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Medicina generale

La cura dei malati cronici non autosufficienti

10 Feb 2022

Tratto da – Documento Accademia di Medicina di Torino

Le devastanti conseguenze della pandemia da COVID-19 hanno evidenziato le carenze funzionali della rete di assistenza sanitaria territoriale, dimostratasi quasi del tutto impreparata ad arginare con trattamenti precoci e con tracciamenti mirati un problema di eccezionale gravità che ha travolto i sistemi sanitari di tutto il mondo: in particolare, si sono manifestate drammatiche criticità soprattutto nella gestione, sia a domicilio che nelle strutture residenziali, dei malati anziani, fragili, non autosufficienti e affetti da patologie croniche.

Anche la Corte dei Conti nel 2020 ha asserito che La mancanza di un efficace sistema di assistenza sul territorio ha lasciato la popolazione senza protezioni adeguate. Se fino ad ora tali carenze si erano scaricate non senza problemi sulle famiglie, contando sulle risorse economiche private e su un’assistenza spesso basata su manodopera con bassa qualificazione socio-sanitaria (badanti), finendo per incidere sul particolare individuale tale carenza ha finito per rappresentare una debolezza anche dal punto di vista della difesa complessiva del sistema, quando si è presentata una sfida nuova e sconosciuta”.

Considerando pertanto che in Italia la rete di assistenza sanitaria domiciliare è del tutto insufficiente, l’Accademia di Medicina di Torino ha ritenuto opportuno affrontare questo problema con un documento condiviso che suggerisca con motivazioni scientifiche le possibili soluzioni a tali criticità, proponendo un modello organizzativo in grado di tutelare il diritto alla salute e nello stesso tempo consentire al sistema sanitario nazionale di gestire al meglio i malati cronici, con particolare riguardo agli anziani non autosufficienti, spesso anche dementi, secondo differenti setting di cura che ne possano consentire il migliore livello di recupero possibile.

A – La non autosufficienza nell’anziano malato cronico e l’esigenza di prestazioni indifferibili

Le mutate condizioni demografiche hanno determinato negli ultimi decenni un significativo aumento dell’aspettativa di vita nei Paesi “ricchi”, in cui vi sono molte persone anziane in discreto benessere ed indipendenza (“invecchiamento attivo”), ma anche numerosi anziani clinicamente assai complessi e suscettibili di facile instabilità, frequentemente disabili in conseguenza di perdite funzionali e, quindi, fragili e non autosufficienti.

Con il termine di “anziano fragile” si è soliti intendere “un soggetto ultra65enne dipendente da altri nello svolgimento delle attività della vita  quotidiana, spesso istituzionalizzato con difficoltà nel movimento autonomo, anche in assenza di gravi malattie che potrebbero di per sé giustificare tali limitazioni, e che richiede continua assistenza medica”: tale definizione non si basa solo su criteri sociali e funzionali, ma tiene conto anche di aspetti psicologici, biologici e in generale di una ridotta capacità di adattamento a modificazioni ambientali.

Questi pazienti, che richiedono cure differenziate, personalizzate e indifferibili, sono spesso portatori di complesse problematiche psico-cognitive come depressione e demenza, e non di rado presentano anche bisogni sociali (es. povertà, solitudine, rete amicale/familiare carente o non idonea, perdita del coniuge di sostegno ecc.).

In Europa si stima che le malattie croniche, nel complesso, siano responsabili dell’86% di tutti i decessi e di una spesa sanitaria valutabile intorno ai 700 miliardi di Euro/anno.

 

B – Individuazione delle necessità e le risposte dei servizi

L’anziano non autosufficiente e cronicamente malato necessita da un lato di prestazioni sanitarie per la presenza di problematiche cliniche che spesso producono conseguenze a cascata, e che necessitano di ricoveri ospedalieri frequenti, ma dall’altro anche di prestazioni sociali comprensive di contributi economici, al fine di mantenere il paziente quanto più possibile nel proprio domicilio, assicurandogli tutte le prestazioni di cui necessita; qualora non siano praticabili le cure domiciliari, può essere proposta la frequenza ad un centro diurno, oppure il ricovero, anche temporaneo, in Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA), per ottenere prestazioni che vanno comunque considerate parte integrante del processo di cura e che necessitano di risorse economiche dedicate, in quanto rientrano nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza (LEA).

