Medicina di Famiglia e Specialistica
Metabolismo

Aminoacidi essenziali e glutammina: pathways metabolici convergenti per l’impiego nel paziente acuto e subacuto

1 Set 2022

da Quaderni di Medicina e Chirurgia

Massimo Negro 1, Giuseppe Cerullo 2, Giuseppe D’Antona 3

1CRIAMS – Centro di Medicina dello Sport Voghera, Università di Pavia; 2 Dipartimento di Scienze Motorie e del Benessere, Università di Napoli Parthenope; 3 CRIAMS – Centro di Medicina dello Sport Voghera, Università di Pavia
Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense, Università di Pavia

 

Casi clinici di Ilario Carta, Rosella Guggino, Francesca Mascia, Paolo Orlandoni

 

 

Introduzione

 

In molte situazioni acute e subacute clinicamente rilevanti la disponibilità di aminoacidi, in particolare di aminoacidi essenziali (Essential Amino Acids, EAA) e di glutammina, rappresenta una condizione di primaria importanza, sia ai fini dell’accelerazione dei processi di recupero cellulare e funzionale, sia per l’accorciamento del tempo di degenza nelle strutture ospedaliere e residenziali a loro dedicate. Questa necessità poggia il suo fondamento nei meccanismi molecolari di regolazione che queste fonti aminoacidiche hanno nei confronti dei processi di sintesi proteica a diversi livelli (cellulari, tissutali e d’organo), con particolare riferimento all’organo muscolare e alle cellule del sistema immunitario.

Il muscolo scheletrico, che costituisce circa il 45% del peso corporeo in età adulta e circa il 25% in età pediatrica, è un “organo” omeostatico fondamentale per il controllo metabolico dell’intero organismo e questo ruolo si estrinseca compiutamente soprattutto in presenza di manifestazioni cliniche acute e subacute. La massa muscolare regola, infatti, il bilancio aminoacidico di organi e tessuti, la disponibilità di nutrienti, specie di glucidi, fungendo da accettore/donatore di questi e contribuisce al mantenimento del bilancio energetico e al controllo metabolico generale dell’organismo. La centralità della funzione muscolare nel controllo metabolico, sotto la spinta di segnali locali e sistemici, evidenti in alcuni interplay individuati (come muscolo-fegato, muscolo-cervello e muscolo-intestino), si manifesta in tutta la sua importanza soprattutto quando coesista un certo livello di immobilizzazione. Quest’ultima, infatti, è capace d’innescare rapide variazioni quali-quantitative della massa muscolare, portando velocemente a disregolare gli interplay muscolo-organo e alla perdita del controllo metabolico globale del paziente. In queste situazioni la disponibilità di EAA e di glutammina rappresenta un elemento critico, contestuale ai processi di guarigione. Diverse evidenze sperimentali sottolineano da tempo come gli EAA abbiano un ruolo centrale nell’organismo, non soltanto legato alla nota funzione strutturale muscolare, ma anche a quella di controllo nei confronti di numerose e complesse vie biosintetiche sottocellulari, fondamentali per il mantenimento del metabolismo cellulare in tutti i tessuti. La glutammina è nota per esercitare una funzione pleiotropica di aminoacido non essenziale, essendo possibile una sua sintesi endogena, diventando, tuttavia, aminoacido “condizionatamente” essenziale, in particolare a livello gastrointestinale e immunitario, in presenza di manifestazioni acute ipercataboliche, specie infiammatorie, in quanto subisce rapidi processi di dismissione muscolare ed epatica, trasformandosi in un fattore “limitante” al mantenimento di numerose funzioni fisiologiche cellulari.

Se quindi, da una parte, un’adeguata disponibilità di EAA rappresenti un prerequisito fondamentale per lo stimolo delle sintesi proteiche, garantendo un adeguato trofismo del muscolo scheletrico (endpoint primario in qualsiasi trattamento), dall’altro la disponibilità di glutammina rappresenta una conditio sine qua non per preservare i livelli di glutammina muscolare (fonte elettiva di glutammina nell’organismo), fondamentali per l’utilizzo massivo di glutammina in condizioni critiche acute e subacute da parte di tessuti consumatori (ma non produttori) di glutammina, come il sistema immunitario, l’intestino o la pelle.

In questa monografia discuteremo le vie fisiologiche molecolari convergenti legate all’utilizzo combinato di EAA e glutammina, sotto forma di alimenti a fini medici speciali, in presenza di situazioni di perturbazione metabolica acuta e subacuta dei meccanismi biosintetici cellulari, associate a invecchiamento, disuso e immobilizzazione, per favorire l’accelerazione dei processi di guarigione.

