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Aspetti nutrizionali e demenza

6 Set 2019

Numerosi studi condotti sugli animali, ma anche sugli uomini, dimostrano come lo sviluppo del cervello richieda molti nutrienti. Nello specifico, la formazione di sinapsi richiede la presenza di precursori e cofattori nutrizionali. È inoltre nota l’esistenza di un cross-talk tra intestino e cervello: i circuiti nervosi coinvolti nei comportamenti alimentari sono coordinati in modo preciso con i centri cerebrali che regolano l’omeostasi energetica e la funzione cognitiva. I complessi meccanismi in base ai quali la dieta influenza la fisiologia del sistema nervoso (così come quella del sistema muscolare, per la quale questo modello è stato originariamente creato) potrebbero essere rappresentati con il cosiddetto “Pachinko Model” .

Il “Pachinko“ è un gioco d’azzardo giapponese che somiglia a un flipper disposto in senso verticale, in cui una pallina d’acciaio scende dall’alto e per vincere deve entrare in un foro posto in basso, passando attraverso una serie di barrette, di cui solo alcune sono regolabili con apposite manopole. Questo modello fu proposto per la prima volta da Nicholson e Wilson nel 2003, per descrivere il metabolismo xenobiotico: la nutrizione poteva essere considerata come un flusso di palline (costituenti alimentari) attraverso il “sistema umano”.

Il destino metabolico dei nutrienti e i loro effetti sulla fisiologia del sistema nervoso (o su quella di altri sistemi) non sono determinati in modo assoluto, ma sono probabilistici e influenzati da diversi fattori (rappresentati come barrette).

Si possono distinguere due tipi di fattori:

  • Fattori non modificabili: come età, sesso, background genetico, ecc.
  • Fattori modificabili: come la regolazione epigenetica e/o trascrizionale dei geni, le modificazioni post-traduzionali degli enzimi, le condizioni fisiochimiche, emodinamiche, ecc., che potrebbero essere modificate attraverso ipotetiche “manopole di controllo”.

Infine le “manopole di controllo” rappresentano tutti quei fattori esterni (ad es. timing dei pasti, tipologia e durata dell’attività fisica e variazione della composizione e della funzione del microbiota intestinale) che possono essere sfruttati per ottimizzare gli effetti dei nutrienti sulla fisiologia del sistema nervoso. Secondo il modello proposto, quindi, la salute del cervello può essere influenzata agendo su questa sorta di “manopole di controllo”.

Vi sono inoltre evidenze secondo cui le modificazioni del microbiota intestinale legate all’età possono influenzare le funzioni comportamentali e cognitive, supportando la rilevanza delle alterazioni della permeabilità intestinale e dell’infiammazione periferica (inflammaging) nel mediare questi effetti. Negli ultimi anni è stato indagato il possibile collegamento tra le interazioni precoci microbiota intestinale-cervello e alcune patologie neurologiche a insorgenza tardiva, tra cui la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson. In effetti, è stato dimostrato che il microbiota comunica con il cervello attraverso l’attivazione di specifici frammenti del complemento (C1q) e di recettori di segnale proinfiammatori che potrebbero andare a influenzare alcune caratteristiche della malattia di Alzheimer come la produzione e la deposizione di placche di amiloide.

Analoghe alterazioni del pattern del microbiota intestinale sono state dimostrate in pazienti con altre patologie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson. È importante notare che l’equilibrio esistente all’interno del microbiota viene alterato dall’invecchiamento di per sé, in cui si osservano modificazioni quali-quantitative del microbiota.

Ritornando al modello del pachinko, è quindi forse possibile influenzare la funzione cerebrale modificando la composizione del microbiota, attraverso l’assunzione di micronutrienti come specifici aminoacidi ed è quello che si sta sperimentando.

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