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Interviste

Frutta oleosa e salute: tutto quello che c’è da sapere

22 Feb 2018

In questa intervista la Dottoressa Nicoletta Pellegrini, docente presso il Dipartimento di Scienza degli Alimenti e del Farmaco, Università degli Studi di Parma, ci parla dei benefici derivanti da un consumo regolare ed equilibrato di frutta secca a guscio, precisando non solo le porzioni giornaliere consigliate, pari negli adulti a 28-30 g, ma anche le modalità di assunzione più favorevoli per il mantenimento della salute e del benessere, come snack/spezzafame/merenda, o a chiusura di un pasto.

Come precisa Nicoletta Pellegrini più che di frutta secca a guscio, dovremmo parlare di frutta oleosa, termine che identifica meglio noci, nocciole, mandorle, pistacchi e così via, in quanto frutti ricchi di grassi, a valenza altamente positiva.

Iniziamo proprio da un aspetto che ha spesso penalizzato il consumo di frutta oleosa: l’apporto calorico. Che cosa ha dimostrato la ricerca?

Negli studi di intervento, in cui questo alimento è stato aggiunto alla dieta (intesa sia come alimentazione abituale, sia come dieta con restrizione calorica) in quantità e modalità controllate, la prima certezza emersa ha riguardato gli effetti favorevoli sul peso. Tutti sanno che la frutta oleosa ha un alto valore energetico e questo fattore ha sempre suggerito di limitarne il consumo. Ma queste ricerche mettono a tacere qualunque remora: infatti si dimostra chiaramente che il consumo di frutta oleosa tal quale, come snack/merenda/spezzafame, non influisce in alcun modo su tutti gli indicatori di obesità: né sul peso, né sull’Indice di Massa Corporea (IMC, cioè il rapporto tra il peso in Kg e il quadrato dell’altezza espressa in metri) e neppure sulla misura del girovita. A livello di popolazione, i consumatori abituali di frutta oleosa hanno un IMC inferiore rispetto a coloro che non ne consumano.

Quali sono le ulteriori dimostrazioni dell’ottimo rapporto tra consumo di frutta oleosa tal quale e mantenimento di benessere e salute?

Abbiamo ricerche altrettanto solide a dimostrare l’associazione tra consumo regolare di frutta oleosa e riduzione del rischio di malattia cardiovascolare. Risalgono al 2014 i dati sulla riduzione del rischio totale di malattia del 29%, con un -28% per la sola malattia ischemica. Sempre per un’assunzione pari a 28 grammi al giorno, emerge anche una protezione del 15% nei confronti del rischio tumorale totale.

È indispensabile a questo punto citare lo studio spagnolo PREDIMED (Prevención con DIeta MEDiterránea), che più di altri ha fornito punti fermi sul rapporto tra frutta oleosa e salute. In questa ricerca, come si ricorderà, sono stati seguiti nel tempo due gruppi di persone che, di base, aderivano alla Dieta Mediterranea. La differenza stava nell’aggiunta al primo gruppo di un ulteriore apporto di olio extravergine di oliva, mentre al secondo erano assegnati 30 g al giorno di frutta oleosa (15 g di noci e altri 15 g tra nocciole e mandorle). I risultati, dopo circa 5 anni di follow-up, hanno fornito indicazioni chiare: olio extravergine e frutta oleosa hanno ridotto in modo significativo il rischio cardiovascolare (infarto miocardico, ictus, mortalità cardiovascolare) fino al 30%.

Inoltre, grazie al consumo quotidiano di frutta oleosa, si è ridotto il rischio di sindrome metabolica (compresenza di obesità, ipertensione e diabete), in cui gioca un ruolo primario, probabilmente, il già citato effetto positivo sul peso. Sul versante diabete, infine, a fornire la maggiore protezione è stato l’extravergine di oliva.

Torniamo al buon rapporto tra consumo regolare di frutta oleosa e mantenimento del peso. Quali sono i meccanismi in causa?

I meccanismi ipotizzati sono più di uno. Iniziamo dai più semplici: la frutta oleosa ha un ottimo effetto saziante, grazie alla presenza di fibre (contenute in buona parte nella cuticola) e di grassi. Più raffinato (e scoperto più di recente) è invece il ruolo della parete cellulare vegetale. All’interno delle particelle che si formano durante la masticazione restano cellule vegetali intatte. La loro parete, fibrosa e indigeribile, limita l’accesso degli enzimi digestivi e riduce la digestione e l’assorbimento dei grassi fino al 25%, a secondo del tipo di frutta consumato. Per la precisione, secondo studi recenti, la riduzione dell’assorbimento è massima (meno 25%) con le mandorle, è del 20% in meno con le noci, mentre con i pistacchi la riduzione è solo del 5% perché la loro morbidezza favorisce l’assimilazione di energia da grassi. In questo campo, però, c’è ancora molto da approfondire.