 

 

Muscolo, metabolismo e nutrizione: la supplementazione con EAA e glutammina nel paziente acuto e subacuto

 

Sin dagli inizi degli anni ’60 è noto che, in assenza di un adeguata assunzione di nutrienti, il profilo aminoacidico plasmatico è assicurato a scapito delle proteine muscolari, le quali fungono da serbatoio principale 1. Di conseguenza, per il mantenimento della struttura e funzione di tessuti e organi, così come dell’omeostasi glucidica plasmatica, la massa muscolare risulta essere un fattore critico. È intuibile quindi che in condizioni fisiologiche ottimali, il mantenimento della massa muscolare, garantito dall’apporto proteico che bilancia la perdita aminocidica del periodo post-assorbitivo, permette la conservazione dell’omeostasi proteica corporea. Diversamente, in presenza di condizioni acute o subacute di interesse clinico, specie se associate a ipomobilità o immobilità, le perdite di massa muscolare possono assumere un rilievo quantitativo assai importante e questo si ripercuote a cascata sulle capacità funzionali del soggetto, sul controllo metabolico sistemico e sulla funzione di riserva aminoacidica, fondamentali per il mantenimento dei processi cellulari di altri organi e tessuti 2. Inoltre, l’infiammazione locale e sistemica che accompagna queste condizioni, associata a un evidente iperconsumo aminoacidico a vari livelli, immunitario in particolare, aggrava ulteriormente la perdita di controllo metabolico e l’ipercatabolismo proteico, con maggiore espressione nei soggetti più anziani, soprattutto se in presenza di contestuali malattie croniche 1.

Sulla base di quanto esposto, mantenere e/o ripristinare rapidamente la massa muscolare in pazienti acuti o subacuti, fornendo loro un adeguato supporto alle deplezioni aminoacidiche, costituiscono approcci cruciali per una positiva evoluzione clinica di malattia. Questo è possibile attraverso l’adozione di un programma nutrizionale che comprenda un ottimale apporto aminoacidico, nel quale spicca il ruolo fondamentale degli EAA e della glutammina.

 

 

Aminoacidi essenziali

 

Metabolismo

L’uomo è in grado di sintetizzare soltanto undici dei venti aminoacidi, i quali vengono resi disponibili per le esigenze biosintetiche a partire da composti precursori. I restanti nove aminoacidi (leucina, isoleucina, valina, istidina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina e triptofano) devono essere assunti con la dieta e per questo definiti essenziali (EAA).

Gli aminoacidi possono essere degradati in composti carboniosi, producendo H2O e CO2, e utilizzati per la gluconeogenesi. La degradazione ossidativa degli aminoacidi produce il 10-15% dell’energia totale nei mammiferi con formazione di sette intermedi metabolici. Sulla base del destino di questi intermedi, gli aminoacidi possono essere ulteriormente suddivisi in gluconeogenici, catabolizzati in piruvato, a-chetoglutarato, succinil-coA, fumarato, ossalacetato, precursori del glucosio e in chetogenici, catabolizzati in acetil CoA e acetoacetato, precursori di acidi grassi e corpi chetonici. Tra gli EAA, leucina, isoleucina e valina sono a catena ramificata (Branched-Chain Amino Acids, BCAA). Una delle peculiarità dei BCAA risiede nel fatto che non essendo metabolizzati a livello epatico sono utilizzati principalmente dal tessuto muscolare scheletrico e adiposo. L’aumento della disponibilità di BCAA nelle cellule muscolari scheletriche, conseguente a breakdown proteico (per esercizio e/o digiuno), stimola la loro transaminazione a livello mitocondriale, grazie all’enzima BC-amino-transferasi (BCAT), con formazione di a-ketoacidi (BCKAs) che entreranno poi nel ciclo di Krebs sotto forma di isobutirril-CoA, metilbutirril-CoA e isovaleril-CoA.

 

