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Psicologia, psichiatria

La psichiatria sociale in Italia

1 Ott 2020

Questo volume viene pubblicato in un momento particolarmente propizio per la psichiatria sociale. Infatti, nell’ambito di quell’andamento ciclico che storicamente ha sempre caratterizzato tale disciplina, questa è una fase in cui la psichiatria sociale è tornata prepotentemente in auge a livello mondiale.

Ad una lettura superficiale, potrebbe sembrare che il rilancio della psichiatria sociale sia legato alla crisi del modello neo-kraepeliniano e della ricerca psicobiologica, che non sono riusciti a realizzare quanto promesso negli anni Settanta, Ottanta e Novanta. Ma, probabilmente, la realtà è molto più complessa. Infatti, gli stessi recenti progressi della ricerca psicobiologica, che sicuramente ci sono stati, hanno contribuito a evidenziare la complessità dell’interazione tra fattori sociali e biologici nella genesi di tutti i disturbi mentali, compresi quelli – come la schizofrenia o il disturbo bipolare – che tradizionalmente erano considerati a genesi esclusivamente o prevalentemente biologica.

Questa ricerca più recente, invece, sta rendendo labile il confine tra ciò che è sociale e ciò che è biologico. Si pensi, ad esempio, agli eventi traumatici precoci di abuso fisico o sessuale, che oggi sappiamo essere un fattore di vulnerabilità per molti disturbi mentali. Si tratta naturalmente di fattori psicosociali; però, noi oggi sappiamo che i traumi precoci sono in grado di influire anche sullo sviluppo della struttura stessa del cervello, nonché sull’espressione di alcuni geni, contribuendo in questo modo a rendere l’individuo vulnerabile ai nuovi eventi stressanti a cui andrà incontro nel corso della vita. Si tratta dunque di una vulnerabilità sociale, biologica, o dell’uno e dell’altro?

Al rilancio della psichiatria sociale hanno contribuito, naturalmente, anche i grandi avvenimenti mondiali di questi ultimi decenni, dalla crisi economica alle migrazioni di massa, dalla globalizzazione ai disastri naturali, fino al diffondersi dei nuovi mezzi di comunicazione. Tutto ciò ha messo in risalto il ruolo dei fattori sociali non soltanto nella genesi di una serie di disturbi mentali, ma anche nel determinare più in generale il livello di salute mentale nell’intera popolazione.

Ma a forgiare la nuova psichiatria sociale ha contribuito anche un altro fattore di cui si parla molto meno, che è la crisi delle ideologie. La psichiatria sociale di oggi è molto meno incline di quella di un tempo a certe prese di posizione radicali e distruttive, con un’enfasi su ciò che va eliminato, demolito o chiuso; la psichiatria sociale è molto più attenta, invece, a ciò che può essere concretamente fatto, su base scientifica anziché ideologica, a livello dell’organizzazione dei servizi, del riconoscimento e della gestione precoce dei disturbi mentali, della presenza nelle scuole e nei luoghi di lavoro per promuovere la salute mentale e, più in generale, a livello del contesto sociale per favorire l’inclusione delle persone con patologie mentali.

La stessa tensione etica, che sicuramente non è mai mancata nel campo della psichiatria sociale, oggi si esprime sempre meno frequentemente come denuncia o invettiva, e sempre più spesso invece attraverso iniziative concrete, come la promozione di pratiche destigmatizzanti e l’affermazione del ruolo della persona, con le sue priorità e con i suoi valori, nell’impostazione, nell’attuazione e anche nella valutazione degli esiti degli interventi terapeutici e riabilitativi.

È questa nuova psichiatria sociale a essere al centro di questo volume, edito da Pacini Editore Medicina e dalla Società Italiana di Psichiatria Sociale, e curato da Andrea Fiorillo, Serafino De Giorgi e Roberto Brugnoli, con la partecipazione di alcuni degli esperti nazionali più autorevoli. Il volume si caratterizza per la presenza sia di capitoli “tradizionali” della psichiatria sociale che di capitoli innovativi, basati su molti dei temi più significativi della ricerca di questi ultimi anni, come lo shared decision making; gli effetti sulla salute mentale del bullismo, della condizione di migrante, della violenza di genere; la salute mentale sul luogo di lavoro; la necessità di interventi psicosociali integrati e basati sulle evidenze.

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