Nonostante sia scientificamente acquisito il concetto di rafforzare quanto più possibile le cure domiciliari, di fatto il ricovero in ospedale rappresenta il principale punto di conclusione del processo di continuità assistenziale, in quanto in Italia circa il 90% degli anziani con patologie croniche viene ricoverato nell’ultimo mese di vita; ciò perché l’Ospedale, dotato di maggiori potenzialità diagnostiche, laboratoristiche e strumentali, si ritiene possa assicurare al malato una diagnosi più tempestiva e cure più adeguate; in realtà, durante il ricovero possono frequentemente insorgere nei malati con patologie croniche eventi negativi come infezioni nosocomiali, ma anche complicanze legate allo stress per l’allontanamento dal proprio abituale luogo di vita, all’immobilità prolungata, alla privazione o alla riduzione degli stimoli sensoriali. Di conseguenza, quando possibile, è preferibile gestire il paziente anziano a domicilio, ma in condizioni organizzative tali da garantirgli elevati standard di sicurezza e di approccio clinico.

E’ ben noto dalla letteratura scientifica internazionale che l’attivazione di un sistema flessibile di cure domiciliari con diversi livelli di intensità di cura basati sulla situazione clinica del paziente, può condurre ad una minore durata dei ricoveri ospedalieri, alla riduzione di episodi confusionali, alla diminuzione delle accettazioni nelle strutture residenziali, al miglioramento dello stato funzionale e della qualità di vita, oltre che ad una ottimizzazione dei costi.

IL problema fondamentale è che gli attuali setting di cura domiciliare, peraltro non sufficientemente operativi in egual misura su tutto il territorio, raramente si interfacciano in modo organizzato con le strutture ospedaliere e non sono sempre dotati di sufficiente personale specializzato. Invece, la domiciliarità, rispetto alle risposte a carattere residenziale, dovrebbe essere considerata la scelta più economica e prioritaria per riorganizzare e migliorare il Sistema e pertanto, quando possibile, nel rispetto della loro scelta, le persone si dovrebbero curare a casa, con le soluzioni organizzative più idonee in relazione alle loro necessità specifiche, rendendo altrettanto esigibile il diritto alle cure domiciliari come quello oggi garantito per le cure ospedaliere in elezione e in urgenza. L’integrazione delle cure domiciliari in un sistema equilibrato di protezione della salute è in grado di compensare le gravi diseguaglianze che sono presenti fra i cittadini in quanto le fragilità sociali rappresentano ben noti fattori di rischio di malattia e di mortalità.

Per quanto riguarda le RSA, che possono rappresentare un’alternativa alle cure domiciliari, laddove queste non siano disponibili o attivabili, va considerato che, poiché gestiscono malati cronici non autosufficienti sempre più complessi e non di rado affetti da demenza, ben raramente producono una soluzione sanitaria efficace, come peraltro ha chiaramente dimostrato la pandemia da Covid- 19.

 

C – Proposte operative per la cura del malato cronico non autosufficiente

Sulla base delle considerazioni formulate, desunte da recenti e importanti contributi della letteratura, l’Accademia di Medicina di Torino ha avanzato alcune proposte concrete, alcune già supportate da dati scientifici consolidati, altre già previste dal Piano Nazionale della Cronicità, altre ancora auspicate dal PNRR, ma di fatto non ancora attuate, per affrontare un problema  in un’ottica di virtuosa riorganizzazione del Servizio Sanitario Nazionale.

Di seguito le proposte riassunte in 10 punti fondamentali:

 

  1. Attivare di routine una procedura basata su un approccio olistico al paziente
  2. Promuovere un salto di qualità culturale nei medici e negli operatori sanitari, volto a riconoscere il livello di autonomia/dipendenza funzionale come elemento centrale della valutazione del paziente affetto da cronicità
  3. Dedicare agli operatori specifici e sistematici interventi formativi
  4. Promuovere una riorganizzazione delle cure per complessità clinica e funzionale, piuttosto che articolata in strutture specializzate per singole patologie
  5. Attivare un sistema flessibile di cure domiciliari, ed in particolare l’Ospedalizzazione a domicilio
  6. Adeguare nelle RSA gli standard del personale alle esigenze della persona malata
  7. Ricorrere sempre di più a nuove tecnologie come la telemedicina
  8. Definire le competenze professionali nella cura degli anziani malati cronici, chiarendo quali siano specifiche del Medico di Medicina Generale, del Fisiatra, del Geriatra o di altri Specialisti
  9. Integrare maggiormente l’assistenza ospedaliera con il territorio
  10. Pianificare per ciascun malato un progetto individualizzato di presa in carico dell’ASL e provvedere all’erogazione di sostegni economici ai familiari, se disponibili

 

Per maggiori informazioni scarica gratuitamente il pdf del Documento

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