EAA e funzione muscolare

Il mantenimento o le variazioni di massa di un tessuto, come quello muscolare, è il risultato di un delicato e complesso equilibrio tra sintesi (Muscle Protein Synthesis, MPS) e catabolismo proteico cellulare (Muscle Protein Catabolism, MPC), che vede il coinvolgimento di numerose vie subcellulari di segnale strettamente interconnesse tra loro e che rendono possibile una condizione di reciproco controllo, interazione e condizionamento 3. Per comprendere queste interazioni, il focus deve orientarsi in primis sui processi di traslazione e di elongazione degli RNA, rigorosamente regolati in condizioni fisiologiche e alla base dei meccanismi di sintesi. Un ruolo fondamentale su questi processi è fisiologicamente svolto dalla chinasi target per la rapamicina nel mammifero (mammalian Target Of Rapamycin, mTOR) nota per formare due diversi complessi, mTORC1 e mTORC2, in base alla proteina di legame. mTOR legata a raptor (regulatory associated protein of mTOR) forma mTORC1 (Fig. 1), inibito dalla rapamicina, mentre mTORC2 ha un ruolo solo parzialmente chiarito e non direttamente riferibile alle sintesi. Quattro input principali regolano mTORC1, cooperando o antagonizzandosi a vicenda (nutrienti, in particolare aminoacidi e glucosio; fattori di crescita, ad esempio insulina, Insulin-like Growth Factor-1 (IGF-1); stato energetico, bilancio cellulare AMP/ATP; stress, ad esempio il carico meccanico), attraverso diverse vie di segnale. mTORC1 ha anche un ruolo centrale nel controllo glicemico, attraverso meccanismi insulino-dipendenti e indipendenti, con un importante interplay tra funzione aminoacidica e insulinica 4. Gli EAA inducono aumento delle sintesi proteiche nel muscolo attraverso un processo energeticamente costoso, accompagnato da un maggiore assorbimento di glucosio e da un aumento dei relativi recettori (GLUT4) (Fig. 1). A questo si associa un aumento della funzione insulinica, la cui azione viene rinforzata dalla leucina, in grado di agire sul recettore insulinico (Insulin Receptor, IR). Infatti, l’esposizione cellulare a leucina induce fosforilazione di IR e del target a valle (IRS1), il quale attiva la via di segnale PI3K/Akt (sulla quale agisce anche l’insulina), stimolando l’uptake di glucosio, come dimostrato in vitro e in vivo. L’uptake di glucosio per stimolazione da leucina sembra essere una via importante, ed è stato dimostrato, almeno nel piccolo animale, come questa si mantenga anche in seguito a blocco del segnale PI3K, suggerendo l’esistenza di meccanismi insulino-indipendenti (Protein Kinase C, PKC). Anche isoleucina e valina possono stimolare l’uptake di glucosio, come osservato almeno in modelli cellulari in vitro.

 

 

Sebbene la pletora di dati presenti in letteratura indichi come l’interazione tra EAA e insulina sulle vie di segnale possa avere un effetto metabolico benefico, non si esclude che la disregolazione della funzione catabolica dei BCAA, fortemente condizionata da vari fattori (dieta, ormoni, livello di esercizio, eccetera), possa associarsi a una evoluzione sfavorevole di questa interazione. Infatti, un difetto del catabolismo di questi aminoacidi, attraverso una ridotta espressione degli enzimi catabolici come nel caso dell’obesità, si correla a resistenza insulinica. Il quadro che sembra emergere trova un focus importante nella disregolazione di vie di segnale che coinvolgono PGC1-a e PPAR, le quali controllano l’espressione degli enzimi catabolici dei BCAA, la disponibilità intracellulare di aminoacidi, il metabolismo ossidativo (attraverso la mitocondriogenesi) 5, la disponibilità di glucosio e la sensibilità all’insulina. È noto, infatti, come un eccesso di esposizione cellulare ai lipidi, attraverso la depressione della funzione di PGC1-a e PPAR, conduca all’accumulo di BCAA in circolo e a livello intracellulare, rappresentando la spia di un processo perturbativo assai importante dello stato energetico cellulare piuttosto che di un’azione diretta di un eccesso di BCAA sulla sensibilità insulinica. Tale affermazione è dimostrata dal fatto che le supplementazioni di BCAA nello sportivo, ovvero in presenza di un’aumentata espressione e funzione di PGC1-a, non siano mai state associate a insulino-resistenza.

Nonostante la leucina venga descritta come il più efficace dei tre BCAA nello stimolare MPS, anche isoleucina e valina svolgono un ruolo importante. Non appena, infatti, la presenza degli altri due BCAA è scarsa, indipendentemente della quantità di leucina disponibile nel muscolo, la crescita muscolare viene inibita. Inoltre, essendo la presenza di tutti gli EAA necessaria ai fini della sintesi proteica, una supplementazione esclusiva con dosi elevate di BCAA generebbe meccanismi di trasporto competitivo con altri aminoacidi, riducendone di fatto la disponibilità intramuscolare 6. Per tale motivo un supplemento che garantisca la presenza di tutti gli EAA rappresenta il fondamento razionale da impiegare in diverse patologie metaboliche acute e subacute, sia allo scopo di tamponare gli effetti di sbilanciamento delle sintesi e di aumento del catabolismo proteico muscolare, sia per sopperire a deficit di trasporto intracellulare.