Spesso la frutta oleosa viene proposta tostata, più aromatica e gradevole, oppure lavorata a dare burro o oli. Questi interventi modificano l’assimilazione dei grassi?

La tostatura, utilizzata per rendere alcuni frutti oleosi più aromatici e più graditi al consumatore, attenua i vantaggi citati. Il procedimento, infatti, rende più friabili i frutti e aumenta la permeabilità delle membrane agli enzimi, facilitando l’assimilazione dei grassi. Riferendoci sempre alle mandorle, la quantità di energia assimilata dal frutto tostato è il 5% in più rispetto al frutto non tostato. Va da sé che, se la mandorla viene lavorata a dare burro (molto apprezzato nei regimi vegetariani e vegani), l’assorbimento di energia è quasi totale. Meno noto è per ora l’apporto energetico della pasta di mandorle, la cui consistenza resta piuttosto granulosa. Comunque sia, il concetto è chiaro: qualunque intervento sul frutto originale, dalla pelatura, alla tostatura, alla lavorazione, rende più assimilabili i grassi, aumentando l’energia assunta.

E per quanto riguarda la protezione cardiovascolare e metabolica e la riduzione del rischio oncologico totale?

Sul versante della riduzione del rischio cardiovascolare, metabolico e oncologico, chiamiamo in causa di nuovo e prima di tutto i grassi. Sappiamo per esempio che le noci sono le uniche ad alto contenuto di acido alfa-linolenico, acido grasso essenziale (cioè non sintetizzato dall’organismo) della serie omega-3, la stessa dei grassi positivi del pesce (EPA e DHA): in parte, tra l’altro, l’acido alfa-linolenico viene convertito in EPA. Come riferimento, una porzione di 30 g di noci fornisce circa 2,5 g di acido alfalinolenico, coprendo il fabbisogno quotidiano.

L’acido alfa-linolenico migliora la funzionalità endoteliale, cioè l’elasticità dei vasi, effetto a cui contribuisce anche l’arginina (di cui pure le noci sono ricche), a sua volta substrato indispensabile per la sintesi di ossido nitrico, il vasodilatante endogeno (sintetizzato dall’organismo). La promozione della funzione vasodilatante dell’arginina è stata riconosciuta già nel 2011 anche da EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare).

Ma il consumo in genere di tutta la frutta oleosa ha un profilo metabolico favorevole, perché apporta più che altro grassi mono e polinsaturi. L’assunzione abituale comporta infatti la riduzione della colesterolemia totale e LDL. Ancora più finemente, si è visto che vengono ridotte le LDL di piccole dimensioni, probabilmente più aterogene, mentre aumentano sia le LDL di dimensioni maggiori, che promuovono meno la formazione di placche e sia le HDL, più note come “colesterolo buono”.

La frutta oleosa fornisce anche fitosteroli, circa 300 mg ogni 100 g. Il ruolo di questi fitocomposti nel controllo della colesterolemia è dimostrato ed è evidente che l’apporto costante, garantito da porzioni quotidiane di frutta secca, fornisce un contributo non trascurabile al raggiungimento delle dosi efficaci come ipocolesterolemizzanti.

Molti consumatori preferiscono la frutta oleosa senza cuticola. Che cosa cambia dal punto di vista nutrizionale?

La cuticola, o pellicina, sta suscitando molto interesse nella ricerca nutrizionale. Possiamo dire che fino al 10% del frutto è cuticola e che scartarla impoverisce l’alimento, non meno di quanto accada nel caso dei cereali. Nella cuticola troviamo gran parte delle fibre, ma anche i polifenoli: procianidine e tannini (ellagitannini, gallotannini). Dell’associazione tra apporto di fibre e salute, con riduzione del rischio cardiovascolare, metabolico, oncologico e di mortalità totale, si hanno robuste certezze. Ma anche i polifenoli, coinvolti nel controllo dei fenomeni pro-infiammatori e pro-ossidanti, sono importanti componenti di un’alimentazione equilibrata.

Ancora sul versante antiossidante, l’intero frutto oleoso (non solo la cuticola) è un’ottima fonte di alfa-tocoferolo, la forma attiva della vitamina E. Nel frutto stesso, del resto, la vitamina E protegge dall’irrancidimento: in 30 g di mandorle, per esempio, ne troviamo quasi 8 mg; in 30 g di nocciole poco più di 4 mg.
EFSA riconosce le proprietà dell’alfa-tocoferolo di origine alimentare: per esempio, per gli oli che contengono almeno 80 mg di alfa-tocoferolo per litro, permette di utilizzare il claim specifico, che associa la presenza di vitamina E alla protezione delle cellule dallo stress ossidativo (claim: “Fonte di vitamina E. La vitamina E contribuisce alla protezione delle cellule dallo stress ossidativo”).

Approfondisci l’argomento nel numero 10/2017 della rivista Alimentazione Prevenzione & Benessere!

 

 

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