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Alimentazione

La prevenzione dell’obesità in età infantile

30 Set 2021

Tratto da AP&B, rivista di Alimentazione, Prevenzione e Benessere.

Anche se la ricerca pediatrica ha raggiunto un ragionevole consenso su alcuni elementi, l’obesità infantile resta un tema complesso e non completamente chiarito.

L’urgenza è però palese: sovrappeso e obesità precoci aumentano altrettanto precocemente il rischio cardiovascolare e metabolico.

Già nel 2018, infatti, le stime dell’OMS indicavano in oltre 40 milioni i bambini di meno di 5 anni sovrappeso/obesi, con una proiezione a più di 340 milioni nella fascia d’età tra 5 e 19 anni.

Un position paper che è stato recentemente pubblicato dal Committee on Nutrition della European Society for Paediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition (ESPGHAN), e che ha come prima firma quella di Elvira Verduci (Dipartimento di Scienze della Salute, Università di Milano), approfondisce, in una revisione completa, il ruolo che i fattori alimentari e lo stile di vita, compresa la sedentarietà, rivestono nello sviluppo dell’obesità infantile, dalla nascita all’adolescenza.

 

I primi due anni di vita

L’eziologia dell’obesità è complessa, soprattutto perché l’eccesso di peso può interessare ogni età della vita, sollecitato dalla forte interazione tra genetica e ambiente.

Uno degli esempi più noti riguarda l’allattamento al seno, la cui durata può essere condizionata da diversi fattori, compresa la condizione socioeconomica della madre (o della famiglia). Già di per sé, infatti, la condizione socioeconomica è uno dei fattori indipendenti da considerare nella valutazione complessiva del rischio di sovrappeso/obesità. D’altro canto, il vantaggio dell’allattamento materno viene ribadito nel documento dei pediatri europei, anche per quanto riguarda la prevenzione dell’eccesso di peso fino all’adolescenza: il documento ESPGHAN cita la metanalisi pubblicata nel 2015, che ha valutato studi condotti in Paesi a reddito diverso, confermando l’effetto preventivo dell’allattamento materno nei confronti dell’eccesso ponderale negli anni successivi. Da una revisione più recente (2019) emerge inoltre che, nei Paesi a maggior reddito, l’allattamento al seno fino ai 6 mesi di vita del bambino, specie se esclusivo, correla con un tasso di crescita più lento nel corso dell’infanzia. Ancora: se si considera l’allattamento con formule, molta attenzione va riservata all’apporto proteico (vedi anche box), ma anche al corretto bilanciamento tra contenuto di grassi e di proteine nella formula stessa e a un’adeguata assunzione energetica totale quotidiana.

 

Quali scelte dopo i 2 anni

Al compimento del secondo anno, la scelta alimentare si fa completa e l’attenzione si sposta sul modello alimentare più adatto a mantenere in equilibrio la crescita ponderale.

 

Dieta Mediterranea.

Complessivamente, una maggiore consapevolezza familiare verso il modello mediterraneo (basato sulla prevalenza di alimenti di origine vegetale, frutta, verdura, cereali integrali, legumi, frutta oleaginosa, con un consumo moderato di uova, carni bianche e latticini e con l’olio d’oliva come condimento principale) e una più favorevole condizione socioeconomica si associano a una migliore qualità dell’alimentazione e a uno stile di vita meno sedentario, anche se non tutti gli studi concordano sul legame diretto tra adesione alla dieta mediterranea e ridotta prevalenza di sovrappeso/obesità.

 

Dieta Nordica.

La dieta nordica è il modello alimentare bilanciato che si basa sulle risorse tipiche dei Paesi del Nord Europa e, in particolare, sull’apporto di pesce grasso (salmone, sgombro, aringa), vegetali, tuberi, frutti di bosco e oli di semi. Gli studi condotti sinora sulle ricadute della dieta nordica in bambini e adolescenti non si sono focalizzati sull’andamento ponderale, ma hanno comunque dimostrato una migliore qualità complessiva dell’alimentazione nei soggetti più aderenti a questo modello, con un minore apporto energetico quotidiano da grassi, bilanciato da un maggior apporto proteico, di vitamina D e iodio.

 

Dieta Vegetariana.

Gli studi su questo modello alimentare distinguono tra i possibili effetti della dieta latto-ovo-vegetariana, o LOV (che include latte e derivati, uova e miele) e di quella vegana stretta, o VEG, dalla quale sono esclusi tutti gli alimenti di origine animale, compresi ogni tipo di carne, latticini, uova e miele.

Il tema è rilevante anche per il nostro Paese: nel quale, nel 2019, seguiva un regime latto-ovo-vegetariano il 5,4% della popolazione, mentre i vegani si attestavano attorno all’1,9%. I pochi studi che hanno considerato la relazione tra l’aderenza a questi modelli alimentari e il rischio di sovrappeso, che risalgono agli anni Novanta del secolo scorso, nel complesso, non hanno evidenziato differenze in termini di crescita tra bambini e ragazzi che seguivano un’alimentazione LOV o VEG e coetanei onnivori o comunque non-VEG. Va detto però, che la limitata varietà di alimenti associata a questi modelli può avere, come sottolineato in anni recenti dagli esperti, un impatto negativo sull’apporto di energia, proteine, calcio, zinco, ferro, vitamina B12 e vitamina D.