 

EAA e mTOR: ruolo molecolare nella regolazione della sintesi proteica muscolare

mTORC1 promuove MPS attraverso l’azione su effettori a valle. Uno di questi è elF4E binding protein-1 (4E-BP1), considerato un regolatore chiave della proliferazione cellulare, che disinibisce l’eukaryotic factors complex eIF4F, il quale media fisiologicamente l’inizio della traslazione. Quando 4E-PB1 è attivo blocca il legame di elF4E a eIF4G, precludendo di fatto il legame dell’mRNA al ribosoma. La fosforilazione di 4E-BP1 da parte di mTORC1 lo dissocia da eIF4E, che può quindi sviluppare un complesso con eIF4F, consentendo l’interazione con la subunità ribosomiale 43S che a sua volta lega diversi mRNA. mTORC1 è inoltre responsabile dell’attivazione di una seconda chinasi a valle, ovvero pS6K1. In seguito a fosforilazione da parte di mTORC1, pS6K1 aumenta la traslazione e l’elongazione di nuovi mRNA, regola la sintesi delle subunità S6 e 40S del ribosoma e attiva i cofattori eIF4B ed eIF4A. Una volta attivati, eIF4B e S6 possono associarsi al complesso di inizio della traslazione, promuovendo questo processo. Numerosi sono quindi i meccanismi molecolari innescati dall’attivazione di mTORC1 (rimandiamo a 3 per ulteriori approfondimenti) che definiscono il suo ruolo centrale e fondamentale nel regolare la traslazione e la biogenesi ribosomiale, passaggi chiave per la sintesi delle proteine.

Consolidate evidenze dimostrano come gli EAA siano regolatori essenziali della sintesi proteica muscolare (ivi compresa quella mitocondriale), agendo in maniera indiretta sulla traslocazione di mTORC1 dal lisosoma al citoplasma, con possibile successiva attivazione. Questi effetti si sviluppano in maniera indipendente dai cambiamenti della concentrazione di ormoni anabolizzanti, sebbene l’insulina sembri possedere un ruolo di facilitazione. Attualmente si ritiene che nel periodo postprandiale l’aumento significativo dell’efficienza traslazionale sia da attribuire almeno in parte ai BCAA, attraverso l’attivazione di mTORC1, mentre questi aminoacidi non sono necessari per attivare il complesso mTORC2. In particolare, la presenza di leucina aumenta notevolmente la sintesi proteica in concomitanza con l’iperattivazione della chinasi 1 p70S6 e di eIF-4EBP1. Il trattamento con rapamicina inibisce la sintesi proteica, indipendentemente dalla somministrazione di leucina, abolendo completamente l’attivazione delle chinasi. Tuttavia, la rapamicina non è in grado di bloccare completamente la segnalazione di mTORC1 attivata dai BCAA, suggerendo come l’anabolismo dipendente dai BCAA possa interagire su altre vie di segnalazione, potenziandone l’efficacia. Tali vie potrebbero includere l’azione inibitoria dei EAA, soprattutto della leucina, ma probabilmente anche di isoleucina, valina e metionina, sulle vie inibitorie che regolano l’azione del complesso GATOR2, il quale inibisce GATOR1, permettendo così di mantenere attivo il reclutamento lisosomiale di mTORC1 7.

 

 

Dosaggi e sicurezza

 

Non sono molti gli studi che hanno valutato nell’uomo gli effetti della supplementazione con BCAA o EAA al di sopra dell’Estimated Average Requirement (EAR). Nessun effetto avverso è stato, tuttavia, riportato da lavori nei quali dosi sovrafisiologiche di BCAA sono state somministrate a soggetti sani (da 9,75 g/die a 14,4 g/die). Anche studi su pazienti affetti da encefalopatia epatica e trattati con BCAA alla dose di 240 mg/kg/die per 6 mesi non hanno fatto rilevare effetti avversi. Sulla base dei dati disponibili si ritiene che la supplementazione di BCAA sia tra le meglio tollerate, con un elevato livello di sicurezza per dosi fino a oltre tre volte l’EAR. Il più importante fattore dietetico che può impattare sulla tolleranza ai BCAA sembra essere il contenuto in proteine della dieta. Da questo punto di vista, i pazienti dismetabolici cronici che utilizzano proteine e/o integratori di EAA a lungo termine (> 3 mesi) potrebbero richiedere una valutazione della funzione renale. Su tale aspetto, da sempre, la letteratura offre dati controversi e i clinici sono spesso restii a consigliare questi integratori a pazienti con rischio di danno renale. I dati disponibili indicano, tuttavia, che almeno fino a 3 mesi continuativi di supplementazione con EAA (8 g/die) non ci sono effetti negativi sulla funzione renale 8 e, inoltre, come è noto da tempo, l’utilizzo di EAA, e soprattutto BCAA, viene impiegato per la correzione del profilo aminoacidico plasmatico in pazienti in dialisi, con effetti positivi sulla proteinuria e sul ritardo della progressione della malattia renale 9.

