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Medicina generale

È ancora necessaria la vaccinazione antinfluenzale?

27 Gen 2022

Tratto da Sigg – Monografia di Stefania Maggi

Difficile prevedere come sarà questa stagione influenzale; quella 2020- 2021 è stata caratterizzata da una bassa incidenza di influenza, in Italia come in molti altri paesi.

I motivi di questa mancata epidemia di influenza sono da ascrivere a diversi fattori che hanno agito in sinergia. In parte può aver contribuito l’aumento della copertura vaccinale in tutta la popolazione rispetto agli anni precedenti, ma sicuramente un ruolo chiave è da attribuire alle stringenti misure di protezione individuale messe in campo per contrastare il COVID-19: mascherine, distanziamento sociale, frequente lavaggio delle mani, chiusura di scuole ed esercizi commerciali, misure restrittive nelle RSA e negli ospedali.

Nell’anziano, però, queste misure drastiche di contenimento, fondamentali e indiscutibili per la protezione virale, hanno avuto dei riflessi negativi in termini di salute fisica e mentale. In particolare nelle RSA e negli ospedali, la solitudine dovuta all’interruzione dei contatti con parenti e amici ha rappresentato una causa importante di depressione, di perdita di vita attiva, sia dal punto di vista cognitivo che fisico.

L’isolamento ha rappresentato “il male minore” rispetto alla diffusione e, quindi, alla malattia e alla morte causata dal virus, ma ha comportato un’altra epidemia che ha colpito migliaia di anziani, un’epidemia di solitudine, di depressione e di paura. Inoltre, vedremo nel prossimo futuro l’impatto che l’aver dovuto rimandare visite e controlli, con conseguenti ritardi diagnostici, avrà sull’aumento delle complicanze e della mortalità anche per altre patologie.

Che strumenti abbiamo per evitare, almeno in parte, che questi eventi non si ripetano con la stessa drammaticità in futuro?

Sicuramente è necessario muoversi su più fronti, clinici, sociali, e politici. Una delle strategie raccomandate da istituzioni internazionali, quali l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e nazionali, quali l’Istituto Superiore di Sanità e il Ministero della Salute, è quella di aumentare le coperture vaccinali dell’anziano per tutte le patologie infettive prevenibili con la vaccinazione. È ormai ampiamente dimostrato, infatti, che le patologie infettive, quali influenza, polmonite, pertosse, hanno un impatto sulla salute dell’anziano molto più grave che nella popolazione adulta giovane, e lo mettono in una condizione di aumentata vulnerabilità nel caso di infezione da Coronavirus, con conseguente aumento della gravità dei sintomi e del rischio di morte.

In Italia, l’influenza colpisce ogni anno 5-6 milioni di cittadini e causa la morte di quasi diecimila persone, di cui circa il 90% di età superiore ai 65 anni. Sebbene sia un’infezione respiratoria acuta, più frequente nei bambini che nell’adulto, le complicanze e le conseguenze possono essere molto gravi nell’anziano e portare all’esacerbazione di condizioni croniche sottostanti, all’aumentata suscettibilità a infezioni batteriche secondarie, al declino funzionale fisico e cognitivo, e a un aumentato rischio di ospedalizzazione e di morte.

In particolare aumenta di 8 volte il rischio di ictus e di polmonite, di 10 volte il rischio di infarto del miocardio, soprattutto nel periodo immediatamente successivo all’episodio influenzale, mentre complicanze più a lungo termine si vedono sulla perdita di autonomia funzionale e sul potenziale rischio di malattia di Parkinson che, come riportato in un recente studio osservazionale, si manifesta con un aumento del 73% dopo oltre 10 anni dall’infezione.

Vari fattori svolgono un ruolo importante nel determinare le conseguenze dell’influenza, quali la suscettibilità al virus circolante, l’età e la concomitanza di altre patologie. Se per i pazienti adulti sani l’influenza non rappresenta in genere un’infezione grave, per gli anziani l’infezione da parte del virus influenzale può associarsi a importanti complicanze, aumentando il rischio di ospedalizzazione e di mortalità. È stato infatti calcolato che dal 54 al 70% delle ospedalizzazioni e dal 71 all’85% dei decessi associati all’influenza interessano pazienti di età ≥ 65 anni. In particolare, l’aumentata mortalità attribuita all’influenza è risultata associata a varie condizioni croniche, quali cardiopatie (aumento di 5 volte) e broncopneumopatie croniche (aumento di 12 volte).

Con l’avanzare dell’età, la risposta immunitaria va incontro a un progressivo deterioramento (immunosenescenza), responsabile di una ridotta capacità di rispondere alle infezioni e alle vaccinazioni. Si è visto, comunque, che anche se l’efficacia dei vaccini è inferiore nel ridurre l’incidenza dell’influenza, gli anziani vaccinati, qualora sviluppino la malattia, hanno forme influenzali meno severe, con tassi inferiori di ospedalizzazione e di mortalità rispetto ai non-vaccinati. Inoltre, strategie vaccinali, quali l’uso di adiuvanti o i vaccini ad alto dosaggio di antigene, sono in grado di aumentare la loro efficacia nella popolazione anziana.

Quindi, abbiamo vaccini efficaci, ma il problema resta la scarsa copertura vaccinale. Nonostante in Italia sia stato registrato un progressivo aumento della copertura negli ultimi anni, che si è attestata al 65% nell’ultima stagione, restiamo ben al di sotto del target di copertura raccomandati dall’OMS e dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2021-2022.

Pertanto, gli obiettivi della campagna vaccinale stagionale contro l’influenza sono:

• riduzione del rischio individuale di malattia, ospedalizzazione e morte; 

• riduzione del rischio di trasmissione a soggetti ad alto rischio di complicanze o ospedalizzazione;

• riduzione dei costi sociali connessi con morbosità e mortalità.

È quindi necessario, raggiungere gli obiettivi di copertura già stabiliti dalla pianificazione nazionale (Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale) e individuare tutte le modalità necessarie per il raggiungimento di tali obiettivi, soprattutto quelle utili per il raggiungimento dei gruppi a rischio.

 

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