediatrica, di recente approvazione, secondo le conclusioni della Relazione per aumentare il numero delle diagnosi di celiachia e “colmare il gap tra le attuali diagnosi e quelle attese”, rimane fondamentale l’identificazione di nuovi casi con la strategia del “case-finding”, cioè “avviando quindi agli accertamenti sierologici solo le persone che mostrano sintomi e segni suggestivi di celiachia e i familiari di I grado di persone già diagnosticate con celiachia e/o che presentano patologie associate alla celiachia”. Certamente si tratta di un approccio che richiede “una formazione rigorosa della classe medica, soprattutto quella territoriale, sulla celiachia e sulle caratteristiche suggestive di questa patologia, considerato che devono essere in grado di intercettare i pazienti a rischio, prescrivere il primo dosaggio degli anticorpi anti-transglutaminasi e, in caso di positività o dubbio, inviarli ai centri secondari per il completamento dell’iter diagnostico previsto dalle linee guida”.

 

 

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