 

 

Ruolo degli EAA nel trattamento delle patologie acute e subacute

 

EAA nella riabilitazione muscolare

Lo stato nutrizionale del paziente all’atto del ricovero viene da tempo considerato un fattore predittivo degli esiti post-operatori, essendo in grado d’influenzare l’andamento dei programmi di recupero funzionale. Un consumo proteico adeguato con un buon apporto di EAA è fondamentale per affrontare la risposta allo stress chirurgico e l’immobilizzazione, riducendo la perdita di massa muscolare, forza e funzionalità. Dopo 14 giorni di inattività (bed rest), è stato, infatti, osservato come adulti di mezza età (circa 50 anni) perdano da due a tre volte più massa appendicolare rispetto a soggetti più giovani (circa 30 anni) 10; tali perdite sono addirittura superiori nei pazienti più anziani, soprattutto in presenza di un inadeguato apporto di EAA, portando velocemente a una significativa atrofia muscolare, con conseguente riduzione dell’autonomia fisica e aumento del rischio di mortalità 11. I meccanismi alla base del catabolismo accelerato sono vari e complessi (vedi paragrafo “glutammina nella riabilitazione muscolare acuta e subacuta”) e si innescano fin dai primi giorni di immobilizzazione, soprattutto se successivi a intervento chirurgico 10.

In soggetti ospedalizzati e immobilizzati, l’utilizzo di EAA in condizioni acute e subacute suggerisce risultati piuttosto promettenti. In soggetti anziani sani sottoposti a 10 giorni di allettamento la supplementazione di 15 g di EAA tre volte die, abbinata a una dieta contenente 0,8 g/kg/die di proteine, ha ridotto significativamente sia la perdita di peso corporeo (1,59 ± 0,18 kg gruppo EAA vs 2,66 ± 0,51 kg gruppo placebo), sia la perdita di funzionalità muscolare (misurata con “stair test”). La supplementazione ha, inoltre, mantenuto inalterata la sintesi proteica muscolare nel corso dei 10 giorni, misurata come sintesi proteica frazionale (Fractional Synthetic Rate, FSR), mentre nel gruppo placebo la FSR si è ridotta del 30% 12. La supplementazione di EAA (4 g due volte die) si è rivelata utile anche in soggetti anziani sarcopenici, durante un periodo di riabilitazione motoria della durata di 2 mesi (dopo frattura dell’anca), portando a guadagni significativamente maggiori di forza, performance fisica e qualità della vita rispetto all’approccio convenzionale (dieta ed esercizio). Questo è un dato molto importante se si considera che le fratture dell’anca sono le più comuni fratture da fragilità osteoporotica nell’anziano, richiedono ricovero in ospedale e sono caratterizzate da un elevato rischio di mortalità (33% a 1 anno) 11. Il consumo di EAA può essere particolarmente vantaggioso durante il periodo post-chirurgico nel corso della riabilitazione osteo-muscolare. Questo approccio ha una valenza anche pratica dal momento che risulta molto difficile raggiungere attraverso la dieta gli apporti proteici indicati in letteratura per questi protocolli (1,6 g/kg/die e fino a 2,0-3,0 g/kg/die, assicurando 20‑40 g di proteine per pasto) a causa di un appetito spesso ridotto, soprattutto nei soggetti anziani più fragili 11,13. In presenza di condizioni acute o subacute associate a malnutrizione, specie nel soggetto anziano e a maggior ragione se in presenza di pregresse condizioni croniche, l’attuazione di un programma di supplementazione aminoacidica allo scopo di migliorare i parametri di massa magra, forza e funzione muscolare chiede assunzioni giornaliere di EAA 10 g 14.

 

EAA nel trattamento di pazienti oncologici

Nel campo dell’oncologia è ben noto che la diminuzione della massa, della forza o della funzione del muscolo scheletrico sono associate a un aumento della tossicità del trattamento, delle complicanze postoperatorie, nonché a una più rapida progressione della malattia e aumentata mortalità 15. Si stima che tra il 40 e l’80% dei malati di cancro siano malnutriti nel corso della malattia, con possibili ripercussioni sugli esiti dei trattamenti, recupero delle ferite e aumentato rischio di complicanze postoperatorie 16. Inoltre, lo stato infiammatorio esacerbato, tipico dei malati oncologici, ha un effetto anoressizzante che favorisce ulteriormente la riduzione di peso corporeo nel soggetto.