Ecco perché, se un bambino segue un’alimentazione LOV o VEG, è opportuna la supervisione del pediatra o di un nutrizionista specializzato, per assicurare comunque l’assunzione adeguata di questi elementi, fondamentali per una crescita corretta.

 

Ruolo delle abitudini alimentari

L’indagine dell’ESPGHAN ha considerato anche il possibile ruolo che alcune abitudini alimentari rivestono nella modulazione dell’equilibrio ponderale.

 

Prima colazione.

Il ruolo del consumo della prima colazione nella regolazione dell’assunzione energetica totale nelle 24 ore è ormai riconosciuto. Per questo motivo, l’abitudine di saltare la prima colazione, ovvero, non assumere alimenti tra le 6 e le 9 del mattino, è considerata uno dei principali fattori di rischio di obesità infantile. Il mancato consumo della prima colazione è un’abitudine diffusa tra il 10 e il 30% di bambini e adolescenti; al crescere dell’età, la percentuale delle femmine che non assumono un primo pasto adeguato al mattino (non sono considerati tali un semplice bicchiere di latte o di succo di frutta) è superiore a quella dei maschi.

Gli studi ne hanno dimostrato l’associazione positiva con il rischio di obesità, confermando quanto questa abitudine scorretta possa essere considerata un fattore predittivo di eccesso ponderale. Il dato è stato confermato anche in un campione rappresentativo di ragazzi italiani tra gli 11 e i 15 anni: il rischio di sovrappeso e obesità era maggiore tra coloro che consumavano la prima colazione meno di 7 volte alla settimana (il 55,9% delle femmine e il 48,6% dei maschi).

Rispetto a queste osservazioni, gli Autori tengono comunque a sottolineare che, da un lato, l’aumento ponderale in chi salta abitualmente il primo pasto della giornata potrebbe dipendere da un apporto energetico eccessivo nelle ore seguenti della mattina, per compensare il senso di fame e che, dall’altro, non si può escludere l’ipotesi di una causalità inversa, secondo la quale soggetti già in sovrappeso cercherebbero di contrastare i chili in più evitando la prima colazione.

 

 Consumo dei pasti in famiglia.

Il documento ESPGHAN conferma che il consumo dei pasti in un contesto familiare è fortemente protettivo nei confronti dello sviluppo di sovrappeso/obesità infantile, ma che questo effetto si esaurisce con l’età. Viene sottolineata anche la differenza tra la situazione nel Nord Europa e nei paesi del Sud o Est europeo: in questi ultimi, infatti, consumare i pasti principali in famiglia (in genere prima colazione e cena) mantiene la sua valenza protettiva anche se c’è l’abitudine di guardare la TV durante il pasto. Per quanto riguarda le porzioni, vale la pena di segnalare alcune osservazioni: insegnare a focalizzare l’attenzione su elementi soggettivi come il senso di “stomaco pieno” si dimostra vincente anche in bambini di soli 4 anni, perché stimola la capacità di autocontrollo delle quantità di cibo consumate.

Ancora: servire porzioni consistenti di vegetali aiuta spesso il bambino a consumarne di più. Tutte queste osservazioni non possono prescindere dalla palatabilità del cibo offerto al bambino e quindi dal suo grado di accettazione: le porzioni di cibi particolarmente graditi devono essere sempre calibrate, per evitare che il bambino ecceda nel consumo. Sedentarietà e attività fisica L’OMS raccomanda che tutti i bambini e gli adolescenti fino a 17 anni pratichino quotidianamente attività fisica di intensità moderata-vigorosa e per almeno 60 minuti. Una raccomandazione che è basata su ricerche non solo osservazionali, ma anche di intervento. In una coorte di undicenni europei, si è osservato un migliore controllo ponderale nei ragazzi che aggiungevano 15-20 minuti di attività fisica esclusivamente vigorosa alle raccomandazioni dell’OMS; a riprova, il BMI era comunque maggiore tra coloro che, pur impegnandosi ogni giorno secondo le indicazioni dell’OMS, avevano poi trascorso più tempo in attività sedentarie. Per questo motivo, l’inattività è considerata un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo dell’obesità infantile e, insieme all’attività fisica, gioca il ruolo chiave nel bilancio della spesa energetica, più ancora dell’alimentazione, o della regolarità del sonno.

Gli adolescenti sono tendenzialmente più sedentari rispetto ai bambini, ma la sedentarietà come fattore di rischio di sovrappeso/obesità infantile è stata studiata anche nella prima infanzia, considerando un comportamento paradigmatico, com’è guardare la TV. Già a 3-5 anni, trascorrere davanti al teleschermo almeno 2 ore al giorno rispetto a nessuna aumenta del 16% il rischio di sovrappeso/obesità infantile a 5 e a 10 anni, che sale al 61% se le ore quotidiane davanti alla TV sono più di 4. Infine, anche l’abitudine di mangiare davanti alla TV è risultata correlata all’aumento del rischio di sovrappeso durante l’infanzia e l’adolescenza. In conclusione, il documento ESPGHAN ribadisce la complessità dello sviluppo dell’obesità nei bambini e negli adolescenti e conferma la necessità di un approccio integrato da più componenti. La prevenzione, per risultare il più possibile efficace, deve però partire da una base solida e non derogabile, qual è la guida e l’esempio di un corretto comportamento alimentare da parte dei genitori.

 

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