La grave perdita di massa muscolare è un problema noto in oncologia che identifica una sindrome multifattoriale conosciuta come cachessia neoplastica, caratterizzata essenzialmente da un bilancio energetico, ma soprattutto proteico, negativo. Tra i motivi della perdita di muscolo c’è un maggiore sequestro splancnico di aminoacidi, in particolare di EAA, per supportare l’attività del fegato durante la sostenuta risposta infiammatoria 17. Chiaramente, fungendo da principali serbatoi aminoacidici, i muscoli vengono impoveriti per sostenere l’aumentata richiesta sistemica di EAA, e tra questi di BCAA, con significativo loro depauperamento. Inoltre, l’aumento della richiesta energetica può sovraregolare la disgregazione proteica muscolare ai fini di fornire substrati aminoacidici per la sintesi di glucosio e glicogeno, causando un’ulteriore perdita di massa muscolare scheletrica 18. A questo quadro si associano i trattamenti antitumorali e le alterazioni metaboliche dovute alla malattia che possono modificare negativamente l’assorbimento, la digestione o l’utilizzo degli aminoacidi, alterandone i fisiologici profili plasmatici 17. Infine, evidenze emergenti, indicano come la responsività anabolica al signalling aminocidico sia significativamente ridotta nel paziente oncologico (fenomeno della resistenza anabolica). Per questi motivi il fabbisogno proteico nei soggetti con diagnosi di cancro è necessariamente maggiore rispetto a quello previsto per i soggetti sani (1,2-2,0 g/kg/die), soprattutto quando coesistano altri fattori che peggiorano il rimodellamento muscolare aumentando i processi catabolici, come la sedentarietà e altre condizioni età correlate 19. La resistenza anabolica può essere contrastata grazie all’uso di miscele aminoacidiche ricche in leucina. Dati iniziali sembrano, infatti, suggerire come la supplementazione di EAA possa rappresentare un importante strumento per il contenimento della cachessia neoplastica 20, con effetti muscolari e sistemici. In tal senso, in uno studio randomizzato di fase II che ha coinvolto 25 soggetti cachettici con cancro in fase avanzata, la somministrazione 8 g/die di EAA per 8 settimane è stata associata al mantenimento della massa muscolare residua, a un aumento significativo della forza e dell’albumina sierica totale, con una diminuzione dei livelli ematici di specie reattive dell’ossigeno (Radical Oxygen Species, ROS) 20.

 

EAA nello scompenso cardiaco acuto

La disponibilità plasmatica di aminoacidi è cruciale per il normale funzionamento del cuore. Il tessuto miocardico utilizza aminoacidi per le sintesi, regolate, oltre che dalla loro disponibilità, anche dalla presenza di ossigeno e di ormoni anabolici. Gli aminoacidi aumentano, inoltre, il consumo energetico così come l’ossidazione del glucosio nei cardiomiociti, stimolando la bioenergetica mitocondriale 21. Tali effetti sembrano maggiormente ascrivibili ai BCAA, importanti sia come substrati energetici locali, essendo la loro transaminazione a livello miocardico tre volte superiore a quella che si riscontra nel tessuto muscolare scheletrico, sia come effettori anabolici primari, coinvolgendo l’azione di mTORC1 nella regolazione di MPS a livello cardiaco.

Benché alcuni aspetti rimangano per certi versi ancora enigmatici, in generale le malattie cardiovascolari si associano a un difetto del metabolismo cardiaco degli aminoacidi, soprattutto BCAA, con ripercussioni sui loro livelli circolanti. Nei pazienti con scompenso cardiaco cronico (SCC) è stata, infatti, osservata una ridotta concentrazione plasmatica di EAA e BCAA, fattore che è stato correlato alla gravità della malattia. Questo riscontro clinico sembra essere frutto di un ipercatabolismo aminoacidico nel tessuto miocardico, implicato nella patogenesi dell’insufficienza cardiaca, ed è associato a elevati livelli di stress ossidativo con profondi cambiamenti metabolici a carico del cuore.

Mentre sono maggiormente noti i dati circa l’utilizzo di EAA in soggetti con SCC 22, anche in relazione al mantenimento della massa muscolare in questi pazienti, dato che lo SCC causa profondi cambiamenti disfunzionali nel muscolo scheletrico, aggravando il quadro della disabilità fisica, sono, invece, ancora lacunosi gli studi in letteratura che hanno esaminato gli effetti EAA nei pazienti con scompenso cardiaco in fase acuta o subacuta. Tuttavia, acquisizioni recenti sull’impiego di BCAA nelle riacutizzazioni potrebbero aprire nuove prospettive d’impiego per gli EAA anche nelle fasi più critiche della malattia. Infatti, secondo quanto riportato da uno studio multicentrico, prospettico e randomizzato su pazienti ospedalizzati per esacerbazione dello scompenso cardiaco, la supplementazione con 12 g/die di BCAA (suddivisi in tre dosi da 4 g), per almeno 7 giorni (in aggiunta alla normale terapia di routine), ha fatto riscontrare un miglioramento significativo dell’albumina sierica e di alcuni outcome clinici a essa correlati (come peso corporeo, livelli di colinesterasi e rapporto cardiotoracico) dopo 28 giorni di monitoraggio 23. I risultati di questo studio sono molto incoraggianti se si considera che l’ipoalbuminemia nei pazienti con insufficienza cardiaca acuta è una complicanza molto diffusa (che colpisce fino al 52% dei soggetti), la quale si correla al peggioramento clinico della malattia 24,25.

 

EAA in immunologia

L’utilizzo di EAA viene discusso in diversi contesti clinici che coinvolgono il sistema immunitario. Infatti, queste sono molecole fondamentali sia per sostenere il metabolismo energetico e la sintesi di proteine nelle cellule immuno-competenti, sia per ridurre MPC e promuovere MPS a livello muscolare (come descritto nei paragrafi precedenti), con ripercussioni positive sull’intero assetto immunologico. Da questo punto di vista è fondamentale il ruolo dei BCAA che, essendo donatori di azoto e di scheletri carboniosi, sono precursori (leucina in particolare) per la sintesi di glutammina, importante substrato trofico-energetico per le cellule immunitarie.

Lavori interessanti sull’utilizzo degli EAA provengono da contesti residenziali con soggetti anziani ricoverati e a significativo rischio di sviluppare infezioni (segnalate in oltre l’80% dei casi) per varie cause: ridotta immunocompetenza legata alle strutture di provenienza (reparti medici e chirurgici acuti), risposta infiammatoria subacuta/post-acuta, trasfusioni peri-operatorie, lungodegenza e malnutrizione. Su questi pazienti la somministrazione di 8 g/die (4 g mattino + 4 g pomeriggio) di EAA per 30 giorni si è dimostrata capace di ridurre del 30% il tasso complessivo di tutte le infezioni registrate (da piaghe, basse vie respiratorie, urinarie, gastrointestinali) 26. Al di là di un effetto metabolico-nutrizionale generale, sono state avanzate alcune ipotesi alla base dei possibili meccanismi d’azione: 1) un effetto migliorativo degli EAA sulla proliferazione dei linfociti e del sistema fagocitario monocito-macrofagico; 2) un aumento della sintesi di glutammina; 3) uno stimolo proliferativo dato dalla presenza di metionina, donatore di metili (substrati per la produzione di basi nucleotidiche).

Gli effetti immunitari dei mix contenenti EAA trova giustificazione nella presenza di BCAA 27. Infatti, la carenza in BCAA nella dieta riduce significativamente la produzione di linfociti e aumenta in generale la suscettibilità ai patogeni. La supplementazione di BCAA in soggetti immuno-compromessi (cirrotici) ha dimostrato di ripristinare la funzione fagocitaria dei neutrofili e l’attività citotossica specifica delle cellule Natural Killer (NK). Inoltre, varie evidenze indicano come i BCAA possano migliorare diversi aspetti dell’immunità innata e acquisita, potenziando la capacità di difesa dell’ospite attraverso diversi meccanismi: 1) la produzione di IgA secretorie, a protezione delle superfici mucose; 2) la sintesi di Ig intestinali; 3) la modulazione di citochine pro-infiammatorie; 4) lo stimolo del sistema antigene-presentante; 5) il ripristino della capacità dei monociti circolanti di proliferare in risposta ai mitogeni, dopo stress fisico importante (esercizio intenso su lunga distanza), associato a immunosoppressione.

Recentemente, infine, alcuni autori hanno iniziato a delineare un possibile interplay tra microbiota intestinale (MI) e EAA 28. L’equilibrio del MI è importante sia per il suo ruolo di barriera meccanica, impedendo l’assorbimento di endotossine luminali che, una volta entrate in circolo ematico, possono scatenare risposte infiammatorie sistemiche, sia perché insieme ai grandi sistemi di regolazione (immunologico, endocrino, nervoso) controlla la produzione di ormoni, neurotrasmettitori e citochine. Per il mantenimento del benessere del MI gli aminoacidi svolgono un ruolo primario in quanto substrati e fonti di azoto per la fermentazione microbica nel colon. Inoltre, la loro presenza a livello intestinale stimola la produzione di b-defensine mucosali, prodotte dalle cellule epiteliali e facenti parte dell’immunità innata. L’importanza di una supplementazione con EAA a supporto del MI in situazioni ospedaliere acute/subacute, benché non vi siano dati certi in merito al dosaggio da impiegare, può essere ricercata attraverso evidenze che sottolineano come in pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica 29 le caratteristiche del MI possano essere perturbate successivamente all’intervento, con variazione nella composizione di alcune popolazioni microbiche normalmente residenti (in particolare, Bacteroidetes, Proteobacteria phyla e Firmicutes), e come questo si associ a una riduzione post-chirurgica dei livelli plasmatici di BCAA.

 

EAA nella terapia intensiva

La riduzione del trofismo muscolare nei pazienti ricoverati nelle unità di terapia intensiva (Intensive Care Unit, ICU) è motivo di notevole preoccupazione essendo questo un predittore indipendente di mortalità ospedaliera e disabilità fisica a 5 anni dal ricovero 30. È stato, infatti, osservato come questi soggetti mediamente perdano tra l’1 e il 2% di massa magra al giorno 30,31, manifestando grave debolezza muscolare, e questo deve far pensare come sia assolutamente necessario istituire trattamenti tempestivi di nutrizione enterale (laddove possibile), in particolare basati sulla somministrazione di EAA, per ridurre la proteolisi e stimolare la sintesi proteica 32. Uno studio randomizzato su pazienti in ICU, successivamente a intervento per emorragia cerebrale 33, suggerisce, infatti, come l’infusione enterale di EAA (pari al 20% dell’apporto proteico giornaliero stimato), entro 36 ore dal ricovero e per i 14 giorni successivi, possa diminuire la mortalità in questi pazienti (60% gruppo EAA vs 77% gruppo di controllo), riducendo i tempi di permanenza in ICU, i giorni di ventilazione meccanica e l’insorgenza di infezioni. A sottolineare l’importanza di assicurare un adeguato rifornimento proteico giornaliero a pazienti in condizioni critiche (anche attraverso l’utilizzo di EAA) sono, inoltre, i risultati di uno studio retrospettivo (durato da gennaio 2011 a dicembre 2015) su una coorte di 455 soggetti sottoposti ad almeno 7 giorni di ventilazione meccanica che fanno emergere come la più bassa mortalità registrata a 6 mesi si possa riscontrare aumentando l’assunzione di proteine da < 0,8 g/kg/die (per i primi 2 giorni) a 0,8‑1,2 g/kg/die (tra il 3° e il 5° giorno), per arrivare ad almeno 1,2 g/kg/die a partire dal 5° giorno in ICU 34.

Oltre alle perdite di massa muscolare, in molti pazienti in ICU (30% circa) l’insorgenza di piaghe da decubito (PdD) è fino due volte più frequente rispetto ai pazienti ricoverati in altri reparti, contribuendo alla loro mortalità precoce 35. La formazione di PdD è legata alla perdita di peso e alla malnutrizione, così come riscontrato in altre condizioni (infezioni gravi, traumi, ustioni), ed è fortemente associata a ipercatabolismo, il quale viene aggravato anche dalle perdite di proteine attraverso l’essudato delle ferite che interferisce sulla sintesi del collagene e sul loro processo di guarigione. Oltre a questo, le ferite in sé comportano anche un’elevata probabilità di contaminazione da parte di microrganismi, sviluppo di infezioni locali e sepsi. Per la prevenzione e il trattamento delle PdD le linee guida emanate dall’European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP) e dall’American College of Physicians (ACP) raccomandano un apporto proteico giornaliero incluso tra 1,5 e 2,0 g/kg/die, e fino a 2,2 g/kg/die per le ferite più gravi ed estese 36, con utilizzo di supplementi a base di EAA, nonostante non sia ancora stato individuato un dosaggio ottimale a tale scopo 36. L’impiego di miscele aminoacidiche permette di ridurre fino al 25% lo sviluppo di PdD in pazienti a rischio 37 e ne migliora l’efficacia di trattamento indipendentemente dalla presenza di quadri di malnutrizione, come ha mostrato uno studio multicentrico randomizzato e controllato su pazienti normonutriti, nel quale la supplementazione orale di miscele proteiche ricche di aminoacidi (20 g tre volte die x 8 settimane, in aggiunta alla dieta) ha permesso di velocizzare la guarigione delle ferite 38.